La cittą sublime. Ovvero, dalla cittą sublimata
Pubblicato in Pippo Ciorra, Fernanda De Maio, Piccoli aeroporti. Infrastruttura, cittą e paesaggio nel territorio italiano, Marsilio, Venezia 2008. Isbn 978-88-317-9630.
di Alberto Bertagna
Siamo irrimediabilmente individualizzati. La città è il luogo di concentrazione di molteplici possibilità: equivalenti, sincroniche, isotrope offerte esibite ai singoli consumer. Per questo siamo diventati liquidi. A meno che la nostra non sia una sublimazione.
Proiezioni parallele. Annunciata già in KM3, Skycar City, rispetto ad esempio alla "pangea" di Friedman, riassocia "la città" ad una localizzazione geografica, ad una precisa territorialità, delegando ai sistemi di movimento quella libertà che invece la stessa spazialità del "costruito' dell'architetto ungherese mette in essere; si costruisce non già di un ripensamento, come Plug-in City, dell'infrastrutturazione, dei suoi rapporti di causa-effetto rispetto all'edificato, ma basandosi sull'innovazione dei mezzi di trasporto, derivando da questa la trasformazione di tutto l'urbano; re-immette il principio di sovranità, individualizzandolo nei vettori di moto, laddove No-Stop City così come Air-Port-City, per passare alla contemporaneità rimanendo in qualche modo comunque "in alto", "la Comune delle Nuvole" di Tomas Saraceno, lo estromettono.
La massimizzazione delle quantità teorizzata da MVRDV fin da Farmax trova in Skycar City la sua ottimizzazione. 1 Al di là dei rimandi alle utopie urbano-architettoniche stratificate nel tempo, al di là, ancora, della vicinanza della loro con la riflessione sulla gravità del Woods di The Fall 2, o del parallelo tracciabile con le tensioni di Kiesler fisicizzate nei tubi che incanalano i flussi delle skycars, rispetto a questa apertura ad un continuo totale di uno spazio liberato nelle tre dimensioni si vuole ragionare in particolare sulla ri-organizzazione che Skycar City presenta, sulla sua natura di pro-getto. Bauman, nel testo che all'inizio abbiamo implicitamente chiamato in causa, ci ricorda che "un contesto è strutturato se certi eventi sono più probabili degli altri, se certi altri sono fortemente improbabili e se la gerarchia delle probabilità rimane relativamente costante. Mantenere l'ordine negli affari umani consiste (...) nell'amplificare la probabilità di un tipo di comportamento e nel ridurre, o eliminare del tutto, la possibilità di altri comportamenti. Se questo tentativo riesce, il corso degli avvenimenti può essere previsto e le conseguenze delle azioni possono essere messe in conto; può diventare possibile, in altri termini, anticipare la forma del futuro." E, ancora, che "per concepire un progetto rivoluzionario, vale a dire un'ambizione ragionata di trasformare il presente in riferimento ad un futuro progettato, bisogna avere un minimo di presa sul presente." 3
Skycar City in fondo possiede tutti questi "requisiti". Anticipa "la forma del futuro" amplificando "la probabilità di un tipo di comportamento", con un certo grado di "presa sul presente." Su dati reali relativi alla possibilità di uno sviluppo incrementale dell'utilizzo privato dello spazio aereo gli MVRDV impostano il loro "calcolo probabilistico' che individua come comportamento futuro il superamento della circolazione bidimensionale verso la sovrapposizione di direzionalità in tutte le coordinate. Entro un presente caratterizzato dalla necessità di densificare e dall'obbligo di razionalizzare, e che offre già nuove capacità, si pre-dispone l'u-topia di Skycar City, non-luogo, in quanto non ancora esistente, "strutturato" proprio in virtù del suo essere "più probabile' di altri.
In questo organizzare una direzione, Skycar City pro-getta un ordine. Tre sono le parti del libro. Se nella terza la ricerca viene applicata a casi-studio, a città esistenti, le due iniziali sono quelle attraverso le quali il progetto viene enunciato. La prima è Catalog, in cui viene presentata la varietà dei possibili mezzi di trasporto: "their exact characteristics based entirely in existing technology". Tali tecnologie vanno intese come "esistenti' non solo, come nel testo, in quanto già in grado di provvedere alla costruzione e locomozione dei mezzi, ma anche, qui, nel nostro ragionamento, rispetto ad esempio allo sviluppo del SATS 4, perché già capaci della loro gestione, tali da poterne controllare il traffico. La seconda parte, attraverso una definizione successiva di Program, Pathways, Parking, arriva a stilare la successione di quattro City Tipologies: Tower City, Swiss Cheese City, Coral City, Garden City. Le "forme"' di queste città sono l'oggetto del nostro interesse. Una domanda accompagna infatti lo sfogliare le diverse figurazioni, riguardo a ciò che si diceva poco sopra connotare Skycar City. A Pre-emptive History, "la trasformazione di tutto l'urbano": che cosa in realtà è diverso in queste immagini? L'architettura si è ridefinita, è entrata in uno spazio "continuo'. Ma, se di tale cambiamento, come ci dicono, "the repercussions are endless", queste ultime non sembrano così "rivoluzionarie". Al di là delle forme fisiche innovative, delle alterazioni degli "approcci', le stesse azioni sono svolte dalla stessa comunità di oggi. La stessa "società individualizzata" di Bauman viaggia su SkyVespa e su SkyBike, sempre bisognosa di parcheggi e di strade, verso gli stessi spazi. I cinque milioni di abitanti si muovono tra Office, Education, Hospital, Industry, Shop, Leisure; necessitano di Water, Energy; producono Waste. Per quanto aggiorni al "probabile', Skycar City lascia inalterate le ragioni del suo addensarsi, incerta la natura della sua "comunità'. Nessuno scarto, nessun salto, nessun volo: ancora disgregato è il destino di una città nella quale la libertà è continua in tutte le direzioni.
Proiezioni oblique. Inserita certo in maniera corretta se letta semplicemente da un punto di vista dimensionale come "megastruttura' nel famoso lavoro di Banham 5, Flugzeugträger in der landschaft si rivela oggi invece maggiormente interessante da un punto di vista concettuale, come riflessione sull'identità dell'architettura e della città e sul loro ruolo rispetto alla determinazione di un paesaggio anche umano. Al di là dell'aspetto compiuto che la portaerei suggerisce quale forma urbana, una riduzione oggettuale che fa della città un impianto autonomo determinato nei suoi limiti, l'impatto con la costa apre la trasformazione di senso dell'elemento, da semplice "corpo' ad "entità relazionale'. Certo i bordi tra i due sistemi, il paesaggio naturale da un lato, con le sue forme morbide, e la durezza della sagoma della nave dall'altro, sono nettamente segnati; le funzioni urbane sono risolte tutte entro il perimetro artificiale; nessuna alterazione è visibile né nell'ambiente collinare né sullo scafo: l'urto, il ballardiano Crash, amplificato dalla maggiore resistenza dell'uno e dalla maggiore stazza e dunque dalla maggiore forza di inerzia del secondo, qui non ha prodotto danni, così come non sembra aver avuto effetti. Il legame di questa immagine con il Le Corbusier di Vers une Architecture è evidente, il piroscafo è divenuto arma da guerra ma conserva intatte le proprie caratteristiche, la propria esattezza, la propria precisa organizzazione, consapevolezza e sufficienza. Pure, semplicemente ragionando sul perché della portaerei, sul perché di quell'attracco, di quel forzato arenarsi, si rivela anche la distanza percorsa da Hollein rispetto a quello che è evidentemente un punto di partenza per il suo collage. Certo, la discendenza non si esaurisce nella scelta di un elemento natante e nella proposta di una sua assimilazione alla città, di un travaso della complessità informe di questa nella disciplina del piroscafo per il primo e nel rigore della portaerei - e forse, potremmo dire oggi, nella contemporaneità della diffusione della città e della dissipazione del territorio, nella preservazione del paesaggio - per il secondo. Hollein prosegue anche quella "liberazione' che Le Corbusier compie dei limitati ambiti di nominazione che l'architettura deteneva: le navi, gli aerei, le automobili dall'universo futurista sono tutti materiali ricondotti al gioco architettonico.
Ma se il secondo ne fa un uso esclusivamente didattico, il primo comunica l'assoluta identità tra la sua portaerei e l'architettura: la portaerei si staglia nel paesaggio non in quanto elemento metaforico ma in quanto architettura in senso pieno. Dopotutto le immagini che nutrivano la copertina inaugurale della sua "Bau' lasciavano presagire una simile direzione di movimento; dopotutto la stessa definizione di città che egli dà nel suo primo editoriale sposta in questo senso l'orientamento che prenderà la rivista: "The contemporary city is less walls and towers than an enormous communication machine, a manifestation of the opening and domination of space and the connection of humanity." Non tanto l'universo dei riferimenti diviene più ampio, quanto le categorie di inclusione, le porzioni del reale iscritte all'architettura si fanno più ricche: i nuovi confini disciplinari tracciati sin dall'inizio avviano quell'apertura verso campi fino ad allora remoti della quale sarà definitiva consacrazione il numero 1/2 del 1968 in cui finalmente Hollein potrà dichiarare "Alles ist Architektur". 6 In quelle stesse pagine, la portaerei si confonde entro shock molto più forti offerti al contesto dell'epoca. Ma per noi essa assume una rilevanza particolare. Perché se "tutto è architettura' allora anche quel paesaggio che prima si rivelava per molte ragioni distinto, anche quel contrasto tra un ordine, una direzione chiara del divenire che att(r)acca (nel)l'imprevedibilità del naturale; anche le definizioni esatte delle due identità in campo sfumano in una sola che tutto comprende: "Alles ist Architektur", appunto. Allora quel ponte - e qui si spiega finalmente il senso quale qui si dà della differenza tra la portaerei nel suo "spiaggiarsi' e i piroscafi - è un tramite tra la nave stessa e il territorio. Quel ponte elimina l'apparente autosufficienza dei due enti che appena si toccano. Quel ponte della portaerei non è altro che l'elemento che definisce il collage quale sistema relazionale. Quella pista di decollo e atterraggio, quel ponte integrato alla città - la quale, del resto, ci dice Hollein nell'editoriale ricordato sopra, non è altro che una "enorme macchina comunicativa", "una manifestazione dell'unità dell'umanità" - mantiene ed evidenzia certo la separazione tra le parti, ma allo stesso tempo e giustificandosi in questo si fa continua, molteplice, necessaria connessione. Questo il paesaggio obliquo che Hollein ci consegnava, il pro-getto sub-limus di un divenire realmente altro e non parallelo.
Dalla città sublimata di Winy Maas, semplicemente elevata nello spazio e resa "aeriforme' nei movimenti rispetto alla datità, il nuovo abitante della contemporaneità, pur sempre più indipendente grazie al SATS, può ricordarsi allora di quel ponte di Hollein, e piegare con un deleuzeano rizoma verso quella sublime città di relazioni.
1 Si fa riferimento ai testi Winy Maas, MVRDV, Farmax. Excursions on Density, 010 Publishers, Rotterdam 1998; MVRDV, KM3. Excursions on Capacities, Actar, Barcelona 2006; Winy Maas, Grace La (edited by), Skycar City. A Pre-emptive History, Actar, Barcelona 2007. Su Plug-in City e su No-Stop City si rimanda all'ampia bibliografia relativa esistente. Su Air-Port-City si segnalano in particolare "Domus' n. 883, luglio-agosto 2005 e "Domus' n. 893, giugno 2006. Skycar City è presente anche alla XI Mostra Internazionale di Architettura di Venezia Out There: Architecture Beyond Building. Si veda a questo proposito il catalogo omonimo edito da Marsilio.
2 Cfr. tra gli altri Lebbeus Woods, The Storm and The Fall, Princeton Architectural Press, New York 2004.
3 Zygmunt Bauman, La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, Il Mulino, Bologna 2002 (or. The individualized society, 2001), p. 69. La citazione precedente, dallo stesso testo, è di p. 85.
4 Si fa riferimento al programma governativo statunitense Small Aircraft Transportation system per lo sviluppo del volo individuale controllato esclusivamente da satelliti e non da terra. Cfr. su questo tra gli altri i siti www.nasa.gov/vision/earth/improvingflights/sats_danville.html; http://sats.nasa.gov/
5 Reyner Banham, Megastructure. Urban futures of the recent past, Thames and Hudson, London 1976.
6 Flugzeugträger in der landschaft, per collegarci anche su questo a Skycar City, rispetto a quanto in fine della prima nota, era esposta alla X Mostra Internazionale di Architettura di Venezia Città. Architettura e società all'interno del padiglione austriaco. Per brevità si rimanda allora a Wolf Prix (edited by), Stadt = Form Raum Netz. An exhibition at the Austrian Pavilion for the 10. International Exhibition of Architecture, Springer-Verlag, Wien 2006. Sull'Alles ist Architektur si segnalano invece tra gli altri i recenti scritti Craig Buckley, From Absolute to Everything. Taking Possession in "Alles ist Architektur", "Grey Room' n. 28, summer 2007, Mit Press, Cambridge 2007 e Liane Lefaivre, Everything is Architecture. Multiple Hans Hollein and the Art of Crossing Over, "Harvard Design Magazine' n. 18, spring/summer 2003, Harvard University Press, Cambridge 2003.
Alberto Bertagna 23.05.1976