Da alcuni anni il Consiglio Nazionale degli Architetti promuove la formazione di presìdi locali di architetti a servizio della Protezione civile, istituiti presso le Federazioni o Consulte regionali o presso gli Ordini provinciali. Il risultato: la creazione di squadre di professionisti competenti, formate attraverso corsi ad hoc, e che possano dare un contributo su temi come la messa in sicurezza del patrimonio edilizio e la diffusione di una nuova cultura della gestione del territorio. Una task force pronta anche a intervenire in situazioni di emergenza, per dare una mano nelle operazioni di valutazione dell'agibilità degli edifici che, come nel caso del terremoto che ha scosso il Centro Italia, sono stati danneggiati da un evento calamitoso.
Come fare parte di queste squadre? Qual è l'impegno richiesto e come ci si prepara ad affrontare l'importante lavoro? Lo abbiamo chiesto all'architetto Arturo Giusti, membro del Nucleo di Coordinamento (NCP) del Presidio provinciale di Protezione civile (PPPC) dell'Ordine degli Architetti di Massa Carrara, di cui è anche presidente. Informazioni utili per gli architetti di tutta Italia, poiché l'iter per il reclutamento di forze è pressoché uguale in ogni Regione.
Si veda anche:
Terremoto, Zaffina (Architetti Roma): i tecnici siano coinvolti nella prevenzione
Decreti terremoto: quando e in che modo i professionisti sono coinvolti nella ricostruzione
Adesione degli Ordini alla rete dei presìdi degli architetti per la protezione civile
(Fonte: Consiglio Nazionale degli Architetti - dati aggiornati a giugno 2015)
Architetto, come funzionano i presìdi di protezione civile?
La DICOMAC (il Centro di coordinamento nazionale delle Componenti e Strutture Operative di protezione civile ndr) è stata attivata a Rieti e provvederà nei prossimi giorni, anche a seconda delle esigenze, a contattare i presìdi di protezione regionali di cui fanno parte i colleghi che sono abilitati - con un corso di 60 ore - a svolgere le attività di sopralluogo e di compilazione delle schede di valutazione di agibilità post-sismica.
Per chi non è abilitato qual è l'iter da seguire per poter far parte di un presidio di architetti?
La prassi prevede un corso di formazione di 60 ore organizzato direttamente dal Nucleo nazionale di Protezione civile di Roma. In Toscana ne abbiamo già organizzati due nel 2013 e poi noi, come Ordine di Massa, ne abbiamo organizzato un altro l'anno scorso in collaborazione con l'Ordine di Spezia. Sono abbastanza costosi, raggiungere un consono numero di partecipanti non è facilissimo.
I corsi si tengono a Roma, presso le Federazioni/Consulte regionali o presso gli Ordini provinciali?
Si tengono in zona però con docenti della Protezione civile di Roma.
È la Protezione civile che quindi autorizza i corsi abilitanti?
Sì, praticamente viene fatta richiesta, viene stabilito un calendario. La maggior parte sono docenti della Protezione civile di Roma e poi ci possono essere docenti universitari e docenti della Protezione civile regionale. E alla fine del corso c'è un esame composto da tre fasi: un test, una prova di agibilità fatta su una simulazione a computer, ossia una prova di compilazione della scheda AeDES e poi l'orale finale. A chi passa l'esame viene poi consegnato un attestato di idoneità. Si tratta di una vera e propria abilitazione.
La parola: scheda AeDES. (Fonte: Protezione civile)
La scheda AeDES - Agibilità e Danno nell'Emergenza Sismica
È un scheda per il rilevamento speditivo dei danni, la definizione di provvedimenti di pronto intervento e la valutazione dell'agibilità post-sismica di edifici di tipologia strutturale ordinaria (in muratura, in cemento armato o acciaio intelaiato o a setti) dell'edilizia per abitazioni e/o servizi. Questa scheda non può essere applicata a edifici che non ricadono in questa tipologia, come gli edifici industriali (quali ad esempio i capannoni prefabbricati), gli edifici monumentali (in particolare le chiese), o gli altri manufatti (come serbatoi, etc...), né tantomeno a ponti ed altre opere infrastrutturali. La scheda è stata utilizzata a partire dal terremoto umbro-marchigiano del 1997 e in tutti gli eventi sismici successivi.
Ci sono indicazioni del CNAPPC, oppure ogni Ordine/Federazione decide autonomamente quando attivare i corsi?
Il Consiglio nazionale degli Architetti ha stipulato le linee guida e la convenzione con la Protezione civile nazionale, dando la possibilità a tutti gli Ordini di attivare presso i propri territori questi corsi.
Il problema è che, venendo i docenti da Roma, le trasferte sono abbastanza costose, noi abbiamo anche fatto ricorso a sponsor.
Per gli architetti non ancora abilitati, che vogliono far parte dei presìdi, il punto di riferimento sono gli Ordini provinciali?
Esattamente. Noi, ad esempio, come Federazione stiamo cercando di organizzare per il 2017 un nuovo corso per abilitare i colleghi interessati a dare questo tipo di servizio. Noi facciamo prima un sondaggio tra tutti i colleghi per valutare l'interesse. Qualora ci fossero i numeri per garantire una spesa congrua per gli iscritti, si attiva il corso in accordo con la Protezione civile nazionale.
Forse nei piccoli Ordini l'organizzazione si fa più complessa..
Noi in Toscana siamo comunque diecimila iscritti. Otto province sono in Federazione (la Federazione degli Architetti della Toscana ndr) poi però questi corsi sono organizzati in collaborazione con gli Ordini di Firenze e di Pisa che al momento sono fuori dalla Federazione. E comunque con il corso che abbiamo tenuto l'anno scorso, insieme all'Ordine di Spezia, abbiamo coinvolto anche gli ingegneri e i geometri, riuscendo comunque a raggiungere un numero sostanziale.
Che preparazione bisogna avere per iniziare questa esperienza?
Basta anche un diploma tecnico, perché il rilievo che si fa è un rilievo a vista, quindi si va a compilare una scheda, la scheda AeDES di valutazione del danno e dell'agibilità post-sismica, e non vengono richiesti calcoli o verifiche particolari. È un rilievo a vista che viene fatto, quindi, conoscendo il sistema di dinamicità delle strutture. Vedendo il danno che ha subìto la struttura, si cerca di dare una corrispondenza a un eventuale ulteriore sisma analogo a quello che è arrivato. Se l'edificio è rimasto in piedi, ma si vede dalla fessurazione che la struttura ha già dato quello che poteva dare, allora, ovviamente, all'arrivo di un altro sisma analogo, la struttura non potrà più dare quelle risposte di sostegno che ha dato al primo sisma e quindi, anche se in piedi, sarà non agibile.
Quanto tempo si resta nel luogo colpito dal sisma, o meglio che impegno in termini di tempo è richiesto agli architetti dei presìdi?
I presìdi, a seconda delle schede che vanno compilate, durano anche svariati mesi. Il tempo minimo richiesto è pari a tre giorni di permanenza sul posto e poi si arriva fino ad un massimo di sette giorni. Poi si può rimanere anche di più, ma oltre i sette giorni diventa, secondo me, gravoso perché l'impegno c'è.
Si inizia la mattina, facendo le fotocopie delle schede, poi si prende il materiale presso i centri operativi, si va sul posto a fare i sopralluoghi, si torna la sera, si fanno le fotocopie e poi si va al DICOMAC a consegnare e a verificare le schede realizzate durante la giornata e si finisce veramente tardi. È un impegno a tempo pieno.
Poi alcuni colleghi danno la disponibilità ad andare anche in un secondo tempo se permane l'esigenza. Anche perché alcune volte, come accaduto in Emilia, è successo che sono arrivate scosse successive ed è stato necessario rischedare i fabbricati già verificati, perché il sisma aveva poi modificato le situazioni iniziali.
Ovviamente si tratta di volontariato, vero?
Assolutamente sì.
In Toscana siamo 60 colleghi, abbiamo dato la nostra disponibilità ad andare nei luoghi colpiti. Sono 47 gli architetti della Federazione che parteciperanno, compreso Pisa, e noi di Massa siamo 13. In più ci sono altri colleghi che non hanno seguito il corso, però hanno partecipato a campagne precedenti, e se il nucleo tecnico nazionale prevede che ci sia la necessità, potranno anch'essi essere chiamati.
Questi presìdi, creati per far fronte alle emergenze, hanno anche un ruolo in tema di prevenzione e gestione del territorio?
I presìdi provinciali di protezione civile nascono per questo motivo, nel senso che la prima difesa è proprio l'informazione e la formazione. Noi abbiamo in programma dei convegni a livello comunale, con i tecnici e con la cittadinanza e poi altri incontri, invece, con le scuole per spiegare quelli che sono i piani comunali di protezione civile e poi per spiegare quali sono gli atteggiamenti e le attenzioni che ognuno deve tenere durante il verificarsi delle varie calamità naturali, che possono essere il terremoto, ma anche l'alluvione.
Comunque i presìdi di protezione civile si occupano prevalentemente della formazione e dell'informazione della cittadinanza, anche attraverso i più piccoli, che poi sono quelli che portano le nuove informazioni all'interno delle case. Adesso, per esempio, con la Federazione degli Architetti toscani stiamo lavorando ad un progetto che forse chiameremo "Architetto per un giorno" ed ha l'obiettivo di andare nelle scuole e coinvolgere i bimbi, che riporteranno alle loro famiglie le informazioni che noi diamo all'interno della scuola, a far da tramite è il dialogo all'interno delle case.
Mariagrazia Barletta
Informazioni utili sul sito del Consiglio Nazionale degli Architetti:
www.awn.it/attivita/presidi-di-protezione-civile
pubblicato il: - ultimo aggiornamento: