"Al di là dei contenitori a me interessa l'anima delle cose".
"Roma mi piace perché è come una barca con mille rotte diverse sempre differenti" .
Si è iscritta all'Ordine degli architetti di Roma, scuote il casco di capelli neri-neri, come scuro è il rossetto e lo smalto per le unghie, e scherza con la platea di ingegneri super-pignoli, col suo francese arrotato rapidissimo: «Ma via, tutte queste domande tecniche? Io sono un architetto!».
Vive a Parigi al 3° arrondissement, a due passi da Palais Royal, il centro più tradizionale, anche istituzionale, eppure lei è mentore di segni minimalisti, hip-hop, ad alta tecnologia. La sua casa parigina, ha charme esterno ma, dice, dentro, non ha un solo mobile antico, ha meno ingombri possibili, «amo nuotare negli spazi vuoti».
Ha detto una volta che, per il suo progetto di ampliamento del Macro, si è ispirata alle case dei romani. Ci spiega come? «L'immagine che ho di questa città, del suo cuore storico, è proprio quella delle piazze e delle terrazze private. Il progetto del Macro è la sintesi di questi due concetti. Ho fatto una grande piazza, aperta a tutti, sopra una grande terrazza. Mi piacciono i grandi orizzonti liberi, mi piace il mare, detesto la montagna»
Lei è un architetto high tech, ma dice di amare la Roma barocca che pure sembra tanto lontana dal suo algido ordine «Sì, è così. Al di là dei contenitori, a me interessa l'anima delle cose, il vivente che dà calore. Mi piace a Roma perché è una città dove si naviga, non ha dei percorsi prestabiliti, la puoi girare tirando dei bordi come su una barca a vela con mille rotte diverse, passaggi e scorci sempre differenti».
Negli ultimi anni sono stati costruiti in giro per il mondo un gran numero di musei diventati famosi. Quale è il suo preferito? «Sono rimasta particolarmente colpita dal Guggenheim di Bilbao e ammiro i lavori di Zaha Hadid. Assai meno mi è piaciuta la nuova Tate Modern di Londra. E trovo bellissimo uno spazio a New York, il Dia Center a Chelsea, aperto all´arte contemporanea».
Arte contemporanea di cui è appassionata «Sì, mi piacciono le opere di Richard Serra, le installazioni di Bill Viola, ma anche, indietro, Kandinsky e certe tele di Turner».
Il progetto del Macro ancora non ha colori. Ce ne saranno nell´opera finita? «Sì, il rosso, sulla tonalità lacca di Cina, il nero e l'acciaio».
Per molti professionisti è ancora una sfida difficile realizzare opere a Roma. «Ma molto è stato fatto e si sta facendo. E Roma è una città che interessa tutto il mondo, lavorare qui ha come un valore in più. La mia personale sfida è che il progetto alla fine sia costruito alla perfezione, ho visto molte grandi architetture rovinate da una realizzazione scadente. Sarò molto presente nel cantiere, esigerò il massimo, e sono certa che sarà possibile». (s.cas.)
Il Progetto MACRO
www.comune.roma.it/dipterritorio/architettura/ampliamentomacro/
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