La prima volta che ho visto Berlino avevo 11 anni
ed un passaporto fatto 4 anni prima, la foto non mi somigliava più
ed il sospettoso soldato dell'allora DDR mi aveva scansionato a dovere
passando più volte lo sguardo dalla mia faccia alla foto sul documento
e ritorno; la gag è continuata per diversi secondi ma alla fine
il sospettoso ha capito che non potevo rappresentare un pericolo per il
socialismo più di quanto potessero una lattina di Coca Cola o un
paio di Jeans, ah…era il 1982.
L'impressione che ebbi entrando nella zona Ovest fu di grande vitalità,
sembrava che tutta la città dovesse muoversi costantemente, che
non potesse fermarsi neanche per fare pipì; tutto sembrava moderno
e "occidentale", tutto eccetto il rudere della Kaiser-Wilhelm-Gedachtniskirche,
la chiesa della Rimembranza alla fine della Kurfustendamm, di cui, dopo
i bombardamenti della II Guerra Mondiale, rimaneva solo il campanile e
che ora è affiancata dalla moderna Sala della Preghiera.
Ovviamente opposta, la parte Est della città, a cominciare dal
Checkpoint Charlie che, come tutte le aree di confine tra i due settori,
appariva isolato e distanziato da tutto e da tutti.
Molte altre scene su Berlino ho visto negli anni successivi, dal cinema,
con Cristiane F. o Wim Wenders di "Far away, so close", alla
televisione con le immagini della caduta del muro del 1989, alla rinascita
architettonica con la nuova Potsdammer Platz ed è per questo che,
vent'anni dopo, ho voluto ritornarci.
Per gli Architetti l'intera città è una unica esposizione,
un allestimento in corso che vede tracciate le linee guida ma di cui ancora
non si percepisce la fine.
Una tale varietà e quantità di cose da vedere può
spiazzare sulle prime ma è sufficiente avere una lista, una mappa
e delle scarpe comode per superare l'empasse.
La prima tappa è stata la sede del Reichstag per vedere cosa poteva
aver fatto Norman Foster, ormai una costante architettonica dei miei viaggi.
Per chi, come me, aveva visto la Berlino della Guerra Fredda rivedere
la porta di Brandeburgo, vent'anni fa una "cattedrale nel deserto"
inavvicinabile da ogni lato ed ora assediata da vicino da nuovi complessi
del quartiere degli affari, è stato sorprendente; proprio li accanto:
il Reichstag.
Come sempre sono stato esaltato dall'inventiva di Foster, da questa sua
capacità di creare una struttura "giocattolo" di acciaio
e vetro con la passerella elicoidale che porta alla sommità, la
cui copertura è bucata, come nel Pantheon di Roma, per ottenere
un naturale ricircolo dell'aria.
La sua attenzione per le soluzioni tecnologiche, oltre che per quelle
formali ed estetiche, fanno capire il perchè Foster sia omnipresente
nel panorama architettonico mondiale.
La struttura leggera ricorda, nella sensazione, un giardino d'inverno
o una serra e fa venire voglia di correrci dentro, in lungo, in largo
ma sopratutto in alto da cui si gode una visuale della città incredibile.
La Potsdamer Platz era in programma per il mattino dopo ma non ce la facevo
e così sono andato a dare una sbirciata la sera stessa.
Essendo un polo di attrazione non solo per i turisti ma anche per gli
stessi berlinesi tutta l'area brilla di luci e lucine, cinema e locali,
turisti e gente comune ed il fatto che la stazione della metropolitana
sia ancora da terminare è solo un dettaglio trascurabile.
Il Sony Center di Helmut Jahn, vero centro di attrazione, una piazza coperta
meglio apprezzabile di giorno, a dire il vero, per la possibilità
di godersi lo spettacolo della sua copertura ed il suo centro a terra
con uno specchio d'acqua che prosegue in aggetto, sul lucernario del parcheggio
sottostante, diventando una sorta di "lama liquida", mi accoglie
tutto festoso e pieno di vita.
Di seguito, a raffica, la torre di vetro della DB ancora di H. Jahn alta
100 metri, mentre di fronte partono i due complessi di Hans Kolhoff e
di Renzo Piano quest'ultimo che si distacca, per il suo tipico linguaggio
architettonico, dall'Hi-Tech tutto acciaio e vetro degli altri, per vestire
i suoi edifici, che culminano con la torre alta 60 metri, con del laterizio
che dà, così, una immagine più tradizionale di se
anche se di moderna concezione.
Una grande area ancora libera, che ospiterà nuovi edifici, lascia
vedere la schiera di complessi firmati da Richard Rogers ed Arata Isozaki
per uffici ed abitazioni, un melting pot di shopping center, uffici, cinema
e residenze.
Poco distante, proseguendo la Potsdamer Strasse in direzione del fiume
(il Landwehrkanal) ci troviamo sulla destra la Neue Stadtgalerie di Mies
van der Rohe, un pezzo di storia dell'architettura moderna, una di quelle
cose che si sono studiate e viste mille volte sui libri e che finalmente
si vede dal vivo, si tocca, si misura, si ridimensiona, e che, proprio
per questo, diventa reale e più "nostra", un po' come
se si incontrasse Fonzie per strada e si notasse che non è poi
così alto come si vedeva in TV.
Tutto a Berlino parla di Architettura; quello che era il Checkpoint Charlie,
ora si trova in piena Friedrichstrasse il lungo asse commerciale che porta
da Est ad Ovest infischiandosene delle idee politiche e che ospita prestigiosi
edifici come le Galeries Lafayette di Jean Nouvel, con il suo caratteristico
vuoto interno, il coloratissimo Schützenstrasse District, a pochi
passi dal Checkpoint, che Aldo Rossi ha regalato alla città nel
pieno del suo rinnovamento o ancora il Jewish Museum di Daniel Libeskind,
struttura articolata in cemento rivestito in lastre di zinco, piena di
riferimenti storici come da sua abitudine.
Proseguendo la Friedrichstrasse verso Est si arriva alla Orianemburg Strasse
quartiere-paradosso ex DDR i cui palazzi diroccati e cadenti vengono affiancati
da negozi e caffè alla moda; è quì che si vede la
vera-nuova Berlino, quella fatta da persone di ogni genere che vivono
lo stesso quartiere, da squotter che occupano palazzi abusivamente, a
businessmen all'ora dell'aperitivo.
Il tessuto urbano a maglie più o meno regolari porterebbe il visitatore
a farci un breve giro superficiale per poi dirigersi verso zone più
commerciali ma il consiglio è di addentrarsi nei vicoli, simili
ad androni e cortili privati, nel suo interno, senza paura.
Si scoprirà così un dedalo di stradine che si insinuano
tra i palazzi che sfociano in piccoli slarghi con caffè, atelier
di Architettura e di Design, un vero mondo quasi nascosto che ad oggi
è uno dei ricordi più belli che ho di questa città.
Una febbre edilizia più che architettonica avvolge il settore Est,
pieno di spazi vuoti e non che stanno man mano lasciando il passo a nuovi
moderni edifici.
Dalla Alexander Platz, storica piazza teatro della uccisione di Rosa Luxemburg
e di mille altre tappe decisive per la città, tra le quali il corteo
che nel 1989 portò alla capitolazione del regime socialista tedesco,
partono gli ampi viali costeggiati da squadrati edifici ex-socialisti
ed è qui che ora cercano casa artisti, Architetti e Designer, è
quì che si respira la storia, quella vecchia, con il "muro"
a due passi e quella nuova con la antenna della televisione da cui si
può godere un panorama unico.
Berlino è una città controversa con una parte che è
avanti e l'altra al suo inseguimento; tanti, forse troppi, sono gli interventi
architettonici in corso, la città è immensa ma il suo carattere
è fin troppo urbano con una intensa attività edilizia che
rischia di soffocare con la sua ingerenza.
L'impressione che si ha è di vera e propria "fame" di
rinnovamento o meglio di adeguamento al resto dell'Europa con il risultato
di essere una delle capitali più interessanti dal punto di vista
architettonico, ma anche di diventarne la più edificata ed, urbanisticamente
parlando, intensiva.
Una passeggiata all'interno del Tiergarten, l'immenso parco al centro
della città, è obbligatoria, come lo è prendere la
metropolitana di superficie (la S-Bahn) per fare un giro e vedere la Berlino
di tutti i giorni da un particolare punto di vista.
Un consiglio: al n° 58 della Kurfustenstrasse (fermata metro U-bahn
della Nollendorfsplatz) c'è il primo Einstein cafè, che
non deve essere confuso con gli altri fatti in serie modello Starbucks,
che si trova in una vecchia palazzina con giardino liberty; un caffè
in cui è stato anche Hemingway (ma in fondo dove non è mai
stato!?), un posto ideale dove è indispensabile fermarsi per assaggiare
i dolci della casa assaporando l'atmosfera suggestiva dei primi del '900
magari bevendo un cafè au lait.
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