Buonasera, chiedo un consiglio:
Per quanto riguarda l'altezza interna utile minima abitabile di un locale, è da considerarsi come costante (nel senso, salvo casi particolari l'altezza non può scendere in nessun punto al di sotto del minimo previsto dalla legge) o va bene come frutto di media (nel senso, in alcuni punti può essere anche al di sotto dell'altezza minima prevista, purché l'altezza media non scenda al di sotto del valore previsto dalla legge)?
Perché il D.M. 5 luglio 1975 parla di altezza utile interna minima, già depurata di eventuali imperfezioni, parti strutturali (tipo travi ricalate), ecc. Perciò io lo interpreto come altezza minima costante dell'ambiente, cioè non si può scendere sotto il valore previsto dal D.M. (es. 2,70m)
Però c'è chi dice anche il contrario, che può essere frutto di media.
Esempio: Nella zona giorno di un appartamento viene controsoffittato il 50% del solaio, scendendo a 2,60 m, quindi 10 cm al di sotto dei 2,70 m, mentre lascio il restante 50% a 2,70m.
L'altezza media che ottengono così è 2,65 m, e quindi con le varie tolleranze previste, per quanto riguarda l'altezza media dovrei rientrare nei limiti previsti dal D.M, mentre se considero l'altezza come qualcosa che non può scendere al di sotto dei valori di legge, allora non ci rientro, perché solo il 50% dell'ambiente ha altezza pari a 2,70m.
Quindi, valuto l'altezza minima come media o come assoluta?
In fase di fine lavori, l'ufficio edilizia privata può contestarmi l'altezza minima vista come media oppure no?
Questo quesito nasce da un battibecco che ho avuto questa mattina con un cartongessista in cantiere.
Grazie mille per il parere e la disponibilità.
DeGama : [post n° 474856]