arco Rosca (aka Paolo Valente) Architetto, svolge la propria attività professionale e di ricerca a Roma. Nel 2005 costituisce con Spartaco Paris lo Studio d’architettura Via Brunetti, orientato prevalentemente alla progettazione architettonica e urbana, con una particolare attenzione rivolta al rapporto tra la città storica e la contemporaneità della città, e a temi quali il “restauro della città moderna, la trasformazione urbana, la complessità e la sostenibilità.
Tra i principali premi o riconoscimenti dello studio: Progetto finalista, concorso internazionale “Rimesse in gioco – Depositi di idee”, Comune di Roma. Dip. VI – Interventi di qualità; Progetto vincitore, concorso di progetazione “Second Architecture for Meltemi” Costruzione della sede di Meltemi Editore in Second Life; Progettto finalista, Concorso internazionale di progettazione ” Nuovo Ospedale del Golfo”, Formia,Latina; Progetto selezionato, Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, Mostra Città di Pietra – Progetto Sud; Progetto vincitore “Europan 8” Urbanità e progetti strategici, concorso internazionale di idee per architetti under 40, Latina; Progetto runner up “Geneve 2020” International competition for ideas; Selezionato – Proposta di Master Plan per il Comparto urbano “Delle Province – Lega Lombarda”; Primo Premio Concorso di idee per la “Riqualificazione di Piazza II Giugno in Guidonia”; Selezionato per il Premio Architettura Accademia di San Luca 2003; Primo Premio Concorso internazionale di idee “USA, Progetto del museo delle cave di Negrar”,Verona; Progetto vincitore, Concorso di internazionale idee “giardino d’inverno” a Potenza.
Intervista
Alcuni la definiscono una nuova frontiera, altri sono più scettici e altri ancora non riescono proprio a immaginarsi come personaggi del mondo di Second Life. E se invece la piattaforma più celebre del metaverso offrisse opportunità concrete per progettisti e designer? Approfondiamo la questione con l’architetto Paolo Valente, aka arco Rosca, che con il suo studio la scorsa estate ha vinto il concorso di idee per la sede “non-reale” di Meltemi Editore. Se il passaggio in corso dalla “cultura dell’immagine al mondo dell’interazione” lascia intravedere possibili nuove collocazioni, vale la pena scoprire come attrezzarsi, perché ampliando “gli orizzonti della nostra pratica professionale” i mondi digitali possono diventare “un campo di applicazione dove gli architetti sono determinanti”.
1. Qual è stato l’aspetto più difficile della vostra trasformazione in architetti digitali? La partecipazione al concorso bandito da Meltemi su Second Life ha richiesto un particolare aggiornamento o l’approfondimento di temi specifici?
Premetto che non parlerei di una vera e propria trasformazione. Il nostro studio (studio d’architettura via Brunetti Paolo Valente e Spartaco Paris architetti) ha sempre avuto al centro della propria attività professionale e di ricerca tutto ciò che riguarda la contemporaneità, ovvero i fatti che accadono nel nostro tempo. Questa condizione ci predispone al cambiamento. Non so se possiamo definirci “architetti digitali”, perché in effetti non proveniamo da esperienze “ipertecnologiche” o di grande militanza nel campo dell’architettura virtuale. Abbiamo avuto una formazione piuttosto tradizionale: abbiamo studiato quelli che sono i nostri maestri, facciamo riferimento alle vicende internazionali, come succede a tanti altri studi… Il motivo principale che ci ha spinto a iscriverci al concorso su Second Life è l’interesse per il passaggio abbastanza significativo che si sta verificando dal mondo della comunicazione dominata dalla cultura dell’immagine al mondo dell’interazione, dove non ci si rapporta più ai contenuti in modo passivo, ma in qualche maniera si è immersi nelle informazioni. Gli strumenti che creano questa condizione, fornendo una vera e propria piattaforma per potersi interessare a nuove forme di scambio delle idee, sono a disposizione: Second Life è uno di questi, il web 2.0 è un altro, poi c’è il mondo dei blog… L’esperienza di Second Life non rappresenta soltanto l’ingresso in un mondo culturale, di interazione sociale, fatto di simulazione, o piuttosto in una simulazione virtuale del mondo reale; semmai, costituisce un’estensione che appartiene sia alle forme che agli argomenti, ai pensieri.
2. Consideri Second Life uno spazio per sperimentare qualcosa che poi sarà sviluppato anche nel mondo reale, o lo vedi come un luogo architettonico vero e proprio – cioè sei convinto che in futuro ci potranno essere forme di incarico professionale per gli architetti, legate a realizzazioni sulle piattaforme 3d di questo tipo?
Dentro Second Life la figura dell’architetto è fondamentale, perché è l’unica che può mettere in relazione alcune istanze, cioè determinati contenuti, per quanto innovativi possano essere, e trasporli in una forma consona al momento. Per svolgere questo ruolo, però, è indispensabile non considerare l’architettura “solo” un mestiere, una pratica legata alla costruzione materiale di edifici: quello che facciamo alla fine è anche e soprattutto un’attività di tipo intellettuale, per dare delle forme a dei contenuti, non solo per produrli attraverso la costruzione fisica di un’idea. Se ampliamo gli orizzonti della nostra pratica professionale, Second Life diventa un campo di applicazione dove gli architetti sono determinanti. Già nella situazione attuale c’è possibilità di trovare incarichi. Per quanto riguarda l’arte, ad esempio, all’inizio del 2006 le gallerie che facevano esposizioni curate, realizzate all’interno di sistemi espositivi complessi, erano trenta o quaranta: oggi sono un migliaio…
3. C’è il rischio che, nel passaggio dal Web tradizionale a Second Life, l’apporto degli architetti possa ridursi a una mera trasposizione dei siti vetrina, allestiti negli ultimi anni da pubbliche amministrazioni e privati, nella immagine 3d delle corrispondenti realtà del mondo fisico (la riproduzione virtuale dell’ufficio pubblico, del negozio con bancone e scaffali, etc.)?
Estendere la realtà significa impostare rapporti per così dire analoghi, perché vengono stabilite delle simbiosi. Lo scopo non dovrebbe essere riprodurre il Comune o il palazzo del Comune su Second Life per fare immagine, come in uno dei tanti siti “turistici”creati dalle amministrazioni, ma piuttosto cogliere l’opportunità di creare un vero sistema interattivo, raggiungibile da tutte le parti del mondo e facile da fruire, perchè attraverso semplici comandi consente di stabilire relazioni di incontro, trasferire file, mandare messaggi, gestire tutta una complessità di rapporti, raggrupparsi in comunità per realizzare delle iniziative – quello che nella vita reale chiameremmo associazioni. Questo è già un campo di applicazione dell’architettura, ma le esperienze di questo tipo, così definite, sono poche. Effettivamente, finora si è verificata una corsa a realizzare le cosiddette sim, luoghi che vengono creati e terraformati, “scatole” più o meno somiglianti a manufatti reali oppure a oggetti che evocano fortemente la realtà, sempre attraverso l’aspetto estetico, fisico. Adesso si pensa anche a riempirle di contenuti – sono pochi casi, ma ci sono – e di trovare forme adatte agli standard della vita contemporanea, che siano valide dentro Second Life ma anche fuori. Per rimarcare questo carattere di estensione della vita reale e riportarlo a una condizione che attiene all’architettura e agli architetti, trovo quindi molto significativo definire Second Life “mondo analogo” invece che “virtuale”, “digitale” o “del terzo spazio”, come alcune posizioni più colte lo etichettano. Si troverà difficilmente un’altra condizione simile in cui operare.
4. 1.Nelle potenzialità dell’architettura digitale, orientata a una immersione interattiva nello spazio dei contenuti, rientrano anche la borg architecture o la interactive architecture, ovvero le transizioni che si verificano ad esempio quando un utente fruisce di una mostra in Second Life e, passando da un’immagine all’altra, modifica lo stato dell’edificio/contenitore virtuale?
Sì, credo che un meccanismo interattivo del genere determini un rapporto immagine / comunicazione / informazione in grado di riavvicinarci a un sistema di conoscenza attraverso il quale sia possibile assimilare i messaggi, non solo recepirli. In un tale contesto, il modo in cui avviene la comunicazione si adatta al nostro standard: avere la possibilità di fruire uno spazio fatto di immagini facilita l’interazione con i contenuti. Essere circondati a 360 gradi da immagini che cambiano, associate a suoni e testi, ci riporta a una forma di percezione più vicina ai nostri percorsi mentali. Del resto, qualcosa del genere, attraverso la gestione di espedienti tecnici – calore del corpo, altezza dell’individuo – avviene anche in alcune mostre nella real life. A Urbino, per esempio, Paolo Buroni, che si occupa di design della luce, è riuscito a ricostruire la biblioteca perduta di Federico da Montefeltro: i visitatori avevano la possibilità di “entrare” nell’immagine della libreria proiettata sui muri, prendere, tirare fuori un libro e “sfogliarlo” come fosse vero. Non so se quella fosse la “seconda vita” o la prima, se è qualcosa che avviene nell’architettura oppure se si tratta di un allestimento… quello che interessa è condividere i contenuti applicando la sensibilità contemporanea.
5. Per la partecipazione al concorso di Meltemi, come era composto il vostro gruppo di lavoro? Avete avuto bisogno di integrarlo con figure più specializzate sul versante del software 3D?
Ho sentito l’esigenza, così come faccio per altri progetti, di conoscere prima di fare, di indagare un po’ l’ambiente, l’intorno, i contenuti, le questioni relative al tema proposto dal concorso. Per un paio di mesi, frequentando Second Life, ho potuto viaggiare, chiedere, capire, scremare… e svolgendo questo lavoro mi sono reso conto che la particolarità del caso richiedeva altri apporti. È emersa la necessità di almeno tre figure, che alla fine sono diventate quattro. In primo luogo, Olhoblu Ock, un architetto, un bulder, e un artista di Second Life (tra l’altro, ha realizzato il palco in SL per Irene Grandi), Io cercavo un esecutore o un disegnatore tridimensionale che sapesse usare il software di Second Life, con cui non avevamo dimestichezza: alla fine, oltre a dimostrare competenza tecnica, ha svolto il ruolo di co-progettista a tutti gli effetti, perché, se i “piedi” stavano in Second Life, la sua testa era sintonizzata con il mondo dell’architettura e delle tematiche che interessavano anche noi. La seconda figura, con cui abbiamo interagito è Urania Wind: non so di che cosa si occupi nel mondo reale, ma, in qualità di esperta di mondi virtuali (da ben dieci anni) ci ha aiutato a capire se quello che definivamo poteva più o meno funzionare.
6. Accennavi a un altro paio di aggiunte al gruppo…
Sì, per la definizione formale degli aspetti estetici, ci siamo avvalsi della consulenza di alcuni architetti-designer che collaborano con Alessandro Biamonti, ricercatore al Politecnico di Milano. In ultimo, si è rivelato utile un ulteriore supporto, attraverso l’opera di un artista austriaco-tedesco, Ralph Ueltzhoeffer, e una consulente per la video arte, Chiara Bondì.
7. In generale, ti senti di affermare che le iniziative collegate ai “mondi virtuali” possono creare opportunità di lavoro?
Per parlare di lavoro, si deve prospettare un guadagno. Nel caso del concorso, siamo stati comunque stimolati dalla prospettiva di ottenere il premio, piuttosto alto rispetto alle cifre che circolano in Second Life. Nell’ottica dell’impiego degli architetti nei mondi virtuali, bisogna definire una dimensione professionale che garantisca rientro economico, ma tenga conto anche della particolarità del settore. Cito come esempio Virtual Italian Parks di Bruno Cerboni, un’importante società italiana – ha realizzato land ministeriali, la land per Armani – che è riuscita a individuare la forma di organizzazione più adatta a una realtà con le sue caratteristiche: dove gli architetti che collaborano con l’azienda non lavorano “a studio”, ma in Second Life, da qualche parte nel mondo.
8. Mi sembra di capire che il tuo blog, Temperatura 2.0, che animi con lo pseudonimo di arco Rosca, sia diventato uno strumento per valutare le ricadute del progetto Meltemi, approfondire aspetti significativi del progetto, raccogliere pareri…
Il blog e il social network collegato, che considero come il momento in cui posso accumulare informazioni e condividerle con altre persone in grado di precisarle o correggerle, è collegato a una comunità dentro Second Life che, prima ancora di lavorare magari a una teoria, a qualcosa che ci sarà in futuro, si occupa di misurare la “temperatura” dell’ambiente circostante oggi, ovvero tutto quello che succede nella nostra contemporaneità.
9. Ritieni che negli studi possano trovare collocazione figure che si occupano proprio di adoperare gli strumenti della comunicazione digitale per raccogliere input dall’esterno, commenti sulle opere…in altri termini, persone che mantengano i contatti con la “comunità” dei fruitori delle architetture, anche dopo la loro realizzazione?
Penso proprio di sì. Le figure a cui ti riferisci si trovano già in tutti i grandi studi, anche se spesso hanno mansioni trasversali, che, oltre alla grafica e al disegno, includono anche l’attività “pubblicistica” sul Web. La transizione a cui accennavo prima, verso un sistema interattivo, offre una possibilità in più agli architetti, perché implica il contributo di persone in grado di stabilire relazioni rispetto ai contenuti e alla proposta progettuale degli studi.
10. In questo momento stai curando altri progetti nel campo dell’architettura digitale? O il concorso è stato soltanto una parentesi…
Sempre con lo stesso gruppo di lavoro e con altri, sto lavorando all’Atlante delle visioni: l’idea è creare un luogo conformato attraverso un sistema in cui testi e immagini identifichino i collegamenti a tutti gli eventi artistici che si svolgono in contemporanea su Second Life e non solo: piuttosto che pensare a un museo tradizionale, abbiamo iniziato a lavorare su una forma nuova, fatta di immagini e per l’immaginazione. L’Atlante si articola intorno a un percorso percettivo/emozionale, definito dalle scelte dell’utente, in base a una discrezionalità che è tipica di quel mondo. Una cosa interessante da dire è che sto seguendo una tesi, come correlatore avatar (penso sia uno dei primi casi), nel corso di laurea in Grafica e Progettazione Multimediale alla Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma; il progetto di laurea denominato “The cube stop” cerca di creare un “luogo multimediale” dove sia massima l’interazione tra persone e contenuti, un portale blog, uno spazio in Second Life e una media tv dedicati ai soli temi di visual art, architecture & design e Recreational art (www.thecubestop.com).
Per saperne di più:
- Temperatura 2.0
- Temperatura social network
- IMAGINARIA progetto vincitore del concorso per la sede di Meltemi Editore su Second Life):
- Studio d’architettura Via Brunetti
- Paolo Buroni – Installazione artistica multisensoriale al Palazzo Ducale di Urbino
- Virtual Italian Parks
- Second life