È stato liberato ieri notte l'architetto dissidente cinese Ai Weiwei, conosciuto per essere autore, insieme a Herzog & de Meuron del progetto del celebre stadio dalla forma di nido, divenuto simbolo delle scorse Olimpiadi di Pechino ma colpevole di battersi per i diritti umani, in un Paese che li calpesta.
Ai Weiwei era stato costretto agli arresti domiciliari dal governo che, con quest'azione, aveva voluto impedirgli di dar vita ad una festa nel suo studio di Shanghai. La celebrazione era stata organizzata da Ai Weiwei come reazione ironica all'ordine di demolizione forzata impostogli dal governo, che lo obbligava a distruggere il suo atelier.
Una demolizione voluta dalle stesse autorità che gli avevano chiesto di costruire quello studio, che, insieme a quelli di altri artisti, avrebbe inaugurato un nuovo quartiere culturale e che, invece, ora, risulterebbe costruito illegittimamente.
In realtà, come Ai Weiwei aveva spiegato, l'intimazione delle autorità nasceva da una ritorsione politica per la sua attività in difesa dei diritti umani. «In Cina - aveva detto - non c'è libertà di stampa, non c'è una giustizia indipendente e non c'è la possibilità di esprimere il proprio dissenso». (La Repubblica 6 novembre).
Ai, infatti, si era schierato con i dissidenti che accusano il governo per gli effetti disastrosi del terremoto del 2008 in Sichuan. La sua reazione aveva preso forma nella realizzazione di un'opera con i nomi dei 5 mila bambini rimasti uccisi dal crollo delle scuole. Per la medesima vicenda aveva testimoniato in favore dell'uomo che aveva avuto il coraggio di redigere l'elenco delle vittime e di ottenere le prove per incolpare i funzionari corrotti.
Il giorno del processo Ai Weiwei era stato picchiato dalla polizia e le percosse lo avevano costretto ad un delicato intervento in Germania
La notizia dell'arresto, aveva generato indignazione e, con un comunicato stampa il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori aveva espresso la propria solidarietà all'architetto cinese.
Con questo comunicato gli architetti italiani, rappresentati dal Consiglio Nazionale, chiedevano "al Governo di Pechino l'immediata liberazione di Ai Weiwei, difendendo chi ha "espresso con le parole, gli atti e la sua architettura quei principi di libertà che sono patrimonio dell'umanità ed inalienabile diritto di ogni cittadino". (www.awn.it).
La buona notizia è data anche sulla home page del CNAPPC, che esprime la propria soddisfazione per la liberazione del collega.
Approfondimenti:
Comunicato e rassegna stampa: www.awn.it
Ai Weiwei: www.aiweiwei.com
pubblicato il: