Nella definizione del prossimo Decreto Sviluppo sembra rientri una proposta di revisione del Codice dei Contratti predisposta dal Ministero delle Infrastrutture che prevederebbe la "responsabilità solidale" del progettista e del validatore nei confronti dell'impresa per carenze progettuali che dovessero emergere nella fase di esecuzione dell'opera.
Una proposta che - secondo il Consiglio Nazionale degli Architetti - provocherebbe numerose e gravi conseguenze: una normativa sui lavori pubblici sempre più frammentaria, la vessazione dei professionisti e la creazione di uno smisurato contenzioso ed aumento dei costi per il settore delle progettazioni.
Gli architetti italiani lanciano così l'allarme, chiedendo il ritiro della norma, che graverebbe pesantemente sui professionisti, elemento più debole dell'intera filiera dei lavori pubblici, rispetto alle Stazioni appaltanti, che sono difese dallo Stato, ed alle imprese, forti del loro potere economico.
Per il Consiglio Nazionale degli Architetti, la norma, infatti, genererebbe certamente contenziosi su ogni progetto, dal momento che l'impresa - non potendo più esprimere riserve per il recupero di somme nei confronti della stazione appaltante, in base alle modifiche introdotte all'art.240 del Codice, potrebbe ricorrere facilmente ad una surrettizia ricerca di presunti errori progettuali allo scopo di recuperare il ribasso offerto in sede di gara.
Ne deriverebbe la notevole esposizione dei soli progettisti ad una responsabilità enorme, non essendovi limiti alle eventuali azioni di rivalsa delle imprese. In tale contesto, infatti, il danno vantato dalle stesse imprese potrebbe essere notevolmente superiore all'importo dei compensi dovuti al progettista per l'espletamento del servizio. Ciò, peraltro, farebbe lievitare notevolmente i costi delle polizze assicurative nel settore dei servizi di ingegneria ed architettura e, in caso, di più "sinistri", potrebbe comportare, per il professionista, l'espulsione dal mercato assicurativo.
Il Consiglio Nazionale Architetti, nell'esprimere la propria contrarietà nei confronti di un modello culturale che individua nel libero professionista il più comodo capro espiatorio di tutte le problematiche connesse alla filiera degli appalti pubblici, chiede il ritiro della norma e l'istituzione di un tavolo tecnico presso il Ministero delle Infrastrutture per affrontare in modo corretto ed organico le modifiche al codice dei contratti, evitandone la frammentazione attraverso una serie di ripetute modifiche in leggi omnibus.
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