L'Italia al 105° posto nella classifica del brain train (fuga dei cervelli). Una nazione poco attrattiva per i cervelli stranieri: un dato che ci si aspetta, ma sorprende sapere che il saldo tra flussi di professionisti in entrata è in uscita è positivo per 1000 unità. Cioè il nostro paese è riuscito ad attrarre un numero di professionisti superiore a quanti hanno deciso di trasferirsi all'estero. In ogni caso, tanti gli architetti che nell'ultimo decennio hanno deciso di lavorare fuori dall'Italia.
E' quanto emerge da una ricerca condotta dal Centro Studi del Forum Nazionale dei Giovani in collaborazione con il CNEL, intitolata "Dall'Italia all'Europa, dall'Europa all'Italia. Giovani professionisti in movimento". Uno studio che analizza il mondo delle professioni regolamentate, uno sguardo ai livelli di mobilità all'interno della UE, ai diversi percorsi di studio e di abilitazione, alla struttura ordinistica delle professioni ed un approfondimento che riguarda gli architetti.
La fuga dei cervelli e degli architetti
Come si concilia il dato della fuga dei cervelli con il saldo positivo in entrata è semplice e la conclusione è che l'Italia è comunque in perdita.
Se infatti a partire dal 2008 abbiamo iniziato ad attrarre maggiori flussi, come conseguenza del recepimento della direttiva europea 36/2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, uno sguardo va rivolto anche alla qualità di questi ultimi: l'Italia perde professionisti di alto valore aggiunto, quali architetti, insegnanti, medici, avvocati, veterinari, farmacisti, uscite bilanciate da un'entrata di professionisti con livelli di studio inferiori, come specialisti dell'area medica (infermieri, fisioterapisti, etc..) acconciatori ed estetisti. Ad essere attratti dall'Italia soprattutto professionisti romeni con 5121 richieste tra il 1997 ed il 2010.
I dati ci riferiscono di un elevato numero di architetti che lavorano all'estero. 3279 richieste tra il 1997 ed il 2010 con un picco nel 2008 con 1051 richieste di trasferimento, che negli anni successivi, forse per l'acutizzarsi della crisi, sono crollate, attestandosi, ogni anno e fino al 2010, intorno alle 200/300 unità.
Una mobilità facilitata per gli architetti, che, insieme ad altre professioni, godono di un grado di armonizzazione dei percorsi di formazione da cui deriva un riconoscimento automatico del titolo da uno stato all'altro dell'Unione Europea (direttiva 2005/36).
Uno sguardo alla struttura ordinistica, il confronto con l'Europa
Di grande interesse le statistiche dell'OECD, organismo internazionale che periodicamente conduce un'indagine su 4 professioni: ingegnere, architetto, contabile-commercialista, avvocato. L'OECD fornisce un indicatore sintetico che dà una idea immediata del livello di regolamentazione di ciascuna professione.
Con riferimento alla professione dell'architetto si legge che sia nel 1996, che negli anni successivi (2003 e 2008) l'Italia è agli ultimi posti, ovvero ha una regolamentazione maggiore rispetto agli altri paesi, considerando anche che secondo gli indicatori OECD, Danimarca, Irlanda, Svezia e Gran Bretagna hanno regolamentazione praticamente inesistente.
In riferimento al 2008, troviamo dati interessanti e inattesi: l'Italia è il paese che più degli altri riserva agli architetti prestazioni vietate alle altre professioni. L'Italia è accomunata a Olanda, Spagna e Gran Bretagna per l'assenza di tirocinio obbligatorio, che invece esiste in Germania e in Francia, rispettivamente di 2 e 2,5 anni. Olanda e Spagna non prevedono esame di abilitazione al contrario di Francia, Germania e Italia; caso particolare quello della Gran Bretagna, dove non c'è esame per abilitarsi alla redazione di progetti, ma è previsto per utilizzare il titolo di architetto.
Alcune riflessioni
Bisognerebbe, si legge nel la ricerca, dare ampio significato al trattato di Schengen, che sancisce la libertà di circolazione come diritto fondamentale dei cittadini dell'Unione. Sarebbe auspicabile non solo dare la possibilità a tutti i professionisti di "competere ad armi pari sul territorio nazionale quanto in un contesto più ampio come quello europeo". Per tutte le professioni, comprese quelle che godono del riconoscimento automatico, come quella dell'architetto, è importante che «la mobilità sia garantita al cittadino come "persona sociale", è fondamentale che come tale il professionista possa valorizzare nel suo Paese, come in un altro dell'Unione, il suo bagaglio di esperienze, conoscenze e professionalità». Ecco cosa manca ancora alla libera circolazione tra gli stati dell'Unione.
di Mariagrazia Barletta architetto
Il documento completo e una sua sintesi: www.forumnazionalegiovani.it
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