Anche se l'attività svolta da un libero professionista, architetto o ingegnere, non è tra quelle riservate agli iscritti al proprio albo di appartenenza (rd 2537/1925 - artt. 51 e 52) i redditi che ne derivano sono comunque soggetti a contribuzione previdenziale obbligatoria a favore di Inarcassa. Purché, però, il bagaglio culturale tipico del professionista entri in gioco per lo svolgimento di quella particolare attività.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con sentenza 14684/2012. Una decisione che ribalta i recenti indirizzi interpretativi (Cass. n. 11154/2004 e 2468/2005) che attribuivano l'obbligo di versamento degli oneri previdenziali a Inarcassa alle sole "attività riservate", per legge, alle categorie di architetto o di ingegnere.
In particolare la Cassazione ha rigettato il ricorso di un ingegnere elettronico che contestava la richiesta di Inarcassa di pagamento di contributi su redditi professionali derivanti dalle attività di consulenza per elaborazione dati e programmazione e per l'attività di amministrazione di una società. Secondo il ricorrente non dovuti perché estranei all'attività di ingegnere libero professionista e al di fuori delle prestazioni riservate agli ingegneri secondo le previsioni della ex-tariffa professionale.
La Suprema Corte ha ritenuto di dover attualizzare la giurisprudenza all'evoluzione delle competenze dei professionisti, fortemente allargate negli ultimi tempi insieme ai relativi ambiti professionali, che - si deduce - non possono più rientrare nelle ormai pluridecennali e troppo ristrette "attività riservate".
Ne consegue la decisione di non dare seguito agli indirizzi più restrittivi della stessa Cassazione, che legano la contribuzione obbligatoria a Inarcassa alle sole attività riservate agli iscritti negli appositi albi, di ingegnere o di architetto. La Cassazione ha invece ritenuto giusto dare continuità ad un diverso e particolare orientamento, espresso con sentenza 20670/2004 (sempre in tema di obbligo contributivo per ingegneri e architetti), secondo la quale la riconducibilità alla professione dell'attività concretamente svolta dal professionista determina l'inclusione dei relativi compensi tra i corrispettivi dovuti alla Cassa di previdenza. Attività che, secondo la sentenza del 2004, non deve essere necessariamente tra quelle annoverate come "riservate" per legge.
Un indirizzo, quello nuovo della Cassazione, che amplia di molto le attività professionali soggette alla contribuzione Inarcassa, includendovi anche quelle che «pur non professionalmente tipiche, presentino tuttavia un "nesso" con l'attività professionale strettamente intesa». Si tratta di attività nelle quali il libero professionista mette a frutto le specifiche competenze tecniche proprie del bagaglio culturale della categoria cui appartiene. Una interpretazione questa, sottolinea la Cassazione, valida per tutte le categorie professionali.
In definitiva, basta che specifiche cognizioni tecniche e competenze professionali tipiche della categoria confluiscano nel bagaglio di conoscenze necessario al libero professionista per poter svolgere la particolare attività, che i relativi compensi siano soggetti alla contribuzione alla Cassa previdenziale di categoria. Solo le attività estranee alla professione non sono assoggettabili obbligatoriamente alla contribuzione verso la Cassa previdenziale di categoria.
di Mariagrazia Barletta architetto
Per approfondire si rimanda alla sentenza della Corte di Cassazione n. 14684/2012, pubblicata su
Il Sole 24 Ore - Guida al Diritto
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