di Bucci Stefano
L'architettura italiana? Inconcludente nei suoi risultati. E tutto per colpa «del potere egemonico e pervasivo di alcuni maestri del dopoguerra, dell'inefficacia del nostro sistema concorsuale, del poco coraggio e della scarsa lungimiranza di pubbliche amministrazioni e università». Così recitava il catalogo che accompagnava Next, l'edizione 2002 della Biennale di Architettura di Venezia. Definita come «il fanalino di coda dell' Occidente», la nostra architettura doveva questo suo ritardo, «alla bellezza, alla ricchezza e alla grandezza delle nostre città». Le quali, proprio in virtù di quel passato splendore, sembravano non aver più alcun bisogno di un futuro. Almeno architettonico.
C'è, sicuramente del vero, in queste affermazioni. Eppure il New Asian Art Museum firmato da Gae Aulenti a San Francisco, non sembra essere soltanto un episodio. Ma, piuttosto l'ultimo atto di una sorta di «Italian Renaissance», che porta amministratori pubblici e magnati privati di ogni parte del mondo ad affidarsi sempre più spesso a progettisti italiani.
Dall' Inghilterra all'Australia, da Shanghai a Lisbona, dall'Etiopia alla Germania. Ecco, dunque, una piccola geografia (certamente arrotondata per difetto) dei grandi progetti made in Italy sparsi per il mondo. E chissà che proprio tra queste «grandi firme» non ci sia anche il vincitore (che verrà proclamato a maggio) della «Medaglia d' oro dell' Architettura italiana», recuperata dopo trent'anni di oblio.
Cominciamo da Renzo Piano. Attualmente l'autore dell'Auditorium di Roma sta lavorando, tra l'altro, alla nuova sede del New York Times, alla London Bridge Tower (dovrà essere «la più alta torre d' Europa») ma anche al Museo Klee di Berna («un omaggio all' artista integrato nel paesaggio delle Alpi») e al complesso residenziale Braço de Prata a Lisbona. Dice Piano: «vedo la mia nuova torre come una piccola città verticale per dieci mila abitanti che lì potranno lavorare ma anche divertirsi». In quella torre «tutto dovrà accadere sotto il segno della bellezza ma anche della funzionalità: umana, tecnologica, energetica, economica».
Le sfide di Vittorio Gregotti si giocano oggi tra Marocco e Cina. Per uno degli stadi che ospiterà la Coppa del Mondo di Calcio nel 2006, Gregotti «si è in particolare rifatto alle tradizioni berbere». Altrettanto intrigante è il progetto per la costruzione di due nuove città in Cina, nella regione di Shanghai. Da una parte, Jiangwan: centomila abitanti, edifici di un'altezza media di cinque piani, shopping center, scuole, centri, culturali, biblioteche e campus. Dall'altra, Pujiang: ottantamila abitanti per una nuova città «di fondazione» che dovrebbe richiamarsi a un ideale modello italiano con tanto di «maglia ortogonale» e «rete fluviale» (il primo nucleo dovrebbe essere pronto nei prossimi cinque anni).
Molto attivo all'estero è anche Massimiliano Fuksas. Che attualmente sta lavorando, ad esempio, al Centro esposizioni di Angoulême in Francia. Dodicimila metri quadrati caratterizzati «da una parete, quasi una faglia, composta da un doppio strato di policarbonato piegato». Ma di Fuksas sono anche le Twin Tower di Vienna (due torri da trentasette e trentaquattro piani per un totale di centoquarantamila metri quadrati), il nuovo store di Giorgio Armani nel centro di Hong Kong (l'apertura dovrebbe avvenire nel prossimo ottobre) e edifici sparsi tra Eindhoven e Utrecht.
L'Italia, dunque, non sta a guardare (oggi, tra l'altro, viene posta anche la prima pietra del nuovo «Maxxi», il Museo nazionale di arte contemporanea di Roma firmato dall'angloiraniana Zaha Hadid) e ancora lungo è l'elenco dei nostri architetti attualmente impegnati all' estero.
Mario Bellini chiuderà a ottobre «l'ampliamento e la ristrutturazione» degli spazi espositivi, del foyer, delle sale conferenze, del centro multimediale, dei negozi e della caffetteria nella National gallery di Vittoria (in Australia); Guido Canali, autore della nuova galleria della Pilotta a Parma, sta realizzando la sede della Hypo Vereins Bank di Francoforte; Antonio Citterio sta lavorando, ad Amburgo, alla Neuer Wall e al quartier generale della Edel Company («un ibrido tra un comune palazzo per uffici e un campus universitario»). E ancora: Alessandro Anselmi, recente autore del municipio di Fiumicino, ha da poco realizzato i terminal della metropolitana di Nantes e di Sotteville-les-Rouen (in Francia) mentre i «giovani» Claudio Lazzarini e Carl Pickering stanno attivamente lavorando tra ristoranti a Cap Ferrat, palazzi a Sidney, negozi a Londra e a Parigi. E mentre uno dei padri fondatori dell'architettura italiana, Luigi Caccia Dominioni (classe 1913), sta creando una Chiesa per i Padri Salesiani, a Adua, in Etiopia. Una chiesa che, stando alle indiscrezioni, pare davvero bellissima.
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