Demolire gli orrori degli anni 70 e 80

rassegna web

di IRENE MARIA SCALISE

Antonio Citterio non è quel che si dice un buonista. D'altronde con un curriculum come il suo, architetto e designer di qualità e quantità riconosciuto in tutto il mondo, forse può anche permetterselo.

Quando ti riceve nel suo studio, un intero palazzo a due passi da Piazza San Babila, l’umore non sembra dei migliori. Cortese ma cupo, non ha problemi a dichiarare che, secondo lui, si contano sulle dita di una mano le cose apprezzabili che sono state costruite in Italia negli ultimi trent’anni. In più si accanisce con gli imprenditori, colpevoli di una non cultura del progetto, sul fatto che in Italia manca un'attenzione al territorio e, nonostante tutto, si è «saldamente ancorati a tutto l’orribile che è stato costruito». E lancia una provocazione: buttiamo giù tanta "malarchitettura" e ricostruiamo le periferie e tanti edifici che sarebbe stato meglio non avere mai tirato su.

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A dispetto del nichilismo di Citterio, però, in Italia, e soprattutto a Roma e Milano, si parla di una certa rinascita dell’architettura e del design, cosa ne pensa?
«Non è detto che l’innovazione sia necessariamente anche qualità», dichiara spegnendo subito gli entusiasmi, «il fatto che in alcuni casi ci sia una parvenza di tecnologia non autorizza a parlare di miglioramento».

Dove va ricercata la causa di tanti errori?
«Prima di tutto dalla mancanza di investimenti», dichiara «il fatto che per anni si è deciso di non pagare i progetti ha fatto sì che i progetti di qualità non esistano proprio».

Insomma, la colpa è tutta nelle mani di chi detiene il potere economico, alias gli imprenditori?
«Purtroppo dopo i grandi industriali illuminati degli Anni 60, tipo Adriano Olivetti per intenderci, si è precipitati in un gran vuoto della borghesia industriale e in una sorta di nulla politico industriale», si rammarica Citterio, «tante delle cose costruite negli Anni 70, 80 e 90 andrebbero buttate giù specialmente nelle periferie che sono il simbolo della corruttela politica».

Ma qualche cosa, anche per Citterio s’intravede all’orizzonte: «Forse è vero che ci sono alcuni imprenditori giovani che hanno una visione più allargata del mondo, ma andrebbe sconfitto un degrado ha origini nel microcosmo universitario dove, se si esclude un drappello di persone di valore, il restante è costituito da un’enorme mediocrità e da discussioni da bar che non portano a niente».

Ma, se questa è la situazione italiana, cosa succede nel resto del mondo?
«Io sono molto filo svizzerotedesco», precisa l’architetto, «non a caso ho aperto uno studio in Germania, un paese dove esiste una spiccata cultura del territorio». E i giovani allora? Tutti costretti ad emigrare? «I neolaureati devono fare le valigie perché non ci sono molti studi che hanno la possibilità di assumerli altrimenti devono pagare di tasca loro per almeno i primi tre anni di professione».

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