In Architettura i concorsi, di progettazione e di idee, sono l'unico strumento competitivo per la ricerca della qualità attraverso il valore dei progetti. Per questo le consultazioni devono essere aperte e trasparenti, garantire giurie qualificate, pretendere bandi semplici ed allo stesso tempo inappuntabili, fondarsi su una seria programmazione dell'opera da realizzare e, soprattutto, devono avere sempre riguardo della dignità professionale dei partecipanti. Nondimeno, il perenne alibi dell'urgenza, i vincoli restrittivi imputati al "Codice degli Appalti" o altre fitte maglie di paletti contingenti e irremovibili, autorizzano le pubbliche amministrazioni a generare mostruosità procedurali, con unico tragico ed opposto esito, che penalizza irreversibilmente solo la qualità dei risultati del concorso.
Invece, un concorso di architettura, urbanistica o paesaggio può risultare di ottimo o di pessimo livello applicando qualsiasi procedura o legge vigente. Il discrimine, data per scontata la buona fede degli organizzatori e dei decisori, risiede soltanto nella professionalità, nell'esperienza e nell'interpretazione delle regole. L'efficacia delle procedure concorsuali si può misurare sin dall'inizio, attraverso l'accorta composizione della giuria, la corretta concezione del bando, una seria programmazione strategica e tecnica, quindi non rimane che avere la giusta determinazione per la realizzazione dell'opera e per il successivo affidamento in gestione.
E allora, i concorsi, di progettazione e di idee, restano il migliore strumento per la ricerca e la sperimentazione, essenziali per innescare, attraverso la competizione, processi di innovazione all'interno della poetica architettonica.