Le spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dal committente non vanno addebitate in fattura e non costituiscono compensi «in natura» per il professionista. Due le conseguenze di maggior rilievo: tali spese non saranno più interamente deducibili, ma in compenso non concorreranno alla determinazione della base imponibile e su di esse non si calcolerà la ritenuta d'acconto. La novità è inserita nel Decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali, esaminato dal Consiglio dei Ministri di venerdì. Il testo non è ancora definitivo, sarà sottoposto al parere delle commissioni parlamentari e poi ritornerà a Palazzo Chigi per il via libera definitivo.
Il DLgs modifica il comma 5 dell'art. 54 del TUIR (DPR 917/86) sulla determinazione del reddito di lavoro autonomo. Secondo il testo vigente le spese alberghiere e di ristorazione sono deducibili nella misura del 75%, ma possono essere dedotte interamente dal professionista se sostenute dal committente ed addebitate nella fattura dal professionista. Ed è proprio quest'ultimo punto ad essere modificato.
Il provvedimento inserito nel DLgs sulle semplificazioni fiscali elimina una procedura macchinosa che il professionista doveva mettere in atto per poter dedurre integralmente le spese di albergo e di ristorazione legate alla prestazione professionale svolta.
Cosa cambia nella pratica
Prima della modifica (legge vigente)
Per poter dedurre integralmente le spese di vitto e alloggio, queste devono essere pagate dal committente e poi inserite in fattura dal professionista. Per godere della piena deduzione è necessario seguire una procedura macchinosa che avviene in più step. In pratica l'albergo o il ristorante intesta la fattura al committente, indicando in questa anche gli estremi del professionista. Il committente, ricevuta la fattura, la invia al professionista, mettendolo al corrente della somma pagata. Il professionista, nel compilare la fattura con i compensi per la prestazione svolta, vi inserisce anche le spese di vitto e alloggio pagate dal committente.
Solo in questo modo la spesa alberghiera o di ristorazione diventa completamente deducibile dal reddito di lavoro autonomo del professionista. Quale compenso "in natura", tali spese concorrono alla formazione del reddito.
Con la fattura il professionista detrae l'IVA legata alle spese di vitto e alloggio, ma allo stesso tempo su queste spese vi calcola sia la ritenuta d'acconto che il contributo previdenziale integrativo. Le spese concorrono, infatti, alla determinazione dell'imponibile. Secondo la procedura attualmente in atto, da un lato, il professionista paga delle imposte sulla base di spese che non sono state da lui materialmente sostenute, dall'altra, però, può dedurre integralmente tali spese.
Esempio di fattura secondo la legislazione vigente
(onorario = 1000 euro; spese di viaggio 100 euro; spese di vitto e alloggio 300 euro + IVA al 10%)
Compenso professionale: 1000 euro
Spese vitto e alloggio: 300 euro
Rimborso spese viaggio: 100 euro
Contributi 4% su 1400: 56 euro
Totale imponibile IVA: 1456 euro
IVA 22%: 320,32 euro
Ritenuta d'acconto (su 1400): -280
Spese vitto alloggio: -330
Netto a pagare: 1166,32
Dopo la modifica
La modifica al TUIR stabilisce che le prestazioni alberghiere e di somministrazioni di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente non costituiscono «compensi in natura» per il professionista che ne usufruisce. La conseguenza è che le spese di vitto e alloggio pagate dal committente non devono essere inserite dal professionista in fattura ed il loro ammontare non è deducibile dal reddito di lavoro autonomo. Non essendo inserite in fattura non concorreranno più alla determinazione della base imponibile e su di esse non si applicherà la ritenuta.
Compenso professionale: 1000 euro
Rimborso spese viaggio: 100 euro
Contributi 4% su 1100: 44 euro
Totale imponibile IVA: 1144 euro
IVA 22%: 251,68 euro
Ritenuta d'acconto (su 1100): -220
Netto a pagare: 1175,68
di Mariagrazia Barletta
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