LAD vince il concorso per l'Italian Green District in Marocco

L'idea progettuale ispirata al codice genetico

Si è concluso il concorso di idee per la progettazione dell'Italian Green District, il distretto ad alta efficienza energetica destinato ad ospitare imprese italiane intenzionate a investire nel settore delle rinnovabili in Marocco. Al primo posto si posiziona lo studio romano LAD - Laboratorio di Architettura e Design, guidato da Simone Lanaro e Francesco Napolitano [www.lad.roma.it]

Si tratta del concorso riservato a progettisti italiani under 40 e bandito lo scorso aprile da Kenergia per conto di Solar Breeder Morocco (SBM), una "holding operativa" di diritto marocchino controllata dalla stessa Kenergia, con il compito di insediare in Marocco imprese italiane interessate a partecipare al progetto di sviluppo delle energie rinnovabili nel Paese nordafricano. Oggetto della competizione: la progettazione dell'insediamento per le imprese italiane a Casablanca, in un sito, però, non definito.

In team con l'architetto Francesco Napolitano hanno lavorato a Fabio Satriano, Michelangelo Sabuzi Giuliani, Claudia Scipioni e Alessandro Barile. L'équipe di architetti ha immaginato gli edifici disposti trasversalmente ad un lotto rettangolare di forma allungata, concepito come un modulo che, replicato, potrebbe dar vita ad un sistema urbano, magari organizzato come le città di antica fondazione, ossia attraverso cardi e decumani.

Il distretto industriale è «come una stringa dell'analisi di un codice Dna», affermano i progettisti, dunque, ha senso solo se aggregata con altre stringhe. Gli edifici, il verde, i parcheggi, i sistemi fotovoltaici e i percorsi possono essere considerati, per analogia, come gli elementi che compongono il codice genetico.

Gli edifici, gli spazi coperti e i parcheggi coperti sono posizionati sulla griglia e tagliano trasversalmente il lotto, disponendosi quindi con il fronte lungo esposto a sud per aumentare la superficie captante dei moduli in copertura. La strada sul fronte ovest, con direzione nord-sud garantisce l'accessibilità. Abbondanti gli spazi porticati, pensati per garantire l'ombreggiamento necessario alle aree di aggregazione esterne. Gli edifici presentano sezioni con coperture a falde inclinate e orientate verso sud, in modo da ottimizzare la captazione dei pannelli fotovoltaici.

Le coperture inoltre determinano superfici aperte e chiuse, utili a definire le diverse strategie di ventilazione naturale degli spazi interni. Gli edifici industriali presentano un tipica copertura a "shed": i lucernari vengono determinati dall'utilizzo di elementi portanti in calcestruzzo armato, sagomati a forma di boomerang per consentire la corretta captazione dei moduli fotovoltaici, l'illuminazione indirette degli spazi interni e la loro ventilazione.

Le zone verdi sono disposte trasversalmente rispetto al lotto e sono pensate come dei piccoli orti coltivabili o frutteti. La loro irrigazione è alimentata da un sistema di pompaggio (Pv pumping).

Secondo classificato:

capogruppo: architetto Antonio Amendola
membri del gruppo: architetto Elvira Cerratti, dottoressa Giuseppina Stornelli

«L'Italian Green District in Marocco nasce dalla volontà di creare un organismo ibrido, dove industria e spazio pubblico si fondono in un unicum multifunzionale. Il concept si dissocia dalle impostazioni standard adottate comunemente per le aree produttive, abbracciando un nuovo modello secondo il quale la fabbrica, pur mantenendo degli spazi indipendenti per la corretta esecuzione delle attività industriali, è inserita in un più ampio sistema architettonico di compenetrazione con il verde, gli orti ed i viali ad uso collettivo».

Al terzo posto

capogruppo: ingegnere Casimiro Forte
membri del gruppo: ingegnere Luca Cabizzosu
collaboratrice: Luisa Melis

L'Italian Green District: «L'oasi urbana. La definizione di uno spazio di lavoro che permetta all'azienda e ai suoi fruitori di trarre il massimo beneficio dalle situazioni di contesto, un'oasi all'interno della quale creare un'ambiente ideale in cui produrre innovazione. Dall'oasi è partita anche l'idea architettonica»

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