Se compatibile con il carattere tipologico, formale e strutturale dell'edificio e se conforme alle prescrizioni del piano regolatore e dei piani attuativi, il cambio di destinazione d'uso è ammesso anche in caso di interventi di restauro e risanamento conservativo. A mettere nero su bianco è la manovra correttiva, in un primo momento varata dal Governo per rispondere ai rilievi sui conti pubblici presentati da Bruxelles, ma che in Parlamento ha fatto il pieno di misure di ogni tipo.
La cosiddetta "manovrina" durante l'iter alla Camera (si attende il voto di fiducia) ha inglobato una modifica al Testo unico Edilizia (Dpr 380 del 2001), che va a modificare la definizione di interventi di restauro e risanamento conservativo (articolo 3, comma 1, lettera c), intendendo per essi gli «Interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi.Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio».
La risposta alla sentenza della Corte di Cassazione
Quello del Parlamento è un intervento che risponde ad una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza numero 6873 del 2017), secondo la quale il mutamento di destinazione d'uso di un immobile esistente, che si realizzi attraverso opere edilizie, va sempre considerato come ristrutturazione edilizia, così come definita dal Tu. E ciò vale anche se i lavori sono di modesta entità. Pertanto il relativo intervento deve essere sempre assoggettato a permesso di costruire.
«La imprescindibile necessità di mantenere l'originaria destinazione d'uso caratterizza ancor oggi gli "interventi di manutenzione straordinaria"» e «altrettanto si dica per gli interventi di "restauro e risanamento conservativo"», si legge tra le conclusioni della sentenza.
La Cassazione era intervenuta, in particolare, sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, che aveva ad oggetto alcuni interventi realizzati sul Palazzo Tornabuoni-Corsi nel centro storico di Firenze. La sentenza aveva suscitato preoccupazione. L'Ordine degli Architetti di Firenze aveva, ad esempio, rivolto un accorato appello a tutti i parlamentari e a tutti i componenti del Governo per trovare un rimedio.
TU Edilizia (Dpr 380 del 2001), art. 3, comma 1 - lettera c
Definizione vigente di «INTERVENTI DI RESTAURO E DI RISANAMENTO CONSERVATIVO»
Interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio.
L'appello dell'Ordine e della Fondazione degli architetti di Firenze
«La sentenza - spiegava l'Ordine degli Architetti di Firenze in un comunicato - contrariamente a qualsiasi logica della dottrina urbanistica e del buon governo del territorio, e contrariamente alla normativa in vigore, afferma che non è possibile cambiare la destinazione d'uso di immobili esistenti a meno che sugli stessi non siano consentiti interventi di ristrutturazione edilizia».
«In questo momento - rimarcava il comunicato - migliaia di operazioni di riqualificazione e rigenerazione urbana che si erano avviate nel cuore delle nostre città storiche sono messe a rischio. A Firenze, in conseguenza del caos normativo con la complicità di uno strumento urbanistico inadeguato, si sta giungendo a una vera paralisi dell'attività edilizia. A farne le spese sono cittadini, investitori, imprese e professionisti che hanno operato in assoluta buona fede osservando la legge. A farne le spese sono le nostre città che si vuol condannare all'immobilismo. Il danno economico è enorme. Il danno di sfiducia verso le istituzioni del Paese è ancor più grande».
Mariagrazia Barletta
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