È stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, e andrà in vigore il prossimo 11 novembre, il decreto che il ministero dei Beni culturali (Mibact) ha emanato, di concerto con il ministero delle Infrastrutture (Mit), per stabilire i requisiti che le imprese devono possedere per partecipare agli appalti pubblici di lavori che hanno ad oggetto beni tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (DLgs 42 del 2004). Il decreto ministeriale definisce, tra le altre cose, i requisiti di qualificazione del direttore tecnico e fornisce anche alcune precisazioni sulla figura del progettista nell'ambito dei beni culturali.
Il regolamento era stato previsto dal nuovo Codice degli appalti (DLgs 50 del 2016), il quale, all'articolo 146 (comma 4) demandava ad un Dm la definizione «dei requisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degli esecutori dei lavori e le modalità di verifica ai fini dell'attestazione». Il nuovo regolamento si applica, in particolare, a tre tipologie di lavori pubblici:
• scavo archeologico, comprese le indagini archeologiche subacquee;
• monitoraggio, manutenzione e restauro dei beni culturali immobili;
• monitoraggio, manutenzione e restauro dei beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico.
Sempre in riferimento ai beni tutelati dal Codice e agli appalti pubblici, il Dm definisce, inoltre, gli elaborati che vanno a comporre i diversi livelli di progettazione (progetto di fattibilità tecnica ed economica, scheda tecnica, progetto definitivo ed esecutivo). L'elenco degli elaborati - si legge nel Dm - è esaustivo e sostitutivo rispetto a quanto stabilito nel decreto con cui il Ministero delle infrastrutture fissa i contenuti dei livelli di progettazione. Si tratta del decreto del Mit previsto dal Codice degli appalti e in via di emanazione.
Il Rup diventa il regista dei livelli di definizione dei progetti. Il Responsabile del procedimento può, a sua discrezione, decidere di applicare "sconti" sui contenuti definiti dal Dm per ciascuno dei tre livelli di definizione del progetto. Il Rup ha anche il potere di mandare in gara i lavori sulla base del definitivo (si vedano i paragrafi in basso).
I requisiti di qualificazione
L'articolo 13 del decreto ministeriale definisce i requisiti di qualificazione del direttore tecnico. Per quanto riguarda i lavori di restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice (categoria OG 2), la direzione tecnica per i lavori deve essere affidata ad un architetto iscritto alla sezione A dell'albo o ad un laureato in conservazione dei beni culturali (laurea magistrale). Sempre relativamente alla categoria OG 2, chi al 1° marzo 2000 (data di entrata in vigore del Dpr 34 del 2000 riguardante il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici) già svolgeva il ruolo di direttore tecnico, può conservare l'incarico presso la stessa impresa.
Sul fronte dei requisiti del progettista, il Dm richiama le linee guida dell'Anac sui servizi di architettura ed ingegneria, le cui previsioni restano valide anche sul piano dei beni culturali. In particolare, le linee guida dell'Anticorruzione affermano che la competenza progettuale, per quanto riguarda gli immobili di interesse storico artistico sottoposti a vincoli culturali (classe I categorie a), b), c), d) ed e) della legge 143 del '49), è riservata ai laureati in architettura o a soggetti muniti di laurea equipollente che consenta l'iscrizione all'albo degli architetti, sezione A.
Inoltre, le attività di progettazione e di direzione dei lavori nel campo dei beni culturali possono essere espletate da funzionari tecnici delle stazioni appaltanti, «in possesso di adeguata professionalità in relazione all'intervento da attuare».
Per approfondire si veda: Beni culturali: i requisiti di direttore tecnico e progettista nel nuovo regolamento Mibact-Mit
L'affidamento dei lavori può avvenire sulla base del definitivo
Il Dm individua alcuni casi in cui l'affidamento dei lavori può avvenire sulla base del progetto definitivo.
In particolare, la progettazione esecutiva può essere tralasciata «per i lavori su beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico», purché «non presentino complessità realizzative». È il caso - ad esempio della ripulitura e di altri interventi «che presentano caratteristiche di semplicità e serialità».
Inoltre, il Rup, nel valutare la natura del bene e il suo stato di conservazione, può ritenere che lo stato dell'opera non consenta l'esecuzione di analisi e rilievi esaustivi o che alcune soluzioni siano determinabili solo a cantiere aperto. In questo caso il Rup può disporre l'integrazione della progettazione in corso d'opera e bypassare la redazione dell'esecutivo. Dunque, l'impresa esecutrice dei lavori sottopone al Rup la documentazione riguardante la progettazione integrativa, che viene approvata previa valutazione della stazione appaltante.
Il Rup regista dei livelli di definizione dei progetti
«Per ogni intervento, il Responsabile unico del procedimento, nella fase di progettazione di fattibilità, - si legge al comma 6 dell'articolo 14 - stabilisce il successivo livello progettuale da porre a base di gara e valuta motivatamente, esclusivamente sulla base della natura e delle caratteristiche del bene e dell'intervento conservativo, la possibilità di ridurre i livelli di definizione progettuale ed i relativi contenuti dei vari livelli progettuali, salvaguardandone la qualità».
Mariagrazia Barletta
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