L'IDF Habitatat rappresenta un tassello urbano importante del piano attuativo della "Zac de Bords de Marne" e nasce da un concorso lanciato nel 2013 che ha visto la vittoria dello studio milanese Piuarch e Stefano Sbarbati Architecte, architetto torinese trasferitosi a Parigi agli esordi della sua carriera, affiancati dagli ingegneri di Incet Ingénierie.
Un progetto che interpreta in modo puntuale le preesistenze e i dati del contesto, una volumetria articolata che reagisce diversamente ad ogni stimolo sviluppando un ritmo autonomo per ogni facciata e offrendo ai dipendenti ambienti lavorativi liberi e flessibili strutturati da una maglia di spazi di socializzazione.
© Martin Argyroglo
IDF Habitat Headquarters
La ZAC des Bords de Marne e il contesto urbano
Situato a Champigny-sur-Marne, uno dei 131 comuni della Métropole du Grand Paris, la nuova sede di una delle più grandi società di social housing francese, l'IDF Habitat, rientra nel piano attuativo chiamato "Zac de Bords de Marne". Si tratta di un programma di riqualificazione e trasformazione di un'area dismessa delimitata dai binari della ferrovia, dall'industria Air Liquide e dalla Marna, una pianificazione che vuole definire un nuovo comparto sociale dalla forte identità culturale e produttiva connesso alla città.
Nato da un concorso lanciato nel 2013, l'edificio rappresenta un tassello importante di questo processo di trasformazione, configurandosi come un complesso efficiente dal punto di vista funzionale e inclusivo verso la città che lo ospita. Riqualificare l'area, generando anche un nuovo spazio pubblico era infatti tra gli obiettivi della competizione.
Il risultato è un fabbricato uniforme nel colore, ma articolato nella forma, si arretra in corrispondenza dell'entrata per creare una piazzetta pubblica, modula l'altezza in funzione delle attività che accoglie e calibra la trasparenza delle sue facciate secondo l'insolazione e il rapporto col pubblico: una volumetria che reagisce al contesto esterno e alle necessità delle funzioni interne. Il suo impianto a L, inoltre, permette di disegnare in pianta una gerarchia di spazi aperti dai margini chiari e ben definiti.
© Sergio Grazia
Le facciate e la loro autonomia, pari valore ad ogni prospetto
Ogni lato dell'edificio sembra rispondere in modo diverso al contesto che lo circonda. Gli architetti hanno sviluppato per ogni facciata una scansione autonoma, esplorando una gamma coerente di ritmi dal più permeabile al completamente compatto.
L'edificio così non ha un retro ma sviluppa per ogni sua faccia una valenza autonoma e coerente con il contesto e la funzione che svolge.
Il rapporto di pieni e vuoti a nord, in corrispondenza dell'ingresso e quindi della piazza, si fa completamente aperto, il prospetto diventa un sistema di loggiati di diversa altezza, la cui trama regolare è interrotta da alcune discontinuità che animano il disegno della facciata.
Una sezione animata dagli stessi utenti dell'edificio, uno spaccato della vita del fabbricato in cui si intravedono la lobby, le piccole sale riunioni, gli uffici privati e il corpo scala con gli spazi comuni.
A sud, est e ovest, là dove è necessario filtrare l'irraggiamento solare e creare una barriera acustica contro il rumore generato dal passaggio dei treni, il fronte si fa più compatto composto da una scansione uniforme e serrata di aperture verticali.
La modularità delle facciate è scandita da finestre della larghezza di 67,5 cm con un passo di 135 cm, un modo per produrre un'armonia dall'esterno e una più ampia flessibilità allo spazio interno.
© Martin Argyroglo
© Martin Argyroglo
Materialità e struttura
La compattezza e omogeneità delle superfici dell'involucro, che caratterizzano l'intera opera, sono realizzate in calcestruzzo gettato in opera e successivamente levigato, le facciate sono portanti e collegate da un solaio alveolare prefabbricato, un sistema costruttivo preso in prestito dalle strutture industriali, che permette di coprire una luce pari a 13 metri, senza alcuna necessità di appoggi intermedi.
La dotazione impiantistica, risponde alla necessità di liberare ogni piano da qualsiasi vincolo, e quindi scorre verticalmente, a partire dal locale tecnico posto sul tetto, nel punto di incrocio tra le due ali, per essere poi inserita nel pavimento galleggiante in corrispondenza di ciascun livello.
© Sergio Grazia
Flessibilità degli spazi ad ufficio
La nuova sede dell'IDF Habitat si compone di un basamento interamente dedicato a parcheggio, il terreno su cui insiste l'immobile è infatti a rischio inondazione, quattro piani di uffici e una terrazza in copertura, culmine di una rete di spazi di socializzazione che strutturano l'intero edificio.
La modularità della facciata, le scelte strutturali e l'organizzazione degli impianti infatti concorrono a creare ad ogni piano una pianta libera, disponibile a essere organizzata in base alle necessità della società.
Gli architetti hanno però deciso di inserire un unico elemento fisso nell'organizzazione dell'edificio, che sono le zone di incontro, una scansione continua di aree lavorative e ambienti collettivi interni ed esterni assicurano una grande qualità ambientale per i dipendenti.
© Martin Argyroglo
© Sergio Grazia
© Martin Argyroglo
Concorso ristretto, primo premio
59 Avenue Carnot, Champigny-sur-Marne, Francia
Progetto architettonico: Piuarch e Stefano Sbarbati
Progetto strutturale e impiantistico: Incet Ingénierie
Date: 2013-2017 costruito
Superficie costruita: 3.000 mq
Committente: IDF Habitat
Costo: 7.100.000 euro
Piuarch
Fondato nel 1996 da Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario, Piuarch è uno studio formato da quaranta tra architetti e ingegneri provenienti da ogni parte del mondo, guidati dai quattro partner e da 8 associati. Si occupa di architettura, spaziando dal retail per la moda alla progettazione di edifici per uffici, sino allo sviluppo di complessi residenziali, piani urbanistici e interventi di recupero per la cultura.
Vincitore del premio "Architetto Italiano dell'anno 2013" e di due Medaglie d'oro per Menzione d'Onore alla Triennale di Milano, più volte esposto alla Biennale di Architettura di Venezia, è uno dei principali nomi della scena architettonica milanese, con numerosi progetti sviluppati per prestigiosi brand di moda (Dolce&Gabbana, Gucci, Givenchy) e realizzati a livello internazionale.
Stefano Sbarbati Architecte
Nato a Torino, ha studiato nelle scuole politecniche di Torino e Madrid. Esercita invece la professione, fin dai suoi esordi a Parigi, inizialmente sviluppando operazioni a scala territoriale nello studio Architecture-Studio, tra il 2004 e il 2005, per poi inseguito seguire alcuni cantieri di edifici pubblici e residenze sociali all'interno dello studio Naud et Poux come capo progetto dal 2006 al 2011. Seguono poi esperienze di collaborazione da Ameller et Dubois nel 2012 e da Suzel Brout nel 2013. Fonda nel 2013 il suo proprio studio dove porta avanti con passione e responsabilità i propri progetti di architettura, caratterizzati sempre da un interesse sincero verso l'essere umano e le sue necessità.
Elisa Cavaglion
© Riproduzione riservata
pubblicato il: - ultimo aggiornamento: