Utilizzare i proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione, dai contributi di costruzione e dalle sanzioni in materia edilizia per finanziare la progettazione di opere pubbliche: dal 2018 si apre una nuova possibilità per i Comuni. Con il primo passaggio al Senato del disegno di legge di conversione del cosiddetto decreto fiscale, la progettazione di interventi in ambito pubblico riceve nuova benzina. Rafforzato anche il Fondo, istituito dalla "manovrina", con il quale il ministero dell'Interno assegna risorse a copertura delle spese per la progettazione di interventi antisismici di immobili appartenenti a Comuni ricadenti in zona sismica 1.
Il testo del disegno di legge passa ora alla Camera dove sarà esaminato in prima lettura.
Rafforzato il Fondo per la progettazione nei comuni a rischio sismico
Viene ampliato il Fondo per la progettazione definitiva ed esecutiva nelle zone a rischio sismico istituito con la "manovrina" (Dl 50 del 2017). Grazie a tale Fondo, come stabilito dal Dl 50 del 2017, vengono assegnati ai Comuni, compresi nelle zone a rischio sismico 1, contributi a copertura delle spese di progettazione definitiva ed esecutiva per opere pubbliche, fino a un limite di spesa pari a 5 milioni per il 2017 e a 15 milioni di euro per il 2018 e 20 milioni per il 2019.
Il disegno di legge di conversione del decreto fiscale rafforza il Fondo, incrementando i limiti di spesa che vengono elevati fino alla soglie di 25 milioni di euro per il 2018 e di 30 milioni per il 2019. Viene ampliato anche l'ambito di destinazione di tali risorse che si prevede possano essere utilizzate anche dai Comuni ricadenti in aree a rischio sismico 2. Al Senato, inoltre, si è deciso di considerare anche le opere per la prevenzione del rischio idrogeologico. Si prevede, dunque, di assegnare i contributi non solo per il miglioramento e l'adeguamento antisismico di immobili pubblici, ma anche per interventi volti a rendere meno vulnerabile il territorio dal punto di vista idrogeologico.
Gli importi stabiliti dai Comuni per le spese di progettazione, viene specificato nell'emendamento approvato in Senato, non possono superare le somme derivanti dall'applicazione del decreto parametri (decreto del ministero della Giustizia del 17 giugno 2016).
Ciascun Comune può inviare fino ad un massimo di tre richieste di contributo per la stessa annualità. Inoltre, dal 2018 cambiano i criteri di priorità in base ai quali il ministero dell'Interno, di concerto con il ministero dell'Economia, stabilisce l'assegnazione delle risorse richieste dai Comuni. Se non ci saranno ulteriori al testo del provvedimento, dal prossimo anno viaggeranno su una corsia preferenziale gli interventi di miglioramento e di adeguamento antisismico degli immobili pubblici costruiti con calcestruzzo prima del 1971 o in muratura portante. Questi avranno priorità assoluta nell'assegnazione delle risorse, seguiti dagli interventi di miglioramento e di adeguamento antisismico degli immobili pubblici, basati su verifiche di vulnerabilità sismica già effettuate. Mentre al terzo ordine delle priorità ci sono le opere indirizzate alla mitigazione del rischio idrogeologico.
Proventi dei titoli edilizi destinati anche alle spese di progettazione per opere pubbliche
Viene previsto che i proventi dei titoli abilitativi e delle sanzioni in materia edilizia siano destinati anche al finanziamento delle spese per la progettazione di opere pubbliche. Attualmente i proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione, dai contributi di costruzione e dalle sanzioni previste dal Testo unico Edilizia, possono essere utilizzati dai Comuni esclusivamente per un preciso elenco di operazioni, quali: manutenzione e realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, risanamento di periferie e centri storici, interventi di riuso e di rigenerazione e demolizioni di immobili abusivi, creazione di nuove aree verdi pubbliche e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio. Nella categoria "riqualificazione ambientale e del paesaggio" rientrano anche le opere di prevenzione idrogeologica e sismica e gli interventi finalizzati alla tutela e alla riqualificazione del patrimonio rurale pubblico.
Tale elenco, che dunque si arricchisce di una nuova voce, era stato introdotto dalla Manovra 2017, la quale aveva anche stabilito che dal 1° gennaio 2018 i Comuni non potessero più utilizzare i proventi dei titoli abilitativi e delle sanzioni in materia edilizia per "fare cassa". La legge di Bilancio 2017 - lo ricordiamo - aveva infatti abrogato la disposizione, introdotta dalla finanziaria 2008, che consentiva ai Comuni di utilizzare fino al 50 per cento di quei proventi per il finanziamento di spese correnti.
Ai fini fiscali castelli e palazzi storici non possono essere considerati rurali
Così come già stabilito per le abitazioni di tipo signorile e per le ville, ai fini fiscali i castelli e i palazzi di pregio artistico o storico, di categoria catastale A/9, non possono essere riconosciuti come immobili rurali.
Mariagrazia Barletta
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