La seduta modellata sul corpo umano all'ingresso del Can Lis, la casa di Maiorca disegnata dall'architetto danese Jørn Utzon, concepita come un «messaggio di benvenuto». Il museo di arte moderna di San Paolo (Brasile) di Lina Bo Bardi con il suo belvedere sulla città. La cattedrale di Albi (Francia) che esprime «la qualità eroica del mattone e allo stesso tempo lo smaterializza». E poi, l'edificio per abitazioni di via Santa Maria della Porta a Milano di Caccia Dominioni con le sue "straordinarie finestrature".
Le news sulla 16. Mostra Internazionale di Architettura
Yvonne Farrell e Shelley McNamara, curatrici della sedicesima Biennale di Architettura di Venezia, bloccate nelle loro abitazioni di Dublino da una tempesta di neve, impossibilitate a raggiungere Venezia per la conferenza stampa, usano una successione di immagini per spiegare la loro «Freespace». Una sequenza che termina con i nomi dei 71 partecipanti alla Mostra internazionale che aprirà il 26 maggio per chiudere il 25 novembre 2018.
Alla presentazione di venerdì 2 marzo, a Venezia, le due socie dello studio Grafton - in collegamento via Skype - hanno spiegato lo spirito della prossima Biennale di Architettura ricorrendo ad esempi di architetture di ogni epoca, compresi i loro lavori. Tra questi la sede dell'Università Bocconi a Milano, con la grande vetrata di ingresso alta 8 metri che mette in connessione la città con lo spazio interno. Filo conduttore della carrellata di immagini è il concetto di dono che l'architettura può fare alla città e ai cittadini.
Il dono può essere uno spazio libero, come nel caso della Bocconi; un nuovo spazio pubblico, come nel caso del museo di Lina Bo Bardi o, ancora, una facciata di grande pregio che diventa una preziosa quinta di uno spazio urbano, come insegna l'edificio di Caccia Dominioni. Ma può essere anche un dettaglio, poetico, che sa parlare allo spirito, come la panca di Utzon. Insomma, «Freespace» - come si legge nello stesso manifesto elaborato dalle curatrici - celebra «la generosità di spirito e il senso di umanità che l'architettura colloca al centro della propria agenda, concentrando l'attenzione sulla qualità stessa dello spazio».
Parola chiave: «Dono»
Le immagini citate sono servite al duo irlandese per spiegare ancora la nozione di «Freespace». E, il ricorso ad esempi del passato, più o meno recente, diventa necessario. Farrel e McNamara se ne servono per dettagliare il concetto di «Freespace» e far capire cosa hanno ricercato nei progetti che saranno esposti negli spazi delle Corderie e del Padiglione centrale. Far capire sì, ma senza svelare i progetti in mostra, così, all'apertura dei battenti, l'effetto sorpresa sarà salvo.
«Con l'obiettivo di promuovere il "desiderio" di architettura», ha spiegato il presidente della Biennale, Paolo Baratta, l'edizione 2018 della Mostra «pone al centro dell'attenzione la questione dello spazio, della qualità dello spazio, dello spazio libero e gratuito». Anche il presidente si è soffermato sul concetto del dono. L'architettura come dono può provenire da spazi pubblici, ma anche da azioni di privati. «L'architettura può giovare alla società civile come azione pubblica o dono privato»: il presidente ha ricordato come «il più diabolico dei mercanti veneziani quando costruiva per sé sapeva che stava costruendo per la città». Ecco allora che il dono poteva essere un porticato, un giardino nascosto, una preziosa facciata.
Yvonne Farrell e Shelley McNamara. Foto di Andrea Avezzù, Courtesy of La Biennale di Venezia
«Per noi l'architettura è la traduzione di necessità - nel significato più ampio della parola - in spazio significativo. Nel tentativo di tradurre Freespace in uno dei tanti splendidi linguaggi del mondo, speriamo che possa dischiudere il 'dono' che l'invenzione architettonica ha la potenzialità di elargire con ogni progetto» ha affermato Shelley McNamara. «La nostra speranza - ha ribadito - è che la parola Freespace ci permetta di sondare le aspirazioni, le ambizioni e la generosità dell'architettura».
Cosa aspettarsi dai 71 partecipanti
Tra i 71 partecipanti troviamo nomi noti e altri che lo sono meno, scelti in un lavoro di ricerca, «un viaggio» intrapreso per «ricercare i progetti che sposassero la teoria del manifesto». Partecipano, tra gli altri, Álvaro Siza, Peter Zumthor, Aurelio Galfetti, Big - Bjarke Ingels Group, Caruso St John, David Chipperfield, Diller Scofidio + Renfro, Alejandro Aravena, lo studio Sanaa, Lacaton & Vassal, Mattharoo Associated, O' Donnel + Tuomey, Pauolo Mendez da Rocha, Rafael Moneo, Sauerbruch Hutton, Souto de Moura, Odile Decq e Toyo Ito, solo per citarne alcuni.
Per l'Italia, ci saranno Cino Zucchi, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Benedetta Tagliabue, Francesca Torzo Architetto e Laura Peretti.
Al di là dei nomi, ciò che sembra bisognerà aspettarsi dalla prossima Biennale è una riflessione su un'architettura più umana, vicina ai bisogni dell'uomo. Un'architettura che sappia parlare allo spirito, sappia esaltare i doni della natura, come la luce, i materiali naturali e artificiali, i colori e che - come più volte Farrel e McNamara hanno sottolineato - «consideri il pianeta come un cliente». Insomma un'architettura che, nel rispetto dei luoghi e dell'ambiente, sappia diventare poesia. Resta da scoprire se gli esempi scelti sapranno essere all'altezza delle parole.
di Mariagrazia Barletta
Padiglione Centrale Giardini Photo by Francesco Galli Courtesy of La Biennale di Venezia
I padiglioni nazionali
La Mostra sarà affiancata da 65 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all'Arsenale e nel centro storico di Venezia.
Sono 7 i paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan, e Santa Sede (con un proprio padiglione sull'Isola di San Giorgio Maggiore).
Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane, come è noto, sarà curato Mario Cucinella. Il tema "Arcipelago Italia" racchiude una ricerca sulle aree interne che include anche progetti concreti, volti a dare nuovo futuro a 5 luoghi del Paese.
I progetti speciali
Saranno due i progetti speciali della Biennale Architettura di quest'anno:
• il progetto speciale Forte Marghera a Mestre, a cura di Yvonne Farrell e Shelley McNamara, consiste in un'installazione degli architetti Sami Rintala e Dagur Eggertsson, realizzata anche per ospitare alcune manifestazioni in programma a Forte Marghera.
• il progetto speciale al Padiglione delle Arti Applicate presso le Sale d'Armi dell'Arsenale, si interroga sul futuro del social housing presentando un frammento del complesso di case popolari, Robin Hood Gardens, che fu progettato da Alison e Peter Smithson nell'East London e completato nel 1972. Resa possibile grazie alla collaborazione della Biennale con il Victoria and Albert Museum di Londra che si rinnova per il terzo anno consecutivo, la mostra è a cura di Christopher Turner e Olivia Horsfall Turner.
Meetings on architecture
La Biennale Architettura 2018 sarà accompagnata per tutto il periodo di apertura da un programma di conversazioni: i Meetings on Architecture, a cura di Farrell e McNamara, costituiscono l'opportunità di discutere le diverse interpretazioni del Manifesto FREESPACE e di ascoltare dal vivo le voci dei protagonisti della Mostra.
Biennale sessions
Si rinnova per il nono anno consecutivo, e dopo il successo delle edizioni precedenti, il progetto Biennale Sessions che La Biennale dedica alle istituzioni operanti nella ricerca e nella formazione nel campo dell'architettura, delle arti e nei campi affini, Università e Accademie. L'obiettivo è quello di offrire una facilitazione a visite di tre giorni da loro organizzate per gruppi di almeno 50 tra studenti e docenti, con la possibilità di organizzare seminari in luoghi di mostra offerti gratuitamente e assistenza all'organizzazione del viaggio e soggiorno.
#focus.biennale.2018 - 16. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia
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