Qualità del progetto. Spazio ai concorsi di progettazione (non di idee) aperti e con retribuzione assicurata ai partecipanti. Ed educare la domanda di architettura. Sono alcuni dei temi dibattuti all'VIII Congresso degli Architetti in corso di svolgimento a Roma, all'Auditorium Parco della musica (chiuderà sabato).
È un congresso che parla alle istituzioni politiche, ai cittadini, alle amministrazioni pubbliche, non solo alla ristretta cerchia dei professionisti. L'obiettivo: riattivare un serio dibattito sul futuro delle città e dei territori, chiedendo, come accade in tante città d'Europa, e non solo, che venga anche in Italia adottata una visione strategica,e a lungo raggio, per disegnare il futuro delle nostre città, prendendo in considerazione le dinamiche economiche, culturali, demografiche in atto.
«Quella che stiamo vivendo, è una nuova stagione che richiede una grande capacità di visione strategica, di pianificazione, di progettazione, di risposte concrete, di investimenti strutturali e non straordinari elargiti a pioggia», ha affermato il presidente degli Architetti Giuseppe Cappochin nel suo discorso di apertura.
Spazio ai concorsi di progettazione aperti in due gradi
Se la qualità della vita si lega alla qualità dell'architettura e una buona architettura nasce da buoni progetti, allora è fondamentale servirsi dello strumento del concorso, che sia aperto a tutti, in due gradi, che non sbarri la strada a chi non ha requisiti di fatturato e un super-curriculum. Concorsi che, per garantire la qualità del progetto, devono remunerare chi vi partecipa, ossia i concorrenti della seconda fase a cui viene chiesto il progetto. Insomma, è la descrizione del bando-tipo messo a punto dal Consiglio nazionale e sperimentato con successo con il concorso, da poco conclusosi, per un edificio di edilizia convenzionata nelle aree ex Falck di Sesto San Giovanni, vinto dallo studio 02 arch.
La richiesta di un Piano d'Azione Nazionale per le città sostenibili
È un congresso fatto di proposte. «Chiediamo con forza al nuovo Governo la realizzazione di un "Piano d'Azione Nazionale per le città sostenibili" che, partendo dall'esigenza strategica di "costruire sul costruito" e di trasformare le periferie degradate in pezzi di città policentrica, sia accompagnato da un programma decennale di finanziamento strutturale per la progettazione ed attuazione di interventi che, in forma coerente e integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l'ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Un programma che, anziché disperdere risorse a pioggia e in mille rivoli, le concentri in progetti urbani integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale e innovazione, riproducibili in diversi contesti», ha continuato Cappochin.
"L'Italia - ha proseguito - ha bisogno di una politica pubblica per le città per superare l'inadeguatezza della strumentazione urbanistica vigente, il crescente peso della rendita nell'economia urbana e la più grave crisi del dopoguerra del mercato immobiliare: ecco perché il governo delle città deve diventare oggetto prioritario delle politiche pubbliche e del dibattito politico culturale perché quella che stiamo vivendo è una nuova stagione che richiede una grande capacità di pianificazione, di progettazione, di risposte concrete, di investimenti strutturali e non straordinari elargiti a pioggia».
Territori e città grandi assenti nel contratto di Governo
«È un dato preoccupante - ha affermato Cappochin - l'assenza di questi temi dal programma - o "contratto" - con il quale l'Esecutivo si è presentato alle Camere. Ciononostante dal nuovo Governo ci aspettiamo un ripensamento, una svolta, per affrontare al meglio la competizione, in atto da tempo, tra le città europee che sono in grado di offrire alta qualità della vita e opportunità di lavoro, e di attirare soprattutto i giovani. A vincere questa competizione saranno quelle città che sapranno riportare le persone al centro del progetto di rigenerazione urbana».
Una legge che riconosca l'architettura e il paesaggio come patrimonio comune di interesse pubblico
L'idea di una legge per la "qualità dell'architettura" non è certamente nuova, oggetto da tempo di tante battaglie sempre naufragate, a partire dal 1999, quando l'allora presidente Raffaele Sirica al Congresso di Torino lanciò con grinta l'istanza per una legge sulla qualità dell'ambiente urbano e rurale, l'idea iniziò il suo percorso ma poi naufragò. La grinta non fu premiata.
Cappochin ci riprova, così gli architetti propongono una legge ad hoc (si veda l'allegato in basso). «Oggi, nel nostro Paese - dice - alla luce delle trasformazioni ambientali e sociali in atto, è necessaria la definizione di una legge che tratti specificatamente la materia, al fine di garantire il benessere della collettività e delle generazioni future, riconoscendo l'architettura e il paesaggio come patrimonio comune di interesse pubblico. La previsione dell'art. 9, secondo comma, della Costituzione Italiana, secondo cui la Repubblica "Tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione" e l'obbligo costituzionale di promozione della cultura e della ricerca, che grava su tutte le articolazioni della Repubblica e quindi tanto sullo Stato, quanto su Regioni ed Enti Locali, legittimano l'introduzione di una normativa sulla valorizzazione dell'architettura, per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del suo interesse pubblico».
Legge per l'Architettura, il testo
Educare la domanda di architettura
«Per generare una cultura della domanda di architettura - ha concluso il Presidente degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani - l'architettura deve entrare anche nelle scuole: solo così si potrà ridurre l'assuefazione ad una edilizia mediocre e scardinare l'idea che all'architetto ci si debba rivolgere solo quando si voglia l'effetto stupefacente di una costruzione ardita o una sequenza armonica di grigi nel design di un interno all'ultima moda».
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