Chi di noi non ha nel cassetto il sogno di una full immersion negli Stati Uniti alla scoperta delle architetture che hanno fatto e continuano a scrivere la storia? Da Houston a Chicago, da Dallas a Boston, fino a New York, lunghe distanze e ore di viaggio ripagati dalla vista di edifici simbolo di un rigore e una bellezza disarmanti.
Sensazioni uniche come il sentirsi piccoli piccoli di fronte al grattacielo del New York Times firmato Renzo Piano Building Workshop o immergersi nel capolavoro della Exeter Library di Louis Kahn, nella natura che circonda il Kimbell Museum; o entrare fisicamente nella Robie House di Wright, o ancora perdersi nel Guggenheim Museum.
Lo stesso Le Corbusier affermava: "Per cento volte ho pensato: New York è una catastrofe. E cinquanta volte ho aggiunto: una meravigliosa catastrofe". Tutti i grandi maestri dell'architettura stanno lì, e proprio lì ha preso il via la terza e ultima parte del Renzo Piano World Tour che volge ormai al termine.
Stilare un elenco completo delle architetture da vedere sarebbe impossibile, strutture d'interesse collettivo sembrano spuntare come funghi. Con l'aiuto di Thomas, Ioanna e Ricardo abbiamo però appuntato un elenco di edifici che meritano sicuramente di essere visitati qualora si stia progettando un tour statunitense.
1. TEXAS | Kimbell Museum | Louis Kahn + RPBW
Nell'area metropolitana di Dallas, immancabile la visita al Kimbell Art Museum di Fort Worth progettato nel 1971 da Luis Kahn, sede di uno dei più importanti musei d'arte americani, poi ampliato da RPBW con un padiglione dedicato alle attività didattiche e altre sale d'esposizione.
Thomas, trovandosi davanti, scrive così: "Louis Kahn permette alla materia di dormire fino a quando il nostro sguardo non si posa su di essa. Il Kimbell Art Museum è accumulazione di consapevolezza con un profondo rispetto per la vita umana. [...]. Rivestimenti in travertino e lunghe travi in calcestruzzo annullano il tempo nel nostro spazio mentale, lasciando la parola alla luce. Lo spirito del Pantheon, la saggezza della navata di Sant'Andrea, un luogo in cui le cicale amplificherebbero quello che già l'umidità fa".
Un edificio in bilico tra classicismo e modernismo, caratterizzato da una sequenza parallela di volte a botte con lunghe fessure nel colmo che illuminano in maniera naturale le gallerie. L'ingresso rialzato e arretrato di due moduli per far cogliere in toto la sintesi progettuale e le vasche esterne "che purificano il viandante" fanno di questa struttura un esempio di ambiente intimo capace di esaltare l'esperienza di arte in mostra.
photo 1: Ioanna Mitropoulou | photo 2: Ricardo Fernandez Gonzales
photo 3: Ricardo Fernandez Gonzales | photo 4: Ricardo Fernandez Gonzales
Spostando un po' lo sguardo "abbastanza vicino per una conversazione" ecco emergere anche l'ampliamento del Kimbell Art Museum di RPBW costruito nei primi anni Duemila in concomitanza con l'aumentare delle attività del museo. L'edificio segue i tratti del museo di Kahn, in altezza, esaltazione della luce naturale, direzionalità dell'edificio e ritmo con pareti sono in cemento grigio chiaro. Ventinove coppie di travi in legno sostengono il sistema di copertura distanziato dalle travi, le quali, a loro volta, si distaccano dalle pareti dando l'impressione di galleggiare: un'architettura riuscita in ogni suo dettaglio.
© photo 1-2: Renzo Piano Building Workshop
2. TEXAS | Menil Collection | RPBW
A Houston, non distante dal Kimbell Museum ecco l'imperdibile Menil Collection, progetto ideato da RPBW nel 1982 per ospitare la collezione d'arte primitiva, surrealista e contemporanea della collezionista Dominique de Menil.
L'edificio si inserisce in un parco al centro della città, in un'area residenziale di villette ottocentesche unifamiliari in legno, che ispirano il progetto del museo nella ripresa del principio di balloon-frame in facciata.
L'intera struttura si contraddistingue per la sua semplicità, priva di ogni elemento monumentale ma estremamente attenta all'utilizzo della luce naturale: la copertura, costituita da circa 300 foglie parallele di vetrocemento è sicuramente l'elemento caratteristico, concepito come una sorta di "solar machine" in grado di catturare la luce solare dall'alto e di diffonderla in maniera zenitale al suo interno. Ne deriva un ambiente interno mutevole che si modifica in relazione ai cambiamenti climatici.
photo: Ioanna Mitropoulou
3. NEW HAMPSHIRE | Exeter Library | Louis Kahn
Spostandosi più a nord verso Boston, impossibile non fare tappa alla Phillips Exeter Academy Library di Louis Kahn. Un'architettura grandiosa dal linguaggio sublime dove simmetria e proporzione rendono l'intero progetto un capolavoro, il centro intellettuale dell'Università. Non solo il contenitore di 250.000 volumi, bensì un laboratorio per la ricerca e la sperimentazione, un tranquillo rifugio per lo studio, la lettura e il pensiero. La luce naturale fa da padrona insinuandosi attraverso le grandi aperture che le permettono di diffondersi liberamente grazie all'assenza di divisioni interne. Il grande vuoto al centro dell'edificio unifica visivamente l'intera biblioteca e consente al visitatore di comprenderne l'intero progetto a prima vista. Dal centro dell'edificio, alzando gli occhi verso il soffitto, un'enorme croce strutturale in calcestruzzo taglia diagonalmente la maglia quadrata sovrastando la struttura. Il patio centrale, attraverso i tagli nella sommità delle pareti, consente alla luce di penetrare lateralmente e, grazie alle quattro circonferenze, libera i piani verso lo spazio centrale, inscrivendo simbolicamente l'unione tra arte e scienza: "l'uomo Vitruviano al centro dell'universo".
L'utilizzo del mattone per l'esterno, richiesto dalla committenza, viene utilizzato da Kahn in maniera egregia, in perfetto dialogo con gli altri materiali utilizzati, quali cemento a vista, granito del Vermont, teak, ardesia blu-nera per rivestire i gradini dei corpi scala, travertino di Carrara per la scala d'ingresso e il pavimento del volume centrale.
Dall'esterno invece, osservando l'edificio da lontano e frontalmente a uno dei vertici, sembra di vedere un libro aperto posato sull'erba.
photo 1: Thomas Pepino | photo 2: Ioanna Mitropoulou | sketch 3: Ricardo Fernandez Gonzales
4. ILLINOIS | Crown Hall | Mies van der Rohe
Dirigendosi a Chicago, merita sicuramente una visita l'Illinois Instutute of Technology realizzato tra il 1939 e il 1958 su progetto di Mies van der Rohe, e in particolare la sua Crown Hall.
A caratterizzare la struttura è innanzitutto l'assenza di mattoni: essa è infatti pensata come una successione di quattro portali che sostengono l'involucro vero e proprio dell'edificio costituito dalla copertura e da pareti di tamponamento completamente in vetro e acciaio. Il progetto si basa su una griglia le cui dimensioni sono determinate dalle dimensioni delle stanze, a loro volta subordinate alla grandezza degli arredi quali tavoli da disegno e banchi da laboratorio. In altre parole, il progetto complessivo prende vita a partire dagli arredi, ovvero gli elementi con i quali si interfacciano in maniera diretta i fruitori che sperimentano qui anche l'idea di Mies dello spazio universale. Analizzando la Crown Hall nel dettaglio si nota la valenza decorativa dei profilati in acciaio che rimarcano la regola compositiva dell'intero edificio: un'interpretazione della tecnica già vista nei precedenti progetti di Mies che trova qui massima espressione, dichiarando in una conferenza tenuta proprio all'IIT nel 1950: "Ogni qualvolta la tecnologia raggiunge il suo reale compimento, essa trascende nell'architettura. È vero che l'architettura dipende dai fatti, ma il suo reale campo di attività è il territorio del significato".
photo 1-2: Ioanna Mitropoulou
5. ILLINOIS | Frederick C. Robie House | Frank Lloyd Wright
"Mies si libra nel cielo come la tromba di Davis, Wright dalla sua posizione resta basso e abbraccia la natura".
Ed ecco un esempio dell'architettura organica di Frank Lloyd Wright, uno dei modelli che hanno segnato la storia dell'architettura. Si tratta della Frederick C. Robie House, progettata tra il 1908 e il 1909 a Chicago ed oggi una dei National Historic Landmark.
"Il modulo corbusiano ha rappresentato l'adattabilità dell'architettura all'uomo, Wright usa se stesso come modulo". Rapporti bassi e lunghi, materiali semplici e ornamenti classicheggianti elementi ricorrenti dell'architettura wrightiana. Qui la scelta ricade sul mattone romano per sottolineare l'orizzontalità riprodotta sia esternamente che internamente. Ancora una volta infatti appare evidente come quest'architettura nasca a partire dall'ambiente che la accoglie, come fosse proprio un frutto del terreno stesso.
photo: Thomas Pepino
Qualche giorno a New York
"Era troppo per crederla vera; così complicata, immensa, insondabile. E così bella, vista da lontano: canyon d'ombra e di luce, scoppi di sole sulle facciate in cristallo, e il crepuscolo rosa che incorona i grattacieli come ombre senza sfondo drappeggiate su potenti abissi". Parola di Jack Kerouac, e come dargli torto?
New York è una di quelle metropoli dove l'occhio è costantemente attratto da qualcosa "dove razze, estro, cultura, cibo e pazzia, si mescolano ai piedi dei grattacieli".
Qui l'architettura regna sovrana. Chi ama stare costantemente col naso all'insù non potrà perdere il grattacielo sede del New York Times progettato da RPBW nel 2004: raffinato, di classe, con geometrie che permettono di vedere attraverso le facciate dell'edificio in base all'ora e al punto da cui si osserva. La lobby ha tanti piccoli display sulle pareti, tornelli di colore vivo e parapetti delle scale di colore rosso. Il patio retrostante è composto da betulle e molto verde. Proseguendo, come non citare il Seagrams Building, anno 1958, padre dei grattacieli moderni, frutto del genio di Mies van der Rohe, che con la sua acutissima sensibilità spezza le regole arretrando la struttura dal fronte strada e monumentalizzando l'opera. Attraverso il podio di granito, la trasparenza della lobby, i soffitti bianchi, il bronzo e il vetro fumè, sacralizza lo spazio come un tempio shintoista.
photo 1: New York Times, RPBW
photo 2: Seagrams Building, Mies van der Rohe by Thomas Pepino
Scontata forse, ma sempre meglio ricordarla, una tappa al Guggenheim Museum, uno degli edifici simbolo della città. Uno spesso nastro bianco avvolto attorno ad un cilindro più ampio in cima che alla base. Una forma ben diversa dai circostanti grattacieli, fatto assai gradito a Wright in quanto "al suo cospetto il Metropolitan Museum of Art sarebbe apparso simile a una baracca". Entrando nel Museo il visitatore si ritrova al centro di un enorme atrio a tutta altezza che si innalza fino a una cupola di vetro, attorno alla quale, per continuità con l'esterno si "arrotola" una rampa di 6 piani, l'essenza vera e propria del museo, semplice quanto efficace: a partire da essa prende vita tutto il percorso che si affaccia sull'atrio. Dalla parte opposta si sviluppano le gallerie espositive delimitate solamente dai pilastri strutturali dell'edificio, stratagemma atto a generare una completa libertà sia spaziale che dal punto di vista della fruizione della mostra.
photo: Ioanna Mitropoulou
Infine, una passeggiata a Central Park, sull'Highline o la vista della città dalla terrazza del Whitney Museum of American Art | RPBW renderanno il viaggio ancora più piacevole.
A breve incontreremo i tre ragazzi per farci raccontare di persona questa lunga esperienza in giro per il mondo e, magari, riusciremo a farci suggerire ancora qualche edificio imperdibile da visitare.
photo: Thomas Pepino
di Elisa Scapicchio
#RPWT.2018 - Renzo Piano World Tour Award 2018
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