Indipendentemente dalla laurea conseguita, l'iscrizione ad Inarcassa va valutata in base all'attività lavorativa effettivamente svolta. A dirlo è la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 20389 del 2018. Spesso architetti e ingegneri si trovano a svolgere attività diverse da quelle riservate per legge a tali categorie professionali. Ed allora possono nascere dubbi riguardo alla cassa di previdenza alla quale dover versare i contributi.
Due diversi indirizzi interpretativi
L'argomento non è nuovo e le conclusioni a cui sono giunte nel tempo le sentenze hanno sempre evidenziato almeno due diversi indirizzi interpretativi. Da una parte le interpretazioni più restrittive (Cass. n. 11154/2004 e 2468/2005) attribuivano l'obbligo di versamento degli oneri previdenziali a Inarcassa alle sole "attività riservate", per legge, alle categorie di architetto o di ingegnere (Rd 2537/1925 - artt. 51 e 52).
Dall'altra vi sono interpretazioni meno restrittive. Ad esempio, con la sentenza 14684/2012 la Cassazione aveva affermato che se l'attività svolta da un libero professionista, architetto o ingegnere, non è tra quelle riservate agli iscritti al proprio albo di appartenenza, i redditi che ne derivano sono comunque soggetti a contribuzione previdenziale obbligatoria a favore di Inarcassa, purché, però, il bagaglio culturale tipico del professionista entri in gioco per lo svolgimento di quella particolare attività.
In altre parole - secondo la sentenza del 2012 - se un architetto o ingegnere, nello svolgere un'attività libero-professionale, mette a frutto le specifiche competenze tecniche che fanno parte del bagaglio culturale tipico della categoria cui appartiene, allora i relativi contributi vanno versati a Inarcassa.
Ai fini dell'iscrizione a Inarcassa va valutata l'attività effettivamente svolta
Con la recente sentenza 20389 del 2018 la Cassazione afferma che ai fini dell'iscrizione a Inarcassa va valutata l'attività effettivamente svolta. La sentenza ha valutato, nello specifico, il caso di un ingegnere nucleare che aveva svolto analisi di mercato per un'azienda. Dunque un'attività legata alla consulenza nell'ambito delle strategie di marketing.
«Sulla scorta dei principi già rilasciati da questa Corte, - si legge nella sentenza - deve evidenziarsi il rilievo che assume, ai fini dell'iscrizione, l'oggettiva valutazione dell'attività svolta, avendo il profilo soggettivo, ovvero la qualità di ingegnere e il bagaglio professionale a ciò collegato, solo un peso indiretto costituito, eventualmente, dall'utilizzo delle cognizioni possedute in ragione del titolo conseguito».
«Il possesso di una laurea in ingegneria nucleare ed il bagaglio culturale a ciò conseguente, risultano elementi estranei alla concreta attività di analisi marketing», afferma la Cassazione, di conseguenza i contributi ad Inarcassa in tal caso non sono dovuti.
di Mariagrazia Barletta
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