Museo di Castelvecchio: l'ultimo tassello del restauro di Carlo Scarpa

il progetto di Studio Bricolo Falsarella in armonia tra passato e presente

Lo Studio Bricolo Falsarella firma a Verona un intervento di recupero emblematico sul tema del rapporto nuovo-esistente in architettura, concludendo il restauro del Museo di Castelvecchio a Verona lasciato incompiuto da Carlo Scarpa nel 1964.

Essere i successori di uno dei maestri italiani della progettazione museale non è cosa facile e lo studio veronese riesce nell'impresa proponendo un intervento incentrato sul concetto di dialogo, con un allestimento totalmente reversibile, in continuità con le idee scarpiane ma fedele alle tendenze contemporanee.


© Nicolò Galeazzi / Atelier XYZ

L'intervento di Carlo Scarpa

Il Museo di Castelvecchio risiede tra le mura di un castello costruito da Cangrande II della Scala nella metà del 1300. L'intervento di Scarpa, iniziato nel 1958, è il risultato di un metodo di lavoro esemplare volto a riportare in evidenza le parti originali dell'edificio attraverso particolari accorgimenti come le finestre aperte nel pavimento o i tagli che consentono la lettura delle successive stratificazioni del monumento. 

Carlo Scarpa si occupa anche della progettazione del percorso museale e del sistema di allestimento, essenziale e rigoroso, che mette le opere in connessione visiva tra loro raggiungendo il suo punto saliente nell'esposizione della statua equestre di Cangrande I della Scala.


© Nicolò Galeazzi / Atelier XYZ

L'ala est del Museo: un dialogo con la preesistenza fisica e visiva

Il progetto dello Studio Bricolo Falsarella si concentra sul recupero dell'ala est del Museo e vede come fulcro la nuova Sala del Mosaico disegnata per ospitare un grande frammento di una pavimentazione romana proveniente da una domus del II secolo d.C. rinvenuta nella piazzetta posta sul lato est del castello, tra l'antica Via Postumia e l'Adige.

L'accesso alla nuova sala espositiva è anticipato da un grande e sottilissimo pannello in ferro che risolve la doppia funzione dell'androne: quella di condurre alla Sala Mosaico o allo spazio mostre conferenze chiamato Sala Boggian.

Il pannello diventa quindi filtro necessario ma anche elemento compositivo che sembra completare l'insieme materico dato dai mattoni a vista, l'intonaco e le scale, un espediente narrativo che divide e unisce, anticipa e rallenta, separa invitando al passaggio. 

Le due incisioni orizzontali completano l'oggetto rielaborano il font ideato da Scarpa, ma mai realizzato, per l'ingresso alla sala concerti.


© Nicolò Galeazzi / Atelier XYZ

Entrati nella sala il mosaico acquista tutta la sua importanza, il suo posizionamento, in diagonale rispetto alla pianta, permette di essere visto nella sua interezza dall'interno e dall'esterno della sala, riprendendo l'intervento scarpiano che prevedeva un sistema di porte che collegano il Museo alla piazzetta dell'Arco dei Gavi, dove sono stati rinvenuti la domus e il mosaico stesso. 

Le polifonie materiche degli interni procedono a due intensità, gli intonaci e le muratura a vista raccontano la storia dell'edificio, mentre le superfici riflettenti in ferro nero inseriscono nel progetto il tema del passaggio, delle ombre e del movimento, in questa narrazione si inseriscono anche i lavabi, basati sul principio della tracimazione dell'acqua. La rubinetteria in acciaio, realizzata da CEA, riprende le linee rotonde dei lavabi mentre le bocche di erogazione ricordano le sorgenti d'acqua, tanto care a Carlo Scarpa. 


© Nicolò Galeazzi / Atelier XYZ

Museo di Castelvecchio

Verona, Corso Castelvecchio, 2
lunedì ore 13.30 - 19.30
martedì - domenica ore 8.30 - 19.30
https://museodicastelvecchio.comune.verona.it/

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