La storia della città e del territorio narrata attraverso i reperti archeologici. Succede a Ravenna, dove tutto ha origine da una maxi-operazione di rigenerazione che fa rinascere il vecchio zuccherificio Eridania, insieme all'immenso parco di circa un ettaro e mezzo. Gli spazi nell'ex relitto industriale sono stati aperti al pubblico sabato 1 dicembre, dopo il tradizionale taglio del nastro. Data che dunque ha dato avvio ad un luogo attivo sul fronte della ricerca e dotato di un allestimento flessibile, così come richiedono i più moderni standard museali. Il suo nome è Classis Ravenna e sorge a pochi passi dalla Basilica di Sant'Apollinare, ai margini del parco archeologico di Classe.
Dove, fino agli anni Settanta del Novecento, gli operai trasformavano tonnellate di barbabietole in zucchero che raggiungeva, per nave e per ferrovia, anche l'Europa, ora viene raccontata la storia di Ravenna (dai primi insediamenti alla civiltà etrusca, dall'antichità romana alle fasi gota e bizantina, fino all'alto Medio Evo) e dell'antica città portuale di Classe. In tutto, 2.600 metri quadri tra le imponenti campate del rinato esempio di archeologia industriale.
Sempre il 1° dicembre, si è consumata l'inaugurazione dell'anno. È ora aperto al pubblico l'M9, l'attesissimo museo del Novecento di Mestre, firmato dallo studio berlinese Sauerbruch Hutton. vai all'articolo di Elisa Scapicchio
Vetrate, portali e basamenti bassi in ferro sono gli elementi caratterizzanti dello spazio architettonico. L'allestimento si adatta e interpreta la spazialità del luogo.
Il restauro conservativo dell'edificio industriale è stato curato da Marcello Vittorini. La progettazione del museo è stata affidata all'architetto Andrea Mandara, che ha operato al servizio del comitato scientifico coordinato dal professore Andrea Carandini.
«I materiali archeologici esposti testimoniano l'evoluzione del territorio ravennate e la multietnicità delle sue popolazioni seguendo una "linea del tempo" che, con apparati grafici e visivi, accompagna il pubblico creando uno stretto rapporto tra la storia e i materiali archeologici esposti. Il disegno stesso degli espositori che accolgono i materiali archeologici "avvolge" il pubblico con vetrate, apparati grafici, visivi e sonori», scrive Mandara. «L'architettura restaurata del vecchio zuccherificio - aggiunge - continua ad essere pienamente visibile agli occhi del visitatore. Ampi spazi di percorrenza, valorizzazione delle doppie e triple altezze con la presenza di teli grafici di grandi dimensioni e in alcuni casi con proiezioni dall'alto confermano lo stretto rapporto tra visitatore e architettura della fabbrica recuperata».
Ma, la funzione del museo non si esaurisce con l'attività espositiva. Classis è una struttura ricca di rimandi ad altre storie, che dunque sollecita il visitatore a recarsi negli altri musei della città e del territorio per ulteriori approfondimenti. Il museo, inoltre, si propone anche come centro di ricerca, con laboratori per lo studio e per il restauro dove docenti e studenti dell'università possono svolgere le loro attività nell'ambito di percorsi formativi e di ricerca.
La realizzazione e la gestione del nuovo museo sono stati affidati alla Fondazione Ravenna Antica (di cui sono soci fondatori il Comune, la Provincia, l'Università degli studi di Bologna, l'Arcidiocesi di Ravenna e Cervia, e la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna). La Fondazione, che opera in accordo con Il Mibac, gestisce anche numerosi altri siti, tra cui l'Antico Porto e la Basilica di Sant'Apollinare. È di circa 22 milioni di euro l'investimento resosi necessario per la realizzazione del progetto, che dunque ha contato su risorse messe sul piatto dall'Ue (3,1 milioni), dallo Stato (8,4 milioni), dal Comune (3 milioni), dalla Regione (730mila euro) e dalla locale Fondazione Cassa di Risparmio (6,7 milioni).
di Mariagrazia Barletta
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