Per i datori di lavoro in regime forfettario scatterà presto l'obbligo - retroattivo - di ritenuta alla fonte sui compensi corrisposti ai dipendenti. La misura è prevista nel cosiddetto decreto Crescita, approvato ieri in Consiglio dei ministri «salvo intese».
Cos'è la ritenuta alla fonte
La ritenuta alla fonte - va ricordato - è quel meccanismo in base al quale il sostituto d'imposta (che nel caso dell'argomento trattato in questo articolo è il datore di lavoro) trattiene somme di denaro che avrebbe dovuto corrispondere ad un altro soggetto (nel nostro caso il dipendente), per versarle al fisco a titolo di pagamento delle imposte dovute da tale soggetto.
La situazione attuale
Attualmente l'obbligo di ritenuta fiscale sulle somme corrisposte ai dipendenti non esiste per chi è in regime forfettario. Con l'ampliamento della platea dei beneficiari di questo regime agevolato, ad opera dell'ultima legge di Bilancio, il Governo ha dovuto mettere in atto delle correzioni.
La manovra 2019 ha infatti innalzato a 65mila euro la soglia di reddito considerata tra i requisiti per l'accesso al regime agevolato. Regime che prevede l'applicazione dell'imposta sostitutiva unica al 15 per cento. Inoltre, la legge di Bilancio 2019 ha cancellato il limite annuo di spesa per dipendenti e collaboratori (compresi quelli a progetto), che la legge del 2015, istitutiva del regime agevolato, aveva fissato a 5mila euro (lordi).
Dunque, fino all'entrata in vigore dell'ultima manovra, la questione della ritenuta alla fonte verso i dipendenti aveva un peso minimo, soprattutto per quel limite di 5mila euro. Con il decreto Crescita, invece, i contribuenti in regime forfettario saranno tenuti ad effettuare le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
La nuova misura sarà retroattiva
Il nuovo obbligo, secondo quanto previsto nella bozza di decreto legge, scatta dal 1° gennaio 2019. Significa che i dipendenti di un datore di lavoro in regime forfettario dovranno restituire le somme corrispondenti alle ritenute che non sono state trattenute dal datore di lavoro nel periodo che va dal primo gennaio 2019 all'entrata in vigore del decreto Crescita. «Allo scopo di rendere, per il lavoratore, maggiormente sostenibile l'impatto delle ritenute fiscali dei primi mesi del 2019, il provvedimento prevede il loro frazionamento in tre rate mensili», si legge nella relazione che accompagna la bozza di decreto.
Secondo tale bozza, l'ammontare complessivo delle ritenute «relative alle somme già corrisposte precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto legge, è trattenuto, a valere sulle retribuzioni corrisposte a partire dal terzo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto-legge, in tre rate mensili di uguale importo, e versato nei termini di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602».
di Mariagrazia Barletta
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