Incastonare una casa nella roccia assicurando il massimo comfort abitativo ai suoi inquilini. Convogliare la luce naturale in un habitat che, se non beneficiasse della sapienza umana, sarebbe assolutamente primitivo. Preservare l'ecosistema realizzando una nuova abitazione, seppure ottenuta da un'operazione di sottrazione materica. Ardue le sfide affrontate nell'ideazione della «Villa Troglodyte» nella piccola città-stato sulla costa Azzurra, nata dal progetto dello studio parigino di Jean-Pierre Lott.
Nella casa si entra varcando una sorta di crepa aperta nella roccia che dà accesso ad una passerella sovrastante un bacino d'acqua, metafora di un lago sotterraneo. La luce filtra soprattutto dall'alto, da un'altra fenditura, al di sotto della quale si rincorrono le rampe che collegano i cinque livelli della casa. In punti strategici la pavimentazione diventa trasparente per massimizzare l'apporto della luce naturale ed aprire prospettive che "solcano" verticalmente la "casa-grotta".
Gli ambienti interni sono dotati di piccole bucature e talvolta anche di terrazze ricavate nelle protuberanze rocciose. Le piccole aperture captano la luce, si fondono alla roccia, si nascondono e inquadrano scorci di paesaggio. Il pian terreno ospita il parcheggio per un'auto elettrica e un ascensore vetrato mette in collegamento i piani.
Vista dell'ingresso dal piano terra, fotografia di © Loïc Thebaud
Conservare la forza naturale della roccia
La casa è stata scavata nella roccia esistente. In corrispondenza dei piani superiori questa è stata ricomposta utilizzando una texture identica a quella della pietra sottostante. All'interno della massa litica sono state ricavate delle tasche di terreno che offrono condizioni propizie all'attecchimento della flora locale. La geometria dell'edificio, la continuità litica, la patina omogenea, la vegetazione ricreata, ricostruiscono l'immagine di una roccia naturale, mantenendone intatta la forza espressiva.
Edificio a basso consumo, certificato "Effinergie +" e "Bâtiments Durables Méditerranéens"
L'edificio «ha ottenuto la certificazione anglosassone Breem al livello "eccellente"» ed «è certificato "Bâtiments Durables Méditerranéens" (livello Oro)» viene precisato dai progettisti per mezzo di una nota stampa. E, alcuni dei principi costruttivi insiti nelle antiche città mediterranee vengono riproposti nella casa monegasca, che punta sull'inerzia termica dell'involucro, sulla compattezza del volume, sul riciclo delle acque meteoriche, sul giusto equilibrio tra bucature e apporto luminoso, sui principi, dunque, dell'architettura bioclimatica.
Vista dall'esterno, fotografia di © Loïc Thebaud
A ciò vanno aggiunti lo sfruttamento dell'energia geotermica attraverso sonde verticali e l'installazione di pannelli fotovoltaici, che, insieme, producono - assicurano i progettisti - «fino a 1400 kWh/anno». Le acque pluviali immagazzinate nel sottosuolo «coprono fino al 40 per cento del consumo giornaliero d'acqua».
La struttura in cemento a ridotte emissione di CO2
Per la realizzazione della casa «si è privilegiato l'uso di materiali salubri, naturali e riciclati», si legge ancora nella nota. «La struttura è in cemento a basse emissioni di anidride carbonica». «I rivestimenti murali utilizzano pitture naturali a base di calce e il parquet è di legno riciclato», «le porte e le scale sono ugualmente di legno massiccio, proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile e responsabile».
Particolare del pavimento vetrato, fotografia di © Loïc Thebaud
«In generale, tutti i materiali utilizzati rispondono alle norme ambientali più severe e sono stati oggetto di un'analisi relativa al ciclo di vita». Inoltre, «la roccia scavata durante la costruzione è stata riciclata per ottenere granulati in una cava della regione».
di Mariagrazia Barletta
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fotografia di © Loïc Thebaud
fotografia di © Loïc Thebaud
fotografia di © Loïc Thebaud
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