A Siracusa i riflettori sono puntati sulla Mazzarrona, quartiere periferico per la sua posizione rispetto al centro. Un luogo pressoché privo di servizi, dove l'unica scuola - se si esclude un piccolo asilo - è stata chiusa per inagibilità. Tuttavia ai problemi tipici delle periferie si affianca una straordinaria condizione paesaggistica, avvalorata dalla presenza del mare e delle mura dionigiane inserite nel 2005 nella world heritage list dell'Unesco, insieme ad Ortigia, al Teatro greco e ad altre antiche testimonianze della storia siracusana.
Ad accendere un faro sono i ricercatori di bellezza, nonché agopuntori urbani, del G124, il gruppo di lavoro che Renzo Piano ha costituito da quando, ad agosto 2013, è stato nominato senatore a vita e che da quest'anno ha iniziato a coinvolgere le università. I tre borsisti: Carmelo Antonuccio, Tommaso Bartoloni, Giuseppe Cultraro, coordinati da Bruno Messina, professore di progettazione architettonica e urbana della Scuola di Architettura di Siracusa, lavorano sul luogo da circa otto mesi partendo dai punti di forza del quartiere e dalle istanze raccolte sul posto. Un processo partecipato che ha prodotto piccoli progetti, ma il più grande merito sta nell'aver saputo coinvolgere un ampio numero di attori in modo che le piccole scintille, ossia i piccoli cantieri attivati sul territorio, potessero diventare realtà e preparare la strada per future azioni dall'effetto rigenerativo potenzialmente dirompente.
In altre parole, il G124 ha funzionato da collante tra Università, amministrazione locale, Ente parco, terzo settore, imprenditori e cittadini, accendendo l'interesse per l'area e creando le condizioni per una reale rigenerazione urbana. È questo il senso più profondo del «Mazzarrona day», una festa, tenutasi lo scorso sabato, per consegnare simbolicamente ai bambini del quartiere le reti e un quadrato di manto erboso sintetico, il cui acquisto è stato finanziato da una onlus di Firenze (Centro europeo di Ricerca e studi sociali). Elementi che serviranno a dare dignità ad un piccolo campetto di calcio esistente, rispondendo così alla richiesta degli abitanti di avere un luogo dignitoso in cui far crescere e giocare i propri figli. Si tratta di un piccolo intervento che è stato preceduto dalla realizzazione di micro-architetture.
Lo sport e le micro-architetture per un processo di rigenerazione dal basso
A servizio del campetto di calcio, su cui l'amministrazione comunale poserà il manto erboso, i ragazzi del G124 stanno realizzando una piccola tribuna di legno progettata e realizzata con il laboratorio "Allestiamoci" della Scuola di Architettura di Siracusa, coordinato dal professore Gianfranco Gianfriddo. I pezzi sono stati tagliati con macchine a controllo numerico della Sds di Architettura. Stesso procedimento per le strutture di legno, montate a secco, con cui i borsisti del G124, insieme agli abitanti e alla cooperativa sociale "Insieme", hanno realizzato una scala di multistrato marino che va a stabilire una connessione necessaria tra la pista ciclabile che corre sui binari dismessi della ferrovia, il quartiere e la linea di costa. E poi è stato realizzato un prototipo di seduta sistemato in un punto strategico della costa, dove si intravede l'Etna (quest'ultimo purtroppo è stato danneggiato).
«La risposta della città, dell'amministrazione, ma soprattutto dei cittadini, attraverso il processo di partecipazione, è stata determinante, così come il coinvolgimento di istituzioni come l'Ance, che ha dato piccoli ma significativi contributi. Lo stesso hanno fatto piccoli imprenditori». «Un imprenditore in tempo reale, in due giorni, ha messo a disposizione le somme per realizzare il sottofondo sui cui posare il manto di erba sintetica», racconta Bruno Messina. «Abbiamo insistito sullo sport, perché lo sport rappresenta una potenzialità enorme rispetto al tema del riscatto», sottolinea.
Grazie al G124, infatti, è stato elaborato un progetto per riqualificare tre campetti sportivi del quartiere, di cui uno della parrocchia. Il progetto è stato candidato al bando «Democrazia partecipata» del Comune. Si attendono gli esiti che, se positivi, permetterebbero di finanziarlo. «Le risorse investite da Piano (che in qualità di senatore finanzia le borse di studio dei ragazzi selezionati per far parte del G124, nda) le abbiamo intese come cofinanziamento: l'Università ha investito circa 15mila euro e altri 25mila euro sono arrivati da altri soggetti ed istituzioni», sottolinea Messina. In pratica, ogni azione è stata messa in campo affinché «con un effetto domino, innescasse a caduta tutta una serie di azioni», riferisce ancora il professore.
L'amministrazione comunale, inoltre, ha concesso al gruppo G124 di Siracusa una stanza all'interno della sede di un'ex circoscrizione, dove si trova una biblioteca comunale, l'ufficio anagrafe e in futuro dovrebbe essere aperto un consultorio dell'Asp. Un luogo pubblico strategico, posto nel mezzo del quartiere, dal quale far partire e dare gambe al processo di partecipazione e di rigenerazione. I tre architetti del G124 hanno reso accogliente la stanza grazie a delle pannellature in legno e ad arredi creati ad hoc.
Il «Mazzarrona day»
Ed è proprio in questo luogo che lo scorso sabato, alla presenza anche dei bambini coinvolti nel processo partecipato, si sono dati appuntamento i diversi soggetti che partecipano alla rigenerazione, durante l'evento «Mazzarrona day». Dunque non solo i borsisti del G124, il loro coordinatore e i diversi docenti specializzati in specifici settori che partecipano attivamente al progetto, ma erano presenti anche il Rettore dell'Università di Catania, Francesco Priolo, l'amministrazione rappresentata dagli assessori Maria Alessandra Furnari (Risorse umane e politiche del lavoro), Giusy Genovesi (Protezione civile e politiche di mitigazione ed adattamento cambiamenti climatici) e Fabio Granata (Cultura, Università e Unesco), e il neodirettore del Parco archeologico di Siracusa, Eloro e Villa del Tellaro, Calogero Rizzuto (in parte il quartiere ricade nel perimetro del parco).
Ciò che è emerso è una convergenza di interesse sull'area. Tra l'altro il Rettore ha «assicurato il massimo supporto al progetto del G124», che «già coinvolge tre dipartimenti» dell'Ateneo. «L'Università si fonda su didattica, ricerca e sulla terza missione» ha sottolineato ancora il Rettore, in riferimento alla ferma volontà di trasferire conoscenze al di fuori del mondo accademico, dunque alla società civile e all'impresa. L'Università sarebbe disposta a continuare a lavorare sulla Mazzarrona, e in generale sulle periferie, anche allo scadere (a gennaio 2020) delle borse di studio dei tre architetti. In che modo e in che termini è da valutare.
L'assessore Granata ha riferito di un progetto, incentrato sulla Mazzarrona, che concorre ai finanziamenti previsti per interventi a sostegno delle attività di valorizzazione, comunicazione e fruizione dei siti Unesco. Risorse che in parte potrebbero servire per portare il teatro in periferia. C'è infatti un'idea condivisa dall'amministrazione e dal team del G124: realizzare un piccolo teatro alla Mazzarrona, andando a riutilizzare gli alberi della Carnia protagonisti del progetto scenico firmato da Stefano Boeri per Le Troiane di Euripide andate in scena al Teatro greco di Siracusa.
Il percorso partecipato
Ogni azione del gruppo G124 nasce dal basso ed è stata realizzata ascoltando gli abitanti, e non solo. Diverse le istanze che ne sono venute fuori. «Queste cambiano a seconda del soggetto», riferisce Carmelo Antonuccio. «Dagli abitanti - continua - è emersa la richiesta di riaprire la scuola, molti avvertono la necessità di avere attrezzature di quartiere e servizi, anche di vicinato, e poi spazi di aggregazione. Quando ci avviciniamo ad un ceto più alto emerge invece la richiesta di un presidio di legalità. L'amministrazione, dal canto suo, è interessata al coinvolgimento attivo degli abitanti che finora hanno sempre percepito gli interventi realizzati come calati dall'alto».
«Il nostro sforzo sta nell'avviare azioni, buone pratiche e fare in modo che vengano comprese, sposate, e non è una cosa così banale», spiega Tommaso Bartoloni. «Questi quartieri - continua - hanno una fragilità impressionante: una cosa non controllata, un servizio mal funzionante, diventa una tragedia e scatena problemi importanti e anche una certa diffidenza. Noi siano bene accolti dalle persone, riusciamo a vincere la diffidenza alimentata in passato dalla politica. Questa è una grande forza».
«È venuta fuori anche una voglia di riscatto da parte di alcuni abitanti del quartiere, soprattutto per i loro figli, per le future generazioni. Queste persone sono pronte a mettersi in gioco, a partecipare in prima persona al cambiamento. E questa è una delle cose più belle che si può trovare in un luogo: si tratta di una bellezza sociale che si affianca alla più evidente bellezza paesaggistica del luogo», aggiunge Giuseppe Cultraro.
Tre i luoghi fisici dell'ascolto
Carlo Colloca, sociologo dell'ambiente e del territorio, coordinatore del corso di laurea in Servizi sociali all'Università di Catania, è stato coinvolto nel lavoro del G124 per indirizzare i giovani progettisti nel percorso partecipato. Insieme a Colloca è stata chiamata a dare un significativo contributo (anche coinvolgendo esperti delle università Ucl -Bartlett Faculty of The Build Environment e Paris-Dauphine) la professoressa Gabriella Vindigni del dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell'Università di Catania, esperta di partecipazione.
Sono stati vari i luoghi dell'ascolto, spiega Colloca. «Gli incontri partecipati sono avvenuti nella Parrocchia di San Corrado che geograficamente nel quartiere è in una posizione centrale, dove abbiamo incontrato i cittadini che la frequentano, e non solo i residenti». Tra l'altro il parroco, Antonio Panzica, presente sul posto da circa 40 anni, è stato determinante nel processo di conoscenza del luogo e dei suoi abitanti. «Abbiamo cercato di non trascurare nessuna delle anime del quartiere, perché questo è un quartiere purtroppo unito dalla condizione di marginalità, ma abbastanza frammentato al suo interno». Gli abitanti sono divisi in due gruppi in qualche modo rivali. «Siamo stati protagonisti anche di un rammendo sociale, li abbiamo fatti dialogare», sottolinea ancora il professore. Altro punto di riferimento è stato il presidio nell'ex circoscrizione, un luogo, questo volta laico, dove cittadini e stakeholder ogni mercoledì hanno potuto incontrare il team del G124.
Infine, sono state coinvolti gli istituti comprensivi Chindemi e Verga, situati appena fuori l'area di studio, frequentati anche dai bambini della Mazzarrona. Ai bambini è stato chiesto come immaginano i luoghi in cui vivono e sono stati stimolati ad esprimersi attraverso il disegno. Non solo si è cercato di recepire le istanze provenienti dal territorio, ma anche di far sì che gli abitanti, e soprattutto i bambini, fossero consapevoli del valore paesaggistico e archeologico dell'area. «Siamo entrati nel quartiere "in punta di piedi" e non come dei neocolonialisti, con la ricetta già pronta per essere sottoscritta». «Allo stesso tempo i progettisti hanno accettato l'idea che il loro disegno potesse essere messo in discussione dall'uomo della strada», chiosa Colloca.
«Il punto di forza del processo partecipativo è che poi questo genera nelle persone non solo la consapevolezza luogo in cui si vive, ma anche di quello che loro stessi possono fare», osserva Gabriella Vindigni. «Nasce anche l'orgoglio del luogo in cui si vive», sottolinea.
Il piano-programma da donare al Comune
È in itinere l'elaborazione di un piano-programma che il gruppo di lavoro donerà al Comune. Si tratta di un piano strategico che prende come riferimento il «Plan Programme de l'Est» di Parigi e che mette a sistema interventi realizzati e da realizzare, che fanno capo al Comune, con altre operazioni che il team del G124 sta individuando, in modo da avere una visione unitaria, a lungo e breve termine, per la rigenerazione del quartiere. Un piano che serve anche per tenersi pronti nel caso si presentino opportunità legate a bandi e programmi utili per far confluire finanziamenti sulla Mazzarrona.
«Il piano-programma, per come l'abbiamo immaginato, è uno strumento che in maniera organica mette a sistema le azioni sociali, economiche e ambientali da realizzare e le trasformazioni fisiche dello spazio urbano, avendo come obiettivo quello di infondere nuova vitalità al quartiere, portando miglioramenti in termini appunto economici, sociali e ambientali». A spiegare il lavoro è Vito Martelliano, docente alla Scuola di Architettura e urbanista, che guida i tre giovani borsisti nell'elaborazione del piano strategico.
«L'obiettivo - spiega - è rendere il processo di rigenerazione urbana ancor più inclusivo, aperto, capace anche di avviare una progressione sociale ed economica». Il piano ha il compito di «mettere a sistema interventi di agopuntura urbana, ma anche di urbanismo tattico: progetti a basso costo, di rapida realizzazione, di ampia partecipazione sociale e che al contempo abbiano immediato impatto e riscontro», riferisce ancora il professore.
Si lavora su quattro sistemi. Uno è quello dei «ground», ossia degli spazi aperti che possono essere riqualificati valorizzando i reperti archeologici, creando delle aree-gioco o piccoli giardini, da collegare ad azioni sociali, economiche e ambientali che, sempre attraverso processi di partecipazione, possano favorire il percorso di appropriazione degli spazi da parte dei cittadini. Un altro sistema è quello della mobilità. «Mi riferisco - precisa Martelliano - al sistema della mobilità dolce, ai percorsi pedonali, che lambiscono il quartiere attraverso la pista ciclabile, che è spettacolare, ma non vi entrano dentro». Un altro sistema è quello dell'housing. Si tratta di lavorare sull'attacco a terra degli edifici per «inserire servizi di vicinato per gli abitanti, in modo che possano vivere molto meglio il rapporto con lo spazio pubblico che c'è appena fuori». Il quarto e ultimo sistema è legato all'introduzione delle necessarie attrezzature.
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