Per la sua organizzazione spaziale e funzionale, la stazione dell'alta velocità di Kénitra, in Marocco, è uno spazio pubblico da vivere indipendentemente dalla necessità di prendere il treno. È questa una delle caratteristiche principali dell'opera progettata dall'architetto italiano, con base a Parigi, Silvio d'Ascia, autore, tra l'altro, della stazione Porta Susa di Torino e della ristrutturazione dell'hub di Montesanto in cui confluiscono una funicolare di Napoli e le linee ferroviarie dirette verso l'area flegrea. Insieme allo studio danese Big - Barke Ingels Group, d'Ascia ha anche firmato una delle stazioni del Grand Paris Express (Pont de Bondy).
Fotografia © Takuji Shimmura
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La linea Alta velocità Tangeri-Casablanca
La stazione di Kénitra, progettata da d'Ascia con lo studio locale Omar Kobbité Architectes, è una delle quattro della nuova linea (inaugurata a novembre 2018) che collega Tangeri a Casablanca passando per Kénitra e per la capitale Rabat. Dunque si inserisce in un ambizioso progetto, nato dal partenariato franco-marocchino (per il 50 per cento è finanziato dalla Francia) e portato avanti dall'Office national des chemins de Fer (Oncf), il gestore nazionale (pubblico) delle linee ferroviarie del Marocco. Un progetto fortemente voluto dal re Mohammed VI.
Quattro, dunque, le stazioni completate: Rabat-Agdal, Tanger, Kénitra e Casa-Voyageurs. Quest'ultima, a Casablanca, è firmata da un altro noto studio italiano: Abdr Architetti Associati, autore della stazione Tiburtina a Roma.
Fotografia © Takuji Shimmura
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Silvio d'Ascia:
«Per me le stazioni devono diventare luoghi d'integrazione sociale e di interazione umana, andando ben al di là della necessità di prendere un treno».
«La stazione di Kénitra, essendo un luogo di transito e un nuovo punto di passaggio all'interno della città, diventa per tutti un luogo di vita e d'incontro».
Reinterpretazione a scala urbana dei tradizionali moucharabieh
Quanto alla stazione di Kénitra, la sua facciata è una reinterpretazione, alla scala urbana, dei tradizionali moucharabieh.
Fotografia © Takuji Shimmura
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La stazione, associata al progresso socio-economico e tecnologico incarnato dall'arrivo del Tgv (denominato Al Boraq), diventa simbolo di modernità. Concepita come un nuovo luogo di vita, la stazione non risponde solo alle necessità dei viaggiatori, ma diventa un luogo di passaggio che permette di ricongiungere parti di città. «È un nuovo spazio di vita attraversato tutti i giorni da cittadini che dalla città storica a nord devono raggiungere la città nuova a sud (dove ci sono l'università e l'ospedale universitario) e viceversa», sottolineano allo studio Silvio d'Ascia Architecture.
Trait-d'union tra città nuova e tessuto storico
La stazione con il suo grande spazio antistante è addossata alla città storica ed è dotata di due passerelle aeree perpendicolari all'edificio-viaggiatori, che scavalcano i binari. Le passerelle, creando una sorta di schema a corte aperta, danno sì accesso ai binari, ma allo stesso tempo generano un nuovo collegamento con la città a sud.
Fotografia © Takuji Shimmura
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Dunque, uno degli obiettivi più importanti del progetto è stato proprio quello di creare un legame tra il tessuto storico e la città nuova. Questi nuovi ponti urbani di collegamento ospitano attività commerciali e servizi, alimentando il flusso di pedoni e accogliendo i viaggiatori.
Uno spazio pubblico per tutti
Fotografia © Takuji Shimmura
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La stazione diventa così uno spazio pubblico, anche di collegamento, aperto a tutti.
La facciata nord è scandita da otto archi vetrati dalla geometria variabile, che danno accesso alla hall a tripla altezza. Il prospetto è concepito come uno schermo, un «moucharabieh urbano» - lo definiscono allo studio d'Ascia -, permeabile ai flussi pedonali e composto da più di 800 triangoli di fibrocemento ultra-performante. Un involucro pensato per ottenere un equilibrio perfetto tra ombra, luce e trasparenza.
di Mariagrazia Barletta
Fotografia © Takuji Shimmura
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