Dal 18 dicembre 2019 è scattata la riduzione delle sanzioni per architetti e ingegneri liberi professionisti, iscritti a Inarcassa, che versano in ritardo i contributi dovuti. Dopo la sentenza del Tar Lazio dello scorso luglio, i ministeri vigilanti hanno approvato infatti la modifica del Regolamento previdenza della Cassa, con la quale vengono pressoché dimezzate le sanzioni da comminare in caso di tardivo pagamento dei contributi previdenziali.
«Il provvedimento - scrive Inarcassa in una nota -, fortemente voluto e perseguito dalla Cassa con tenacia per oltre due anni, opera una rimodulazione delle aliquote, per introdurre una maggiore gradualità sanzionatoria, tenendo conto del mutato quadro generale macroeconomico, che ha prodotto negli ultimi dieci anni, in particolare per i liberi professionisti, minori disponibilità finanziarie per il rispetto delle scadenze nei termini».
L'entità delle nuove sanzioni
Il sistema sanzionatorio viene riscritto modificando l'articolo 10 del Regolamento previdenza 2012. In particolare le sanzioni crescono proporzionalmente al ritardo accumulato.
Le nuove sanzioni - che si applicano agli omessi e ritardati versamenti di contributi soggettivi e integrativi con scadenza a partire dal 18 dicembre 2019 - vanno dall'1% fino ad un massimo del 12% dei contributi non corrisposti, per i primi 24 mesi di ritardo. E crescono dal 2% fino ad un massimo del 30% dei contributi non corrisposti, a partire dal 25° mese di ritardo.
Nella versione precedente del Regolamento previdenza, le sanzioni (introdotte nel 2012) erano pari al 2% per ogni mese di ritardo e prevedevano un tetto massimo pari al 60% dei contributi non versati.
Dimezzamento dopo un lungo iter di circa due anni e mezzo
La riduzione delle sanzioni per ritardato e omesso pagamento dei contributi arriva dopo la sentenza del Tar numero 9566 dello scorso luglio. I giudici amministrativi erano stati chiamati a pronunciarsi in merito alla richiesta di annullamento - avanzata da Inarcassa - dei provvedimenti con cui i ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia) avevano respinto la delibera (di marzo 2017) del Comitato nazionale dei Delegati Inarcassa contenente la proposta di riduzione delle sanzioni.
Come si evince dalla sentenza, leggendo quanto riferisce la ricorrente, la sanzione introdotta nel 2012 è risultata «non sostenibile» per gli iscritti morosi. Ciò avrebbe comportato «un duplice effetto negativo: il progressivo aumento della posizione debitoria degli iscritti sia con riferimento al numero dei contribuenti morosi che dell'ammontare del debito e, per converso, un progressivo aumento dell'esposizione della Cassa con una crescente difficoltà di incasso anche a fronte dell'aumento degli accertamenti eseguiti».
Da qui l'obiettivo perseguito con la modifica al Regolamento: «recuperare la capacità della sanzione di incentivare un comportamento virtuoso da parte degli iscritti, sia di quelli regolari, che temendo la sanzione non si rendono morosi, sia di quelli morosi che, per evitare il progressivo aumento dell'ammontare della sanzione provvedono quanto prima a sanare la loro posizione».
Il Tar ha dato ragione alla Cassa, rilevando tra l'altro «un evidente difetto di istruttoria e un palese difetto di motivazione» negli atti con cui i ministeri vigilanti avevano respinto al mittente la modifica delle sanzioni.
I crediti verso gli iscritti sfiorano il milardo
Da quanto si legge nel Bilancio consuntivo 2018, ammontano a circa 994 milioni di euro i crediti che l'Inarcassa vanta verso i suoi iscritti.
«Il monte crediti di 993.939 migliaia di euro - si legge nel Bilancio 2018 - può essere suddiviso in funzione della scadenza. Al suo interno circa 290 milioni di euro sono crediti non scaduti alla data di chiusura del bilancio e sono riconducibili anche all'effetto delle dilazioni e delle rateizzazioni concesse ai professionisti. Sulla rimanente quota di circa 700 milioni di euro, risultano avviate, in base alla procedura interna di gestione recupero del credito, azioni per circa 360 milioni di euro, pari al 51% dell'importo dei crediti scaduti. Di tale importo circa 85 milioni sono affidati all'Agenzia delle Entrate Riscossione, mentre circa 165 milioni sono oggetto di recupero giudiziale».
di Mariagrazia Barletta
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