Un ex magazzino tessile milanese, a pochi passi dalla stazione centrale di Milano. Una scatola vuota, ma sufficientemente alta per creare una sala «avvolta da pareti in vetro che appare come un acquario di 60 metri quadrati sospeso nel vuoto». Uno spazio da reinterpretare conservandone il fascino industriale. E poi un foro nel tetto, sfondato in passato, quando l'edificio era in disuso, per farvi entrare una gru a servizio di un vicino cantiere. Questi i dati di partenza per giungere ad una soluzione per niente scontata.
A Milano lo studio fiorentino Q-bic ha firmato e terminato la riconversione di un ex edificio industriale in un camaleontico concept restaurant che è al tempo stesso osteria gastronomica, tapa bistrot, cocktail bar, negozio di vinili e spazio per la musica dal vivo. Moebius è il suo nome, ispirato al nome d'arte del fumettista francese Jean Giraud, capace di ridisegnare il mondo con la propria matita.
Moebius, Milano. Progetto dello studio Q-bic di Luca e Marco Baldini. Fotografia © Nathalie Krag
Lo studio Q-bic è stato fondato 18 anni fa dai fratelli Luca, architetto, e Marco Baldini, interior designer, e trova le sue radici nel mondo della moda. «Abbiamo voglia di sperimentare, anche perché è l'unico modo per non sedersi sulla routine delle abitudini», racconta Luca Baldini. A dare visibilità allo studio, aprendogli le porte del mondo della ristorazione, è La Ménagère a Firenze, concept restaurant con cocktail bar, store di articoli per la casa e negozio di fiori. Progetto a cui ha fatto seguito, tra gli altri, il ben noto Mercato Centrale nella Stazione Termini, a Roma. Un luogo dedicato alla ristorazione che anima gli spazi della Cappa Mazzoniana (dal progetto di Angiolo Mazzoni), un tempo adibiti a mensa dei ferrovieri.
Lo studio è ampiamente coinvolto nel progetto per la rigenerazione dell'ex Manifattura Tabacchi a Firenze, per il quale ha lavorato «prima a supporto dello studio olandese Concrete che ha realizzato il masterplan», poi per «l'attivazione di spazi temporanei nell'attesa di recuperare gli edifici in una destinazione definitiva» e «ora al recupero di tre edifici» del compendio, racconta ancora l'architetto.
La scatola come un foglio bianco da interpretare
Per realizzare Moebius, Luca e Marco Baldini hanno lavorato su uno spazio di circa 700 metri quadri. «Moebius occupa circa due terzi dell'immobile che è una lunga stecca», riferisce sempre Luca Baldini. «Quando siamo entrati nell'attuale Moebius - continua - ci siamo trovati di fronte ad uno stanzone. Era un luogo in totale abbandono, molto alto, tanto che nel punto più alto del colmo del tetto si raggiungono circa 14 metri. Un foglio bianco totalmente da interpretare, ma non aveva grandi caratteristiche architettoniche. Il tetto non aveva alcun pregio. Le pareti nude erano sciupacchiate, ma la bellezza consisteva nell'avere tante vetrate e tanti affacci su due lati del perimetro».
Moebius, Milano. Progetto dello studio Q-bic di Luca e Marco Baldini. Fotografia © Nathalie Krag
All'interno un ulivo andaluso di 700 anni
Nel periodo di abbandono, il tetto del capannone era stato forato per introdurvi una gru a servizio di un vicino cantiere edile. «Ciò che sembrava un danno lo abbiamo trasformato in opportunità. Abbiamo deciso di non chiudere quel foro e vi abbiamo calato un ulivo di 700 anni, alto circa 12 metri», racconta ancora l'architetto. L'ulivo, posto dunque all'interno del locale, è stato inserito in una teca di vetro.
All'interno un palco per concerti palco è pensato come una sorta di galleria di metallo, che si apre da un lato sulla sala e dall'altro sulla serra-veranda esterna. «È un parallelepipedo di lamiera di ferro. Abbiamo utilizzato molto il ferro perché è un materiale che ci appartiene, questo da sempre, si tratta di ferro naturale: i materiali che scegliamo vengono usati nella loro naturalità, quindi usiamo molto legno naturale, ferro nero in calamina al naturale e cemento», continua Luca Baldini.
Moebius, Milano. Progetto dello studio Q-bic di Luca e Marco Baldini. Fotografia © Nathalie Krag
Nella piattaforma sospesa è collocata l'osteria gastronomica, dove sperimentare una cucina d'avanguardia. «Dalla cucina del piano di sopra abbiamo "staccato" una passerella e realizzato una piattaforma vetrata che ospita la sala dell'osteria gastronomica dove ci sono tavoli e sedute. Questa è sostanzialmente appesa a delle travi che abbiamo inserito in aggiunta a quelle esistenti. Abbiamo aggiunto dei profili metallici importanti e vi abbiamo sospeso questo "acquario" che quindi non poggia a terra. È sospeso con profili metallici che da fuori non si vedono perché sono nascosti dal vetro che corre su tutto il perimetro e poi internamente ci sono delle colonne che in realtà non scaricano a terra ma sono appese alle travi metalliche aggiunte», conclude Luca Baldini.
di Mariagrazia Barletta
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