Ridurre il disagio abitativo e insediativo, partendo dalle periferie e dall'edilizia residenziale pubblica e mettendo in atto anche azioni di rigenerazione urbana finalizzate alla rivitalizzazione del tessuto socio-economico. Sono queste - a grandi linee - le direttrici del «Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare», delineato dalla Manovra 2020 che, per la sua attuazione, aveva messo sul piatto 853,81 milioni di euro per gli anni 2020-2033.
Ora arriva il decreto attuativo del programma, che il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli ha firmato di concerto con i ministri dell'Economia, Roberto Gualtieri e dei Beni culturali, Dario Franceschini. A comunicare la firma del provvedimento è stato lo stesso ministero delle Infrastrutture con un comunicato del 16 settembre. Ora mancano il passaggio alla Corte dei Conti e poi la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Inizia, dunque, l'attuazione del maxi-piano. Guardando la ripartizione temporale delle risorse, si può però dedurre che l'avvio sarà al ralenti. Dei quasi 854 milioni, solo 12,18 milioni di euro sono destinati al 2020 e 27,25 milioni al 2021. Risorse che cresceranno nel 2022 con 74,07 milioni, per poi superare i 90 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026 ed attestarsi intorno ai 50 milioni per ciascuno dei restanti anni fino al 2033.
Il decreto attuativo darà il via alla ricerca e selezione delle proposte da ammettere a finanziamento. Gli obiettivi cardine a cui i progetti devono dare risposta sono quelli descritti dalla legge di Bilancio 2020 (Legge 160 del 2020). Si tratta di interventi volti a riqualificare e incrementare il patrimonio destinato all'edilizia residenziale sociale, a rigenerare il tessuto socio-economico, a incrementare l'accessibilità, la sicurezza dei luoghi e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici. Si premieranno interventi ad impatto positivo, inoltre, sulla coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini, che aderiscano ai principi della sostenibilità e della densificazione, senza consumare nuovo suolo.
Anticipazioni sui contenuti del decreto attuativo
Il decreto attuativo appena firmato definisce - tra le altre cose - l'entità massima del contributo attribuibile, le modalità di presentazione delle proposte da parte degli enti candidabili (regioni, città metropolitane, capoluoghi di provincia e comuni con più di 60mila abitanti), i criteri per la valutazione dei progetti da ammettere a finanziamento.
Da quanto anticipato dal comunicato del Mit, ogni ente potrà presentare fino a tre proposte per uno o più specifici ambiti del proprio territorio. Il 34% delle risorse complessivo sarà destinato alle regioni del Mezzogiorno e il contributo massimo per ogni proposta è di 15 milioni di euro.
Inoltre, le domande dovranno essere presentate entro 120 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta. La presentazione delle proposte avverrà in due fasi: nella prima (Fase 1) bisognerà trasmettere una proposta complessiva preliminare indicante la strategia nel suo complesso e l'insieme di interventi atti a raggiungere le finalità prescritte; nella seconda (Fase 2), per tutte le proposte ammesse, è prevista la trasmissione della proposta complessiva finale, indicante lo stato di avanzamento della stessa.
Interventi Pilota da finanziare anche con risorse del Recovery Fund
Sono ammesse a finanziamento anche le proposte definite "Pilota", vale a dire quelle ad alto impatto strategico sul territorio nazionale, da cofinanziarsi anche con eventuali ulteriori risorse, comprese quelle del Recovery Fund. Si prevede che entro la prossima primavera verranno erogati gli acconti della Fase 1.
La Direzione Generale dell'Edilizia statale e gli interventi speciali del Mit, competente per l'attuazione del Programma, entro il 31 gennaio di ogni anno, predisporrà una relazione annuale al Parlamento, sullo stato di avanzamento delle proposte ammesse a finanziamento.
La valutazione delle proposte da parte dell'«Alta commissione»
Le proposte vengono valutate dall'«Alta commissione», istituita presso il Mit, che per legge è composta da sei rappresentanti del Mit, di cui uno con funzioni di presidente e altri sei membri in rappresentanza della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci); del Viminale, del Mibact, del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Si attende ora il Dpcm per avviare il Piano di rigenerazione urbana da 8,5 miliardi
Si attende ora che venga sbloccato anche un altro programma di rigenerazione che era stato inserito nelle legge di Bilancio 2020. Per effetto del Dl Agosto che ne ha prorogato l'emanazione di sei mesi, entro il 30 settembre 2020 deve essere adottato il Dpcm contenente i criteri e le modalità per l'assegnazione dei contributi che la legge di Bilancio 2020 ha destinato alla rigenerazione urbana.
Si tratta dell'assegnazione ai comuni di 8,5 miliardi di euro destinati a progetti di rigenerazione urbana «volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale». Risorse che la legge di Bilancio ha così ripartito: 150 milioni di euro per l'anno 2021, 250 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034.
di Mariagrazia Barletta
pubblicato il: