Se sei un architetto, almeno una volta nella vita ti sarai sicuramente imbattuto in una targa INA Casa.
Dal nonno o dalla zia, dall'amico o dal parente lontano: queste formelle in ceramica, testimonianza di ricerca su forme e colore in linea con i movimenti artistici del Novecento, non passano facilmente inosservate.
Tra sfondi monocromatici o astratti, forme geometriche, raffigurazioni di animali domestici, uccelli, insetti, nidi, oggetti casalinghi di vita quotidiana, le targhe INA Casa sono circa 40.000.
Ecco quindi che appare su instagram il profilo ceramicheinacasa, un catalogo partecipato per provare a mappare i tasselli sparsi su tutto il territorio italiano, un grande museo diffuso che dalle grandi città giunge fino ai paesi dell'interno.
INA Casa, Milano, quartiere Feltre
Chi si nasconde dietro al profilo instagram
L'idea nasce da Giulia Canale e Francesco Pascale, due architetti di base a Firenze, siciliana laureata a Ferrara lei, campano con studi a Napoli lui.
Appassionati alla trasversalità del tema in quanto capace di mescolare insieme architettura, arte, sociale e comunicazione, hanno così iniziato a fotografare le targhe delle loro città, esplorando i quartieri più noti.
Alla domanda, "Perché proprio instagram?", la risposta è semplice.
"Ci siamo resi conto fin da subito di quanto sia difficile mappare tutti i progetti e di conseguenza le targhe. Così abbiamo pensato al più grande canale di condivisione, per innescare un processo partecipativo e cercare di raggiungere luoghi e progetti altrimenti difficili da rintracciare".
E concludono: "Crediamo molto nelle opportunità che i social offrono per fare ricerca, sia per la raccolta delle informazioni che per la condivisione dei risultati".
E allora la caccia è aperta! L'obiettivo è creare il più grande archivio condiviso.
Seguite il profilo ceramicheinacasa e inviate loro tutte le targhe che riuscite a scovare.
Francesco Pascale e Giulia Canale
Un po' di storia
Tra il 1949 e il 1963, INA Casa portò avanti un piano di intervento per realizzare edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio; inizialmente il piano prevedeva una durata settennale, ma successivamente venne prorogato di ulteriori sette anni.
Seguendo precise direttive, il Piano reinterpretava le tematiche razionaliste basate sulla coerenza compositiva dei materiali, delle scelte tecnologiche, dei particolari architettonici, delle interpretazioni sociologiche e psicologiche dell'ambiente costruito e dello spazio architettonico esistente e storico.
Per uniformare gli interventi in tutto il Paese, si decise di far apporre, su tutti gli edifici realizzati, una targa in ceramica policroma, che alludesse al tema del progetto o, più in generale, alla casa come luogo felice.
Le formelle, poste in facciata - generalmente in corrispondenza degli ingressi o in punti focali dell'edificio, pensate come elementi integrati con l'architettura - avevano lo scopo di segnalare il promotore del progetto, tanto che la loro apposizione era una delle condizioni essenziali per il rilascio del certificato di collaudo.
Per la loro realizzazione furono indetti dei bandi rivolti ad artisti e aziende ceramiche: tra i tanti nomi, compaiono infatti quelli di Alberto Burri, Duilio Cambellotti, Leoncillo Leonardi, Tommaso Cascella, Pietro De Laurentiis, Piero Dorazio.
INA Casa, Modena, quartiere Sacca
INA Casa, Avellino, via Asmara
INA Casa, Bologna, villaggio Due Madonne
INA Casa, Marsala, via Dante Alighieri
di Elisa Scapicchio
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