In apertura vista dal Polcevera del Ponte San Giorgio | 31.07.2020 © fotografia di Enrico Cano
La complessità che si cela dietro al disegno solo apparentemente semplice. I dettagli e la concezione strutturale che la sobria silhouette solo in minima parte rivela. Il lavoro corale delle 1.184 persone che hanno realizzato il ponte. Il cantiere dopo la tragedia. Sono svariate le sfaccettature del racconto inedito che ripercorre il progetto e la realizzazione del Ponte San Giorgio a Genova, un'opera densamente carica di responsabilità dopo l'immane e inaccettabile perdita umana, ma anche di speranza, costruita in piena pandemia e oggi assurta a simbolo della ricostruzione di un'Italia diversa, da rimettere in piedi forte e solida, e magari migliore, dopo la crisi.
La storia progettuale del ponte, che incontra quella umana, è cristallizzata nelle pagine de «il Ponte. Ponte Genova San Giorgio», un volume a cura di Lia Piano ed Elena Spadavecchia, pubblicato dalla Fondazione Renzo Piano, l'undicesimo di una collana monografica dedicata ai progetti di Renzo Piano e del Renzo Piano Building Workshop.
«Costruire questo ponte è stato come costruire una cattedrale. Io l'ho immaginato, ma ha preso forma solo nel momento in cui è diventato un'opera corale, grazie al lavoro di oltre mille persone. È stato il più bel cantiere che abbia avuto in vita mia. Semplicemente straordinario». Sono le parole pronunciate dall'architetto genovese la mattina del 3 agosto 2020 in occasione dell'inaugurazione del Ponte. La storia professionale e umana si intrecciano nel racconto che inizia con la demolizione del Ponte Morandi. Il nuovo progetto viene esplorato in ogni sua componente, illustrato attraverso più di 100 disegni, schizzi inediti, modelli e prototipi, annotazioni e foto di cantiere. Materiale in gran parte inedito.
la prima di copertina del libro
Renzo Piano e Stefano Russo suo collaboratore davanti ad uno dei primi disegni del Ponte | 05.09.2018
© fotografia di Shunji Ishida, courtesy of RPBW
Dai dettagli tecnici all'influenza del luogo fino allo studio della luce: ogni passaggio si rivela al lettore. «Il ponte costituisce l'arrivo a Genova e la scoperta della città per chi proviene dalle regioni del nord», spiega Renzo Piano nel volume. «Puoi raggiungere Genova in due modi: dal passo del Turchino, ed è il momento in cui, superate le ultime gallerie, si vede il mare, oppure dalla valle del Polcevera, con la scoperta della luce di Genova che arriva improvvisa percorrendo il grande raccordo. Lo era già attraversando il ponte Morandi, perché Genova ha una particolarità: il mare si trova a sud, la luce tocca l'acqua e rimbalza sulla città. E questo le conferisce una luminosità tutta particolare».
Il cantiere, vista delle campate P3-P4/ P4-P5 / P5-P6 / P6-P7 / P7-P8 | 04.02.2020
© fotografia di Shunji Ishida, courtesy of RPBW
Il cantiere, preparazione a terra della campata da 100 metri | 04.03.2020
© fotografia di Shunji Ishida, courtesy of RPBW
Il cantiere, getto della soletta sulla rampa | 27.06.2020
© fotografia di Shunji Ishida, courtesy of RPBW
Il Ponte, vista generale | 07.08.2020 © fotografia di Shunji Ishida, courtesy of RPBW
Il Ponte, vista generale | 20.08.2020 © fotografia di Enrico Cano, courtesy of RPBW
«Quella dell'arrivo - continua Piano nel libro - è un'immagine che ricordo da sempre, da quando negli anni Sessanta rientravo qui da Milano. Lo sarà ancora, e molto più, attraversando il ponte San Giorgio. Per questo abbiamo lavorato a lungo sul bordo. Il ponte, non avendo nessuna superstruttura, e avendo un bordo trasparente, permette di vedere verso le vallate e verso il mare. Chi lo percorrerà avrà la vista più libera di prima».
La cronaca del progetto e del suo iter include anche ciò che non è stato: le proposte poi modificate o abbandonate nel progetto definitivo e i ripensamenti. Il racconto di Renzo Piano è stato raccolto a poche settimane dall'apertura del ponte ed è stato trascritto fedelmente nel volume.
Lia Piano curatrice "Il Ponte. Ponte San Giorgio"
foto scattata da Stefano Goldeberg, courtesy of Fondazione Renzo Piano
Mosca, il centro culturale nella ex centrale elettrica
La collana di monografie proseguirà con il progetto per il nuovo centro culturale nell'ex centrale elettrica di Mosca. Un edificio storico, costruito tra il 1904 e il 1908. Il progetto è commissionato dalla Fondazione V-A-C del magnate russo Leonid Mikhelson (Ceo di Novatek), diretta dall'italiana Teresa Iarocci Mavica.
Nel famoso quartiere Ottobre Rosso, nel centro della città, l'ex centrale (che forniva energia al Cremlino) di circa 20mila mq diventerà un centro espositivo ma anche un polo per la produzione dell'arte in sinergia con altre realtà culturali molto attive nel quartiere. Includerà un polo civico di libero accesso e un'enorme piazza interna in diretto collegamento con l'esterno. Oltre agli spazi espositivi, che offriranno condizioni per esporre opere di ogni dimensione, ospiterà tra l'altro la School of Art, dedicata alla crescita di una nuova generazione di curatori d'arte, critici e storici. Ed ancora: un auditorium, una biblioteca, un centro didattico, residenze per artisti, un ristorante e un laboratorio di arti culinarie. Anche la natura entra nel progetto: l'ex architettura industriale ingloberà infatti un bosco di betulle.
di Mariagrazia Barletta
pubblicato il: