Un'architettura riconfigurabile sia nell'immediato, grazie alle tecnologie digitali, che dopo la sua dismissione, complice un approccio circolare. È stato svelato al pubblico il 1° ottobre il padiglione italiano all'Esposizione universale di Dubai, progettato da CRA-Carlo Ratti Associati e Italo Rota Building Office, con F&M Ingegneria e Matteo Gatto.

Una facciata multimediale realizzata con 70 chilometri di corde nautiche in plastica riciclata. Un sistema naturale di mitigazione del clima che sostituisce l'aria condizionata. Nuovi materiali da costruzione - dalle alghe ai fondi di caffè, dalle bucce d'arancia alla sabbia -, che suggeriscono soluzioni applicabili su vasta scala. Tante le soluzioni innovative e sofisticate utilizzate per dar forma ad un'architettura mutevole.

Fotografia © Michele Nastasi

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Design circolare e innovazione

Le soluzioni applicate reagiscono alle sfide imposte dai cambiamenti climatici e assumono un atteggiamento critico rispetto al carattere effimero delle costruzioni legate ad eventi come l'Expo. Ecco allora che tre scafi di navi a grandezza naturale (lunghi da 40 a 50 metri), realizzati con il contributo di Fincantieri, vengono capovolti a formare il tetto del padiglione. Le tre imbarcazioni sono pronte a salpare - terminata l'Esposizione - verso nuove destinazioni. I colori degli scafi: verde, bianco e rosso formano un grande Tricolore che si estende su 2100 mq.

Fotografia © Michele Nastasi

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Nessuna parete chiude il volume, che invece è delimitato da una facciata multimediale a tenda realizzata con corde nautiche. La facciata si illumina e diventa dinamica grazie ai Led incorporati sulle corde. Le stesse corde, prodotte in plastica riciclata usando l'equivalente di quasi 2 milioni di bottiglie d'acqua, sviluppano un intreccio verticale che si estende per quasi 70 chilometri di lunghezza complessiva. Dopo la conclusione di Expo, le corde saranno riutilizzate. Tra l'altro, proprio l'impiego delle corde nautiche, insieme a un sistema di raffrescamento localizzato con nebulizzatori, consente di ottenere ombreggiamento, ventilazione naturale e dunque un migliore comfort termico.

Fotografia © Michele Nastasi

Una passerella sospesa al di sopra degli ambienti espositivi conduce al Belvedere: una costruzione circolare sormontata da una cupola ricoperta da piante selvatiche della macchia mediterranea. Un tributo ai giardini rinascimentali. Qui accanto, la microalga spirulina, coltivata dall'azienda del settore delle energie rinnovabili Tolo Green, rende possibile la purificazione dell'aria tramite la biofissazione dell'anidride carbonica prodotta dai visitatori.

La produzione di neo-materia

Il  Padiglione Italia include materiali scelti coerentemente con linee guida dell'economia circolare, sviluppati in collaborazione con Mapei, azienda produttrice di prodotti chimici per l'edilizia. Caffè e bucce d'arancia lasciate essiccare e ridotte in polvere, vengono utilizzati per rivestire i percorsi e le passerelle sospese. Lo stesso Padiglione poggia su una duna alta 5 metri, realizzata con sabbia di provenienza locale. Il percorso interno è inoltre arricchito da una serie di elementi verdi, con oltre 160 specie vegetali che vivono all'interno dell'edificio. Sviluppato in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e con il botanico Flavio Pollano, questo paesaggio naturale rende omaggio alla biodiversità e alla bellezza ecologica dei territori d'Italia e del Mediterraneo. Particolare attenzione è dedicata al ruolo delle piante nella lotta alla desertificazione.

Fotografia © Michele Nastasi

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«Il nostro progetto per il Padiglione Italia si occupa di quella che è probabilmente la maggiore sfida dell'architettura di oggi: esplorare la doppia convergenza tra naturale e artificiale. Questo ci consente di prefigurare e suggerire strategie che saranno sempre più cruciali nel futuro delle nostre città, mentre affrontiamo le conseguenze dell'attuale crisi climatica», spiega Carlo Ratti, fondatore dello studio CRA e direttore del Senseable City Lab al Massachusetts Institute of Technology (MIT): «Il Padiglione - aggiunge Ratti - muta continuamente, e parla di riconfigurabilità sia nel lungo termine, grazie all'approccio circolare, sia nel breve termine, grazie all'uso di tecnologie digitali»

«Il Padiglione Italia ha grandi dimensioni e una struttura molto sofisticata, ma più che un'architettura nel senso canonico è una grande installazione sperimentale dedicata ai confini ormai sfumati tra naturale e artificiale. La sua costruzione si ispira allo stesso tempo ai biotipi naturali e alle tecnologie più avanzate che derivano dalla ricerca spaziale», riferisce Italo Rota, fondatore di Italo Rota Building Office. «Da un lato - aggiunge Rota -, l'edificio guarda all'organizzazione delle foreste tropicali, dove la luce filtra da un'alta copertura e la vita è organizzata di conseguenza. Dall'altro lato, un tema cruciale è la produzione di neo-materia: nuovi materiali da costruzione di origine organica e biologica, la cui produzione tecnologica non è da confondere con il riciclo. Essendo il Padiglione concepito secondo un approccio circolare, si può pensare a questa neo-materia come materiale che può potenzialmente essere riutilizzato ovunque, con modalità e finalità diverse. Il Padiglione Italia rappresenta quasi una sorta di 'architectural banking': un catalogo da cui scegliere gli elementi di architetture future».

Innovazione e ricerca

Il percorso espositivo comprende inoltre anche l'Innovation Space dedicato alla ricerca tecnologica; le installazioni digitali "Second Sun" e "Second Moon" realizzate da Enel X. Queste creano effetti luminosi che cambiano in base alle emozioni dei visitatori monitorate in tempo reale. C'è poi il "Teatro della Memoria", dove si trova una copia del David di Michelangelo stampata in 3D, realizzata della Galleria dell'Accademia di Firenze e dal ministero della Cultura, in collaborazione con il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell'Università degli Studi di Firenze.

La struttura sofisticata

Sofisticata è anche la struttura: i tre scafi, ad esempio, sono sostenuti da 150 sottili pilastri in acciaio, ciascuno alto 27 metri. A loro volta questi ultimi elementi sorreggono una membrana di copertura a forma di onda, realizzata con cuscinetti in ETFE, e uno strato forato di lamine metalliche il quale modula l'ingresso della luce. Gli scafi sono rivestiti con una vernice innovativa sviluppata dal Gruppo Boero.

Fotografia © Michele Nastasi

Con l'obiettivo di simulare il moto ondoso del mare e di conferire una forma fluida al Padiglione, la struttura è caratterizzata da archi e catenarie dalle curvature variabili e da colonne, concentrate sotto i bordi degli scafi, disposte secondo una regola ben precisa: la regola di Fibonacci. Per le strutture la scelta è ricaduta sull'acciaio.

La soluzione ritenuta più performante per coprire grandi campate senza colonne intermedie è la combinazione di telai colonna-arco, con comportamento a telaio, e tubi calandrati "appesi" con comportamento assimilabile a quello di una catenaria appesa. Le colonne piegano alla quota degli scafi di copertura trasformandosi gradualmente in "archi", per poi invertire la concavità e diventare "catenarie", ossia archi rovesciati con comportamento paragonabile a quello delle funi appese. Questa soluzione ha permesso di ottenere ampi spazi sul primo impalcato ed avere una copertura leggera sia in termini di peso e sia in termini "estetici". 

 

Fotografia © Michele Nastasi

«Sorreggere una copertura costituita da tre scafi rovesciati: una vera e propria sfida strutturale. Dopo un'attenta analisi delle ambizioni del progetto architettonico, F&M Ingegneria ha curato la progettazione strutturale e impiantistica, proponendo un'integrazione funzionale tra le due discipline. Tale soluzione ha ottimizzato costi e lavorazioni di cantiere, garantendo il comfort del Padiglione senza compromettere l'estetica. L'attività di direzione lavori ingegneristica, affidata a F&M, è stata particolarmente impegnativa nel confronto con imprese e maestranze locali ma ha consentito di raggiungere l'obiettivo prefissato, garantendo il rispetto dei tempi di consegna» afferma Sandro Favero, fondatore di F&M Ingegneria.

«Un coordinamento interdisciplinare del progetto tra F&M e il team di architettura ha permesso un lavoro efficace e puntuale, insieme al coordinamento con gli operatori in cantiere durante la fase di esecuzione. La modalità Bim è stata adottata dalla progettazione alla realizzazione con massima efficienza risolvendo ogni interferenza. Gli ampi spazi a disposizione sul primo impalcato, chiamato 'la grande duna', con ampie facciate senza alcun pilastro e la struttura-architettura interamente a vista, sono il frutto delle sofisticate analisi strutturali condotte dai nostri ingegneri specialisti. La complessa gestione di cantiere, dove ogni fase è stata pianificata nel dettaglio, e la realizzazione di manufatti di grande complessità geometrica si è trasformata in una sfida vinta con il massimo risultato», commenta Federico Zaggia, partner e project director di F&M Ingegneria.

«Rappresentare l'Italia non è un compito semplice, ma credo che il tema del viaggio e la tecnologia che abbiamo sviluppato nel concept e poi per il progetto stesso, abbiano rappresentato la complessità del nostro paese, radicato nella sua storia e proiettato verso il futuro», chiosa Matteo Gatto.

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