Piccoli miracoli «low-budget», che nascano dal basso sfruttando l'energia vitale da ricercare nei luoghi e intessendo relazioni, in modo che le idee si trasformino in progetti che, oltre a modificare fisicamente gli spazi urbani, sappiano creare coinvolgimento e coesione sociale.

Sono queste le aspirazioni che funzioneranno da stella polare per i 12 giovani borsisti del G124, il gruppo di lavoro sulle periferie fondato da Renzo Piano da quando, nel 2013, è stato nominato senatore a vita. La squadra dell'architetto-senatore, che lavorerà nel corso del 2022, è ora al completo e sono stati scelti i luoghi di intervento, localizzati nei quartieri San Paolo a Bari, Sanità a Napoli e Commenda Est a Rovigo.

Sono state tre Università a selezionare i 12 laureati, la cui borsa di studio è coperta dallo stipendio da senatore a vita di Piano. Le Università collaborano al progetto sulle periferie con alcuni docenti che guidano i borsisti nei "lavori di rammendo", come ama definirli Renzo Piano.

Quest'anno partecipano il Politecnico di Bari con i docenti Carlo Moccia e Francesco Defilippis, l'Università Federico II di Napoli con il professore Nicola Flora e resta la presenza fissa dell'Università di Padova con il professore Edoardo Narne che, oltre a supervisionare quest'anno il lavoro su Rovigo, dal 2019 è coordinatore per le Università coinvolte nel progetto del G124.

«Cerchiamo di fare cose piccole, ma che abbiano una forte possibilità di creare occasioni di incontro. Dobbiamo fare in modo che avvenga quello straordinario rito dello stare assieme e che si crei quel senso di solidarietà che nasce dal fare le cose insieme», sottolinea Renzo Piano in una videoconferenza con i professori delle tre Università. L'architetto genovese ha invitato i gruppi a frequentare subito i luoghi prescelti e a captare «l'energia locale, le scintille già esistenti, che sono linfa vitale per i progetti».

Dare senso e vita a tre vuoti urbani, elevarli al rango di piazza, avviando al contempo azioni di rinverdimento e di demineralizzazione, è la sfida accolta dai giovani progettisti. A loro il compito, non solo di immaginare possibili cambiamenti, ma di realizzare le idee, anche captando i giusti canali di finanziamento. Dovranno riuscire a trasformare le idee giuste in progetti, i progetti in cantieri e i cantieri in nuovi spazi di vita, apprezzati e amati dalle comunità opportunamente interpellate.

La missione può anche superare i confini fisici delle aree di intervento, perché, come spesso accade nelle azioni di rigenerazione partecipate, non si esclude che il benefico riverbero possa propagarsi, per emulazione, sulla spinta della contagiosità delle buone azioni. Come il metodo G124 chiede, i borsisti dovranno partire dalle vocazioni dei luoghi, dalla scoperta di tutte le energie sociali e umane già presenti, dal coinvolgimento delle amministrazioni locali, dall'individuazione di sponsor e stakeholder. Tutto deve combaciare ed essere incanalato nella realizzazione di benefici micro-cantieri e realizzazioni capaci di dare, nell'arco di un anno, nuova anima ai luoghi.

È un'azione che si concentra sui luoghi, sui vuoti, ma anche sulle relazioni umane, affinché, grazie alla partecipazione, ciascun individuo possa riconoscersi come parte di una comunità e far maturare in sé, incoraggiato dalla produzione di nuova bellezza, la voglia di prendersi cura dei beni comuni.

Chi sono i borsisti del 2022

I borsisti che daranno un nuovo volto al vuoto urbano del quartiere San Paolo a Bari sono: Tiziano De Venuto, Ezio Melchiorre, Rosa Piepoli e Giuseppe Tupputi. Il Rione Sanità a Napoli impegna nelle azioni di ascolto e riqualificazione: Marino Amodio, Giuseppe De Pascale, Orazio Nicodemo e Davide Savoia. Rovigo e la sua piazza vedono in azione: Gabriella Coletta, Fedora Favaretto, Riccardo Giacometti e Cecilia Spezzati.

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I LUOGHI

Bari, quartiere San Paolo

«Abbiamo pensato di lavorare nel quartiere San Paolo, una periferia difficile della città di Bari. Questa scelta l'abbiamo maturata confrontandoci con l'amministrazione comunale e con il sindaco, Antonio De Caro. È il primo quartiere "satellite" di edilizia residenziale pubblica costruito a Bari. È lambito da un "corridoio" di potente naturalità», spiega Carlo Moccia presentando l'ambito di intervento a Renzo Piano, nel corso dell'incontro-video. Il "corridoio" verde a cui fa riferimento il professore è il Parco naturale regionale di Lama Balice, una delle lame che attraversa la Murgia barese e arriva fino al mare, solcando la "conca" di Bari.

Bari, quartiere San Paolo, fotografia dell'area di intervento

Bari, planimetria del quartiere San Paolo e in rosso l'area di intervento

«È il più grande dei quartieri popolari di Bari (conta circa 30mila abitanti, nda), oltre ad essere tra i più problematici per ragioni sociali e per degrado fisico delle sue costruzioni e dei suoi spazi», aggiunge Francesco Defilippis. «Il quartiere - continua - è stato costruito sostanzialmente in tre tempi diversi; la prima parte, quella più storica, fa riferimento al primo settennato del piano Ina-Casa, il progetto risale al 1958. Successivamente è stato ampliato con progetti del '63 che fanno riferimento a due distinti Piani di zona per l'edilizia economico e popolare (Peep). Queste tre parti sono tenute insieme da un asse di servizi sorto in corrispondenza della linea metropolitana leggera, che collega in 10 minuti il quartiere al centro di Bari».

In posizione baricentrica rispetto ai tre comparti, vi è un vuoto urbano di forma triangolare, uno spazio per niente frequentato dagli abitanti. «Non è una piazza, infatti dal punto di vista della toponomastica non ha il nome di piazza, è uno spazio circoscritto da tre edifici in linea che lo chiudono su tre lati lasciando liberi i vertici che assumono il ruolo di soglie di accesso», racconta ancora Defilippis.

Ora il gruppo G124 dovrà attribuire un senso e nuove funzioni a questo spazio inutilizzato di ben 7.250 mq (considerando anche le strade che lo delimitano), facendo leva sulle vocazioni del luogo e sulle energie sociali da scovare nei dintorni. «Adiacente all'area d'intervento - precisa Defilippis - abbiamo un grande parco, il parco Giovanni Paolo II, che si incunea tra i due comparti; c'è poi un centro sociale polifunzionale, denominato Casa delle culture, sede di una delle reti civiche urbane con cui intendiamo entrare in contatto. C'è un centro parrocchiale che funziona da punto di incontro per la comunità e poi la chiesa principale del quartiere, dedicata a San Paolo. Infine, tre scuole, due pubbliche ed una privata e poi piazza Romita, cuore del primo comparto».

«La sfida del gruppo barese - chiosa Defilippis - sarà quella di trasformare questo spazio privo di identità in un 'luogo' di relazione per l'intero quartiere e i suoi abitanti, riconoscendo le sue potenzialità e mettendole in valore».

Napoli, rione Sanità

Fino a 20 anni fa era conosciuto solo come luogo da evitare, una sorta di ghetto dimenticato dal resto della città e dai turisti, nonostante la bellezza diffusa e la presenza di tante emergenze architettoniche e di luoghi ipogei straordinari. Un luogo impreziosito da palazzi settecenteschi con le scenografiche scale aperte dell'architetto Ferdinando San Felice, dalle catacombe paleocristiane (San Gennaro, San Gaudioso, San Severo), dalle magnifiche chiese, come la basilica di Santa Maria alla Sanità. E poi, il cimitero delle Fontanelle, antico ossario realizzato nelle cave di tufo, dove è nato il culto delle cosiddette "anime pezzentelle". Si tratta di un rituale ancestrale, diffuso anche in altri luoghi della città partenopea, che consiste nel prendersi cura di un cranio di un'anima abbandonata e anonima (la cosiddetta "capuzzella"), in cambio di protezione.

Un luogo ricco di storia, a ridosso dell'antica Neapolis, dunque in pieno centro, ma con più di una caratteristica in comune con le periferie. «È una vera periferia nel cuore della città di Napoli», sottolinea Nicola Flora. «È uno dei rioni più complessi della città, escluso dalla vita urbana. Vi è un'alta dispersione scolastica - aggiunge il professore - ed in passato era noto solo per la presenza di attività illegali, ma era una visione parziale che non rendeva giustizia della complessità di questa comunità». Nonostante ciò, da quasi due decenni è iniziata un'azione di riscatto del quartiere grazie all'intraprendenza di un prete visionario, don Antonio Loffredo, capace di aprire una palestra di boxe nella sacrestia della basilica, con tanto di istruttori delle Fiamme Oro.

Con l'azione del parroco illuminato e della Fondazione di comunità San Gennaro onlus, da lui creata nel 2014, e al brulicare di numerose ed attive cooperative sociali e associazioni, si sta riscrivendo una storia nuova, sperimentando un modello di rigenerazione. Il "modello Sanità" si basa sulla riapertura di spazi abbandonati. Questi riprendono vita con nuove attività che generano nuove occasioni di lavoro, di formazione e di inclusione sociale. Alcuni di questi siti, come le Catacombe di San Gennaro, ora attraggono cittadini e flussi turistici, rompendo l'isolamento del rione-enclave e generando nuova economia. Sono nate due orchestre per i giovani talenti della musica, laboratori di riciclo, tanti progetti educativi e in un'ex chiesa ha aperto il suo laboratorio il giovane e stimato scultore Jago.

Napoli, Rione Sanità, l'area di intervento vista dall'alto

Napoli, Rione Sanità, ricostruzione fotografica dell'area di intervento

È in questo processo di rinascita sociale e culturale, appena descritto con estrema sintesi, che si inserisce l'attività del G124. «Lavoriamo alla Sanità da circa otto anni grazie ad un accordo tra l'Università e la Fondazione San Gennaro», precisa Flora e ora l'azione prosegue anche con i quattro borsisti. Il luogo d'intervento è lo spazio prospiciente il cimitero delle Fontanelle, cui si aggiungono il contiguo sagrato di una piccola chiesa (parrocchia di Maria Ss del Carmine), ora sede di associazioni, e un piccolo giardino messo a disposizione da privati per un uso pubblico. L'idea consiste nel dare dignità all'ingresso all'ossario, ora coperto da una tettoia in lamiera, e nel «collegare il sagrato con le due aree contigue», ossia l'ingresso al cimitero delle Fontanelle e l'area verde. Vorremmo creare «uno spazio continuo, pubblico, una piazza ad uso sia dei residenti che dei turisti, illuminata e dotata di spazi in cui sostare e intrattenersi», riferisce ancora Nicola Flora.

Rovigo, Commenda Est

A Rovigo l'azione si concentra sul quartiere Commenda Est. «Grazie ad alcune situazioni fortuite abbiamo scelto Rovigo, la più piccola tra le province venete, conta infatti all'incirca 50mila abitanti. In questo contesto abbiamo trovato subito dei "complici", ossia persone che ci consentiranno di stabilire le giuste sinergie per accelerare i processi che andremo a mettere in atto. Credo che il luogo possa costituire il terreno giusto per intervenire», racconta Edoardo Narne.

«La città, non bisogna dimenticare, vive anche il rischio dello spopolamento. Anche per questo è importante spostare l'attenzione su questo luogo e studiare strategie che possano accrescere il senso di appartenenza della comunità», spiega ancora il professore. «Dei 50mila abitanti, 6mila vivono nel quartiere Commenda Est, a ridosso del centro storico. In questo quartiere c'è un unico spazio definito piazza, ed è stato intitolato proprio quest'anno». La piazza è difatti dedicata a Jerry Masslo, scappato dal Sudafrica e rifugiatosi in Italia, ucciso da una banda criminale a Villa Literno nel 1989, dove era impegnato nella raccolta di pomodori e dove aveva subito le angherie dei caporali.

Rovigo, quartiere Commenda Est, inquadramento territoriale

Rovigo, quartiere Commenda Est, la piazza intitolata a Jerry Masslo

Dunque, un luogo centrale del quartiere, ma al contempo privo di quei caratteri che permettono ad uno spazio pubblico di essere vissuto. È un vuoto a cui la toponomastica ha attribuito il nome di piazza, ma la qualità dello spazio è tutta da inventare. «La piazza è stata lastricata lo scorso anno, ma manca tutto il resto: non ci sono piante, non c'è traccia di arredi e manca anche l'illuminazione», rimarca Narne. Accanto c'è un prato di proprietà della vicina parrocchia e l'idea è mettere insieme questi vuoti per generare uno spazio di qualità a servizio delle realtà che sono presenti nel quartiere, come le scuole, le associazioni e la prestigiosa squadra di rugby, vanto per la città veneta. E, perché no, potrebbe dare spazio a manifestazioni culturali o ad eventi della stagione concertistica, dato il diffuso interesse per la musica classica da sempre dimostrato dai cittadini di Rovigo. Tra l'altro - riferisce ancora il professore - il progetto «ha riscosso un primo grande risultato nella partecipazione della Fondazione Cariparo che contribuirà alla realizzazione delle opere».

La piazza è un foglio bianco e il progetto è tutto da costruire ascoltando la comunità, ma «è chiaro che - assicura Narne - l'area, di circa 3.500 mq, ha un forte potenziale attrattivo, c'è sicuramente interesse da parte dell'amministrazione e delle associazioni. Punteremo molto anche sulle scuole che lambiscono l'area di progetto». Tra l'altro la parrocchia, che è accanto alla piazza, possiede un prefabbricato che potrebbe rientrare nell'azione di riqualificazione.

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