in alto foto © Marta Tonelli
A dare il nome al progetto è il "'ndandalò", che in dialetto abruzzese significa "altalena". Un simbolo di gioco, di svago e di festa, che si concretizza nella piazza attraverso la realizzazione di una grande pedana rossa e di un sistema di tubolari in acciaio dipinti di blu che donano all'installazione un aspetto dinamico.
Una volta superato il lieve dislivello, questa nuova piazza temporanea si configura come un luogo per sostare, chiacchierare, riposare e... dondolare.
Il richiamo alla tradizione locale risponde così alla necessità di creare un luogo di aggregazione, attivando i quattro fronti della piazza di Santa Maria Paganica con l'obiettivo di regalare nuove e inattese fruizioni dello spazio pubblico.
L'installazione prende forma, infatti, da un mix di suggestioni, dal paesaggio che attraversa l'Abruzzo - prima montagna, poi vallate e infine mare - alle molteplici prospettive delle vie dell'Aquila, tra barocco, contemporaneo, gazebi, palazzi rinascimentali e chiese diroccate.
Non da meno, il riferimento al valore della cultura locale, che associa l'elemento telaio - assemblaggio elementare, leggero e trasportabile - alle processioni delle feste popolari dell'Aquilano, con le strutture adornate da lenzuoli e tele trasportate a mano per le vie della città.
Ecco quindi che Dandalò richiama, immediatamente, il gesto della festa, inteso come momento di gioia, insieme di simboli riconoscibili per la comunità - a partire dalla tradizione tessile locale di coperte di lana, ricami e tovaglie - rivisitata in chiave contemporanea attraverso l'utilizzo di nuovi materiali.
foto: ©Marta Tonelli
Dal punto di vista tecnico, Dandalò è composto da una pedana di morali in legno di 8 x 8 appoggiati su zavorre in cemento, rivestita di tavolati in legno dipinto, che formano delle gradinate e delle nicchie per la sosta ed il riposo. Grazie alla pendenza della piazza la pedana raggiunge un'altezza di 80 cm verso ovest e di circa 10 cm verso est, consentendo, così, di alloggiare tutte le attrezzature tecniche per luci e audio e lo spazio per la raccolta dei rifiuti.
La struttura verticale, composta da un sistema di telai in tubi di acciaio grigi satinati controventato da traversi posizionati ortogonalmente, definisce due stanze - una all'ingresso del museo e l'altra dell'arrivo da Corso Vittorio Emanuele - e un pergolato, che funziona da quinta tra area palco e lato sedute fronte museo.
foto: © Elisa Scapicchio
foto: © Elisa Scapicchio
Joseph e Nick del Renzo Piano World Tour dondolano su Dandalò | foto: © Elisa Scapicchio
foto: ©Marta Tonelli
L'intero progetto è pensato seguendo la buona regola della facilità di smontaggio, prevedendo quindi il posizionamento dei profili giuntati e non saldati, senza compromettere la stabilità della struttura. La copertura in vele, risultante di una serie di profili in alluminio cavi di lunghezza distinta a seconda delle aree del padiglione, è agganciata ai traversi della struttura primaria, modificabile a seconda delle necessità. La distanza tra gli elementi - lasciando filtrare aria, sole e pioggia - consente alla struttura di evitare l'effetto vela in caso di vento e di eccessiva sollecitazione per il deposito di acqua piovana. Dandalò la notte brillerà, grazie a corpi luminosi led da esterni che saranno inseriti nei profili cavi in alluminio, simulando l'effetto di catenarie di luci sospese.
foto: © Elisa Scapicchio
ATELIER REMOTO è lo studio di architettura fondato da Lara Monacelli Bani e Valentina Merz.
"Remoto si riferisce a qualcosa che è altrove, che esce da un altro tempo, in qualche modo distaccato dall'adesso e dallo spazio, da una materia centrale. Qualcosa che potremmo non afferrare ma che rimane come un pensiero teso che dirige la nostra creazione. Il sostantivo allude a qualcosa di dimenticato, vago, quasi irrealizzabile, ma in sé, in re moto, un movimento riparte e un progetto o una ricerca, dalle radici eteree e antiche, spicca e diventa altro".
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