È al vaglio della Commissione europea la bozza di Dpcm che serve a dare attuazione al nuovo percorso universitario abilitante da 60 Cfu introdotto circa un anno fa dal decreto Pnrr 2 (Dl 36 del 2022). Percorso che permetterà agli aspiranti docenti delle scuole medie e superiori di accedere al concorso a cattedra.
A confermare l'arrivo in Commissione europea dello schema di Dpcm, che avrebbe dovuto vedere la luce entro lo scorso 31 luglio, è la ministra dell'Università e della ricerca, Anna Maria Bernini durante l'interrogazione - prima firmataria Irene Manzi (Pd) - svoltasi alla Camera dei Deputati lo scorso 27 aprile. «Siamo fiduciosi -afferma la ministra - di poter definire in tempi celeri l'adozione del decreto del presidente del Consiglio dei ministri, così da permettere l'erogazione dei percorsi formativi entro la finestra del prossimo anno accademico 2023-2024».
La riforma del sistema di reclutamento dei docenti, messa a punto nella scorsa legislatura, ha rinnovato l'iter da seguire per diventare docenti delle scuole secondarie, prevedendo un iter suddiviso in tre step. Più nel dettaglio, gli spiranti prof. dovranno seguire un percorso universitario abilitante da 60 Cfu, vincere un concorso pubblico nazionale e infine superare un periodo di prova in servizio di durata annuale. Una riforma che non può diventare operativa se non viene emanato il Dpcm cui la legge affida, tra l'altro, il compito di definire: le materie di studio oggetto dei 60 Cfu, le competenze professionali che l'aspirante docente deve acquisire e le modalità di svolgimento della prova finale.
La riforma del 2022
Le novità di maggiore impatto della riforma arrivata con il Dl 36 del 2022, si concentrano soprattutto nel percorso di formazione iniziale. Questo prevede l'acquisizione di 60 crediti universitari o accademici - contro i 24 previsti dalle ultime norme - e dovrà includere anche un periodo di tirocinio presso le scuole. L'obiettivo resta quello di acquisire competenze teorico-pratiche e pedagogiche. I percorsi di formazione, che costituiscono la porta di accesso al concorso a cattedra, dovranno concludersi con una prova finale consistente in uno scritto e in una lezione simulata.
La formazione iniziale è dunque un percorso universitario abilitante, finalizzato all'acquisizione di competenze linguistiche e digitali, di metodologie didattiche applicate alle discipline di riferimento, che dovrà basarsi - si legge nel Dl - sui «principi dell'inclusione e dell'eguaglianza, con particolare attenzione al benessere psicofisico degli allievi con disabilità». I 60 crediti, inoltre, potranno essere ottenuti anche durante il percorso di laurea.
Per i vincitori di concorso, resta l'obbligo di superare il periodo annuale di prova in servizio prima dell'effettiva immissione in ruolo.
Il Dpcm importante anche per il periodo transitorio
La nuova riforma prevede anche un periodo transitorio che dura fino al 31 dicembre 2024. Dunque, fino al 2024, sono ammessi a partecipare al concorso per docente di scuola secondaria di primo e secondo grado anche gli aspiranti prof. che abbiano conseguito almeno 30 dei 60 Cfu del percorso di formazione iniziale. A condizione, però, che parte di tali crediti sia di tirocinio diretto. Ovviamente, occorre il possesso del titolo di studio necessario per insegnare la materia afferente alla classe di concorso per la quale ci si candida.
I contenuti dell'offerta formativa necessaria al raggiungimento dei 30 Cfu dovranno essere delineati dal Dpcm che ora è al vaglio della Commissione europea. Sempre relativamente al periodo transitorio, qualora risultino vincitori di concorso, i candidati sottoscriveranno un contratto annuale di supplenza e contemporaneamente dovranno provvedere ad integrare la formazione con i restanti 30 Cfu. Una volta conseguita l'abilitazione, saranno assunti a tempo indeterminato e sottoposti al periodo annuale di prova.
L'iter del Dpcm
Da quanto ha riferito la ministra, la Commissione europea ha richiesto delle delucidazioni che ora rendono necessario un confronto con la Conferenza dei Rettori.
«I ministeri coinvolti (Istruzione e Università, nda) - ha spiegato la ministra al question time - hanno lavorato su una bozza condivisa, basata sul lavoro svolto dal Ministero dell'università e della nella passata legislatura, che è stata sottoposta al vaglio della Commissione europea, al fine di acquisirne la preventiva valutazione».
«In due distinte occasioni - ha riferito ancora Anna Maria Bernini - , la Commissione europea ha formulato alcune osservazioni: in entrambi i casi è stato fornito prontamente riscontro, così da consentire che la procedura riprendesse celermente il proprio corso. Tuttavia, se in un primo momento la Commissione europea ha richiesto specificazioni in merito alle garanzie di omogeneità del processo di accreditamento dei percorsi, è successivamente ritornata su elementi pregiudiziali relativi alla uniformità dei loro contenuti».
«Questa nuova prospettiva - ha concluso la ministra - ha richiesto una attenta valutazione in relazione all'impatto sulle università che dovranno erogare tali percorsi.È stato, quindi, necessario un supplemento di riflessione, che coinvolgerà nelle prossime ore anche un confronto con la Conferenza dei Rettori».
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