Il gazebo è soggetto a titolo edilizio se destinato ad esigenze non temporanee

Il gazebo - inteso come struttura a copertura di un'area, sorretta da pali o pilastri, aperta sui lati - è soggetto a permesso di costruire tutte le volte che è destinato ad esigenze non temporanee. A ricordarlo, ricalcando il più recente orientamento della giurisprudenza, è il Tar Lazio con la sentenza 10329 del 2023.

Il tribunale amministrativo è chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato da una cittadina di Roma che aveva realizzato, senza alcun titolo abilitativo, una struttura in legno con due pilastri rivestiti di mattoncini, coperta da un telo di Pvc. Nel 2012 il Comune le aveva notificato l'applicazione della sanzione amministrativa e l'ordine di demolizione.

Secondo il Comune, tale struttura non poteva essere considerata attività di edilizia libera in quanto priva della caratteristica della precarietà. Secondo l'amministrazione, per essere precaria, un'opera deve rispondere a due criteri: quello strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; e quello funzionale, secondo cui è precario ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea. Dunque, l'opera oggetto della sentenza, sarebbe, per il Comune una struttura stabile e quindi avrebbe dovuto essere sottoposta a Scia.

I giudici del Tar ricordano alcune sentenze, rimarcando anche che al tempo di realizzazione dell'abuso, la giurisprudenza non era univoca circa la necessità di un titolo edilizio per la realizzazione di strutture simili a quella realizzata dalla cittadina romana. Ora, però - affermano i giudici - «l'orientamento si è consolidato nel senso di ritenere che il gazebo (struttura a copertura di un'area, sorretta da pali o pilastri, aperta sui lati) costituisce opera soggetta a permesso a costruire tutte le volte che è destinata ad esigenze non temporanee». E, su questo principio non influisce l'eventuale carattere pertinenziale della struttura e nemmeno la sua eventuale facile amovibilità o la composizione materica.

Dunque, «la dimensione e le caratteristiche costruttive della tettoia (pilastri in legno e mattoncini) ostano a poter ritenere che, nel caso di specie, si verta in ordine a opere di edilizia libera ex art. 6 del Dpr 380/2001, dovendosi ritenere che sarebbe stato necessario il titolo che l'Amministrazione ha individuato nella Dia (Scia) ex art. 22, comma 1 e 2, del DPR 380/2001», conclude la sentenza.

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