Se nella richiesta di titolo abilitativo c'è discordanza tra quanto descritto nella relazione tecnica e quanto rappresentato nelle tavole grafiche, occorre dare prevalenza alla prima. È quanto afferma il Consiglio di Stato, trasferendo, nell'ambito delle autorizzazioni edilizie, il principio valido per i piani urbanistici, secondo cui se la parte normativa del piano è difforme da quanto si legge nelle tavole, il dato letterale, se formulato in modo chiaro, prevale sul segno grafico.
I giudici amministrativi enunciano tale principio nella sentenza 5416 del 2023 che affronta il caso della realizzazione di un muro di contenimento in una proprietà sita a Monterchi (Arezzo). Oggetto del contendere è la sua altezza che raggiunge, nella parte più alta, la quota di 2,35 metri (risultante dalla perizia asseverata prodotta dall'appellante nel primo grado di giudizio). Nella relazione tecnica allegata alla richiesta di titolo edilizio si affermava, invece, che il muro in questione avrebbe dovuto avere un'altezza compresa tra 1,00 e 1,20 m. La relazione prevedeva, infatti la realizzazione di «alcuni muretti di contenimento in muratura di pietrame, su idonea fondazione, dell'altezza massima di mt. 1.00/1.20». Sulle tavole grafiche, allegate alla domanda di permesso di costruire, si attestava, invece, - afferma l'appellante - che «l'altezza media del muro di contenimento» fosse «pari a 1,75 m».
Secondo l'appellante, «l'indicazione dell'altezza in 1,00-1,20 m contenuta nella relazione tecnica allegata alla domanda di concessione edilizia sarebbe un errore materiale, perché altrimenti il muro non avrebbe potuto svolgere la sua funzione di contenimento del terreno a monte».
Inflessibili i giudici, che non riscontrano la presenza di alcuna prova che porti a ritenere che nella relazione tecnica la diversa indicazione delle altezze rispetto a quanto riportato nei disegni sia ascrivibile a un refuso. Inoltre - affermano i giudici del Consiglio di Stato - nella tavola progettuale indicata dall'appellante «vi sono indicate (con triangoli rovesciati bianchi e grigi) le sole quote, attuali e di progetto, del terreno e non anche quelle dei muri di contenimento».
Comunque - secondo i giudici amministrativi - «in caso di discordanza tra quanto descritto nella relazione tecnica allegata alla domanda di concessione edilizia e quanto rappresentato graficamente nelle tavole progettuali occorre dare prevalenza alla prima, sulla base dello stesso principio valevole in tema di discordanza tra parte normativa e parte grafica dei piani urbanistici, in quanto la valenza del dato letterale, ove il medesimo sia formulato in modo chiaro, prevale su quella del segno grafico».
«Nel caso di specie - si legge ancora nella sentenza -, la realizzazione di un muro di contenimento che, anziché essere contenuto entro il limite assentito di un'altezza compresa tra 1,00 e 1,20 m., raggiunge i 2,35 m. (cioè un'altezza pressoché doppia) è certamente ascrivibile al novero delle modifiche sostanziali dell'opera, vieppiù se si considera che anche una semplice sopraelevazione autonoma di un muro di contenimento richiede il permesso di costruire in quanto si presenti idonea ad alterare stabilmente lo stato dei luoghi».
Giusta, dunque, l'ordinanza del Comune con cui si intimava di riportare il muro di contenimento all'altezza descritta nella relazione tecnica allegata alla richiesta di titolo abilitativo.
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