Sapete come si dice no? Ogni viaggio lo si vive tre volte: quando lo si sogna, quando lo si intraprende e quando lo si ricorda. E questo, a detta del parigino Antoine, è stato un viaggio che è durato fisicamente quaranta giorni sì, ma in realtà durerà altri quarant'anni. Servirà infatti un lungo tempo di posa, di latenza, necessario per riordinare i pensieri: è enorme la quantità di dati, luoghi, sensazioni, immagini che si è depositata nella mente.

L'adrenalina in circolo è ancora tanta, nonostante il jet lag, perché i quattro giovani architetti sembrano non essere per nulla provati fisicamente da queste intense settimane. Al contrario: il Renzo Piano World Tour è stato per loro un'iniezione di energia incredibile, una conferma, una scommessa vinta. Il che significa che ha raggiunto in pieno il suo obiettivo, culturale ed umano: accendere scintille, rappresentare un momento di crescita, essere l'occasione per ampliare lo sguardo - sull'architettura, certo, ma anche sul mondo - per generare consapevolezza in coloro che saranno chiamati a progettare il domani.

Sulla funicolare per salire allo studio del RPBW di Genova | foto: © Elisa Scapicchio

Ecco perché, se tutta questa avventura potesse essere racchiusa in una singola parola, quella parola sarebbe "valigia, o bagaglio": una valigia da riempire con oggetti importanti che non occupano spazio per trascorrere 40 giorni, una valigia che a poco a poco si è trasformata in una casa portatile dove riporre e custodire le esperienze, i ricordi, gli insegnamenti, le avventure, i nuovi amici.

"All'apparenza può sembrare la stessa che abbiamo portato con noi dal primo giorno" afferma lo spagnolo Alvaro "ma al suo interno, in realtà, è completamente cambiata."

Del resto, lo sosteneva anche Alvaro Siza nel 1998 intervistato da William J.R Curtis per la rivista El Croquis "un architetto deve viaggiare molto: per trovare le cose, per imparare dall'esperienza diretta degli edifici. Studiare sui libri e disegnare non significa niente."

Due settimane in Europa, tre in Nord America

Il viaggio quest'anno si è concentrato alla scoperta di due continenti: Europa e USA. Il che significa meno aerei totali presi e miglia percorse, ma anche maggiore tempo (se cosi si può dire) a disposizione per vedere, anzi vivere, le architetture. Nel segmento europeo per esempio, il RPWT ha prediletto, ove possibile, la mobilità dolce e sostenibile degli spostamenti in treno, affinché oltre alla destinazione si potesse godere anche del viaggio e dei paesaggi che cambiano.

Tutti erano particolarmente curiosi di visitare il Nord America, nessuno di loro quattro c'era mai stato prima. Le sensazioni vissute qui sono state fortissime, piene di stupore e scoperta: per le distanze siderali, per la bigness di edifici e metropoli, per gli stili di vita, talvolta incomprensibili.

Ma insomma in fondo poco importa se sia Europa o America "il segreto di un buon progetto" sostiene Renzo Piano "è innamorarsi del luogo in cui sorgerà. Bisogna scoprirlo, conoscerlo, capirlo, interpretarlo, farlo proprio. Solo così sarete capaci di costruire spazi per le persone, rispettosi dell'ambiente in cui si inseriscono."

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RPWT. Alla scoperta dell'America

Ultima tappa: Genova

Il 39° giorno del tour inizia sul Waterfront di Levante, in visita all'ultimo cantiere del percorso, accompagnati da Michael Chasseur, di RPBW Genova. Si tratta di un grande progetto mixed use che porta la firma di Piano, un masterplan che conclude la sequenza di interventi sul lungomare della città e che riguarda la riqualificazione del grande palazzetto circolare in cls (ex polo fieristico) in un palasport, la realizzazione di due corpi residenziali gemelli, un hotel, dei blocchi uffici, negozi, parcheggi, due torri, due ponti, canali, una nuova parte di porto, un lungo parco lineare che ricuce la città al mare.

Waterfront di Levante, Genova | foto: © Elisa Scapicchio

A seguire, veloce pit-stop con Shunji Ishida e Chiara Benatti negli Archivi dove la Fondazione Renzo Piano mette in mostra i principali lavori dello studio in sequenza temporale, mostrando prototipi, dettagli, modelli e schizzi di tutti i progetti iconici, fin dagli esordi.

"Il backstage di tutti questi anni di progetti in giro per il mondo si è dispiegato sotto i nostri occhi, mentre riconoscevamo mock-up e modelli di molti luoghi che abbiamo visitato" raccontano i ragazzi.

Archivi RPBW, Genova | foto: © Elisa Scapicchio

Il Gran finale di questa quinta edizione si è poi concluso nella casa madre, nel luogo magico in cui questo progetto ha avuto inizio: a Punta Nave, nella storica - e panoramica - sede genovese del Renzo Piano Building Workshop e della Fondazione Piano. Qui ad accogliere Chiara, Maria, Alvaro ed Antoine ci sono, oltre a Milly e Renzo Piano, diversi partner dello studio che hanno raccontato dettagliatamente due progetti: l'Istanbul Modern, il museo appena inaugurato sulle rive del Bosforo, e il nuovo campus di Milano Bovisa invece, ancora in fase di progettazione.

"La visita dello studio di Punta Nave è stata un momento sospeso" scrivono su Facebook emozionati. "In questo declivio isolato di fronte al mare, l'edificio prende la forma della topografia, collegando tutti coloro che vi lavorano con l'orizzonte. Milli e Renzo Piano ci hanno accolto con grande gentilezza, parlandoci dell'importanza del viaggio in architettura, su questa esperienza ineffabile, su ciò che verrà per ognuno di noi."

Fondazione Renzo Piano, Genova | foto: © Elisa Scapicchio

Le preferite

Delle tantissime architetture visitate, abbiamo chiesto ai ragazzi quale hanno prediletto. "Retorica a parte" dicono, "tutte sono state fonte di ispirazione e motivo di interrogativi, analisi, studio, riflessione".

Rochamp si conferma anche quest'anno tra le tappe più suggestive, specialmente per Chiara: "passeggiare intorno alla Chapelle de Notre Dame du Haut da soli, di notte, è un'esperienza profonda" ammette "una spiritualità che si afferma attraverso la materia".

Ad emergere poi, nel mare magnum di posti ed edifici visitati, tre opere, una più diversa dall'altra (ma quasi tutte hanno Renzo Piano come comun denominatore): per Antoine la migliore è stata la Kresge non-denominational Chapel (MIT, 1955) di Eero Saarinen, per Maria il Centro Botin a Santander, per Alvaro il museo LACMA di Los Angeles "esempio perfetto dell'importanza di progettare non solo l'edificio ma anche lo spazio urbano che esso crea. Un museo diviso in due volumi, dove forse la parte più importante è lo spazio interstiziale che costruisce e connette la città e genera la relazione con la maglia urbana esistente."

Kresge non-denominational Chapel (MIT, 1955) di Eero Saarinen | foto: © Antoine Geiger - RPWT2023

Centro Botín, Santander by RPBW | foto: © RPWT

LACMA, Los Angeles by RPBW | foto © RPWT

Chapelle de Notre Dame du Haut | foto: ©RPWT

"Di certo" ammettono "il Renzo Piano World Tour è una delle esperienze più profonde, stimolanti, coinvolgenti, toccanti che un architetto possa vivere. È una straordinaria opportunità per porsi nuove domande, per trovare risposte nell'analisi del costruito e per capire che le persone hanno un ruolo attivo nei luoghi che vivono e dunque non si può pensare all'architettura come un qualcosa di svincolato dal contesto geografico, sociale e culturale in cui essa sorge. Essere immersi, per quaranta giorni, con anima e corpo, nell'Architettura, ci ha dato la definitiva conferma di quanto siamo fortunati a poter svolgere questa professione con passione ed infinita dedizione".

RENZO PIANO WORLD TOUR 2023

promosso da Fondazione Renzo Piano, Fundación Botín, Vitra e Selvaag Gruppen, in collaborazione con ProViaggiArchitettura e professionearchitetto.it

il viaggio SI è CONCLUSO...
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#RPWT.2023 - Renzo Piano World Tour Award 2023

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