Le opere riguardanti la viabilità, gli acquedotti, i depuratori, le condotte fognarie e gli impianti di illuminazione possono essere progettate dagli architetti solo se di pertinenza di singoli edifici civili, in caso contrario sono di esclusiva competenza degli ingegneri.
Lo ricorda il Tar Campania - sezione Salerno con la sentenza 349 del 2 febbraio 2024 andando a ripescare alcune pronunce che hanno tracciato i confini tra le competenze delle due professioni, non sempre così chiari e netti, a partire dal regio decreto 2537 del 1925.
I giudici amministrativi hanno esaminato il caso di una gara, indetta da un comune della provincia di Avellino, per l'aggiudicazione dei lavori di efficientamento energetico dell'illuminazione pubblica.
A fare ricorso è l'impresa classificatasi al secondo posto che, tra le diverse doglianze, evidenzia che l'offerta era stata firmata dal presidente del consiglio di amministrazione: un architetto. Secondo la ricorrente un architetto non sarebbe abilitato a firmare progetti e proposte tecniche migliorative relative a impianti elettrici pubblici e privati.
L'art. 16 del disciplinare di gara prevedeva - viene evidenziato dai giudici - che l'offerta tecnica fosse sottoscritta da un tecnico abilitato, iscritto in un albo professionale, di fiducia dell'operatore partecipante. Sul punto, l'offerta della prima classificata risulta sottoscritta dal legale rappresentate del concorrente che, «secondo l'amministrazione e la controinteressata, riveste la qualifica di architetto. Tuttavia, la qualifica di architetto non abilita alla sottoscrizione dei progetti della specie», rimarcano i giudici.
Nel citare precedenti sentenze del Tar, i giudici ricordano che «appartiene alla esclusiva competenza degli ingegneri non solo la progettazione delle opere necessarie alla estrazione ed alla lavorazione di materiali destinati alle costruzioni nonché la progettazione delle costruzioni industriali, ma anche la progettazione delle opere igienico-sanitarie (ivi ricompresi gli impianti cimiteriali) e delle opere di urbanizzazione primaria, per tali dovendosi intendere le opere riguardanti la viabilità, gli acquedotti, i depuratori, le condotte fognarie e gli impianti di illuminazione, fatta eccezione per le sole ipotesi in cui dette opere non siano di pertinenza di singoli edifici civili».
Già lo stesso Tar Campania aveva affermato che «nel nostro ordinamento, il riparto delle competenze professionali tra la figura dell'ingegnere e quella dell'architetto è tuttora dettato dal R.D. 23.10.1925 n. 2537 che, all'art. 51, riconosce spettanti alla professione d'ingegnere le progettazioni per le costruzioni e per le industrie, per i lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, per le costruzioni di ogni specie, per le macchine egli impianti industriali, nonché in generale applicative della fisica, con i rilievi geometrici e le operazioni di estimo; ai sensi dell'art. 52, invece, formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative, ad eccezione delle opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legislazione sui beni culturali, che sono di spettanza esclusiva della professione di architetto; in sostanza, la competenza professionale dell'architetto concorre con quella dell'ingegnere per la progettazione delle sole opere di edilizia civile, essendo riservate alla professione ingegneristica le progettazioni di tutti i lavori non compresi nella costruzione di edifici».
Più di recente, il Consiglio di Stato (Sez. V, sentenza 4 luglio 2022, n. 5569) ha ribadito che, in chiave generale, «la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all'interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D».
In presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle edili è ammissibile un'abilitazione estensiva in capo al professionista architetto (Cons. Stato n. 1692 del 2015; Cons. Stato n. 1255 del 2021), atteso che «il concetto di 'opere di edilizia civile' si estende sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l'intero complesso degli impianti tecnologici" se "a corredo del fabbricato" (Cons. Stato n. 1550 del 2013; Cons. Stato n. 6552 del 2018)».
«Ne consegue - chiosano i giudici - che occorre che vi sia un nesso di precipua accessorietà fra l'intervento e l'edificio, e cioè che il primo risulti 'strettamente servente un'opera di edilizia civile' per potere rientrare nel perimetro di competenza (anche) dell'architetto (Cons. Stato n. 1692 del 2015 cit.)».
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