Sono diverse le azioni da mettere in atto per realizzare nuovi edifici radon-resistenti e ridurre l'esposizione al gas radioattivo nel caso di edifici esistenti. Ogni soluzione progettuale va ben studiata e per non essere vanificata, va anche ben eseguita dal punto di vista tecnico. Utili suggerimenti sono rintracciabili nel "Piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032", da poco pubblicato, con cui l'Italia si è dotata di un piano d'azione per la lotta al radon con l'obiettivo di affrontare i rischi a lungo termine dell'esposizione al gas radioattivo nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni.
Il Piano contiene, infatti, diverse indicazioni per prevenire e ridurre l'ingresso del radon nel caso di nuove costruzioni e di ristrutturazioni. Le appendici 2.1 e 2.2 sono dedicate alle metodologie di intervento normalmente impiegate nella pratica corrente per il risanamento o la prevenzione dell'inquinamento da radon. Seppure gran parte delle tecniche possano trovare un'applicazione generalizzata, ogni intervento va vagliato in funzione dello specifico caso. Possono, ad esempio, esservi dei vincoli architettonici che limitano le possibilità di azione.
Quando c'è un rischio di inquinamento da radon ci sono comunque delle condizioni a cui prestare attenzione. Il piano dettaglia le principali.
indice dei contenuti
1 | Separazione
Per mettere in atto una strategia di protezione dal radon, una prima azione consiste nel separare gli ambienti in cui si vive e lavora dagli interrati e dalle cantine. Il radon tende a concentrarsi nelle cantine e negli spazi semi-interrati chiusi e, in generale, negli ambienti posti a contatto con il terreno. Un aspetto, questo, che può non essere facilmente gestibile in caso di ristrutturazioni.
Un'altra insidia può essere rappresentata da vani a sviluppo verticale, come i corpi scala e gli ascensori se direttamente comunicanti con gli ambienti a contatto con il terreno, come, appunto, le cantine. Ascensori e scale, in tal caso, per l'effetto camino, potrebbero portare il radon nei piani superiori. Porte isolanti e accesso ai locali interrati solo dall'esterno potrebbero costituire soluzioni facili da attuare. Ovviamente, per evitare dispendiosi interventi sull'esistente è raccomandata sia una conoscenza approfondita dell'esistente sia l'effettuazione di una campagna di prove, commisurata all'entità dell'opera, che preveda la misurazione in punti dell'edificio scelti ad hoc.
2 | Isolamento
Creare dei piani interrati completamente a tenuta stagna per separarli da quelli superiori non è possibile, ma si possono utilizzare gli elementi costruttivi, le guaine impermeabilizzanti e gli strati isolanti per realizzare sistemi efficaci di prevenzione dal radon.
3 | Ventilazione delle condutture
Le condutture a servizio dell'edificio se attraversano l'edificio a partire dal piano fondazionale possono essere un potenziale punto di ingresso e diffusione del radon. Una soluzione individuata dall'allegato al Piano nazionale d'azione consiste nel prevedere il passaggio degli impianti attraverso le pareti perimetrali, realizzando anche un riempimento, magari in ghiaia, che permetta un'adeguata ventilazione al fine di evitare concentrazioni di radon.
4 | Sfruttare il vespaio
La ventilazione naturale può costituire una barriera alla diffusione del radon verso gli interni. Ciò può avvenire sfruttando i vespai. Questi possono essere messi in collegamento con i riempimenti laterali a livello interrato realizzati per allontanare le acque presenti nel terreno, per favorire il transito dell'aria nel sottosuolo ed evirate che questa possa arricchirsi di radon.
5 | Pianificare gli interventi
Pianificare gli interventi progettuali in modo da sviluppare una buona strategia in fase costruttiva, ossia quando saranno note le informazioni geotecniche sul sedime di fondazione, è una buona pratica da mettere in atto nel caso delle nuove costruzioni. Come sottolineato nel documento, infatti, spesso solo dopo l'avvio dei lavori, effettuate le necessarie indagini, si hanno dati sulla permeabilità del terreno, che influiranno sulla scelta delle misure da adottare per ridurre il rischio di inquinamento da radon. Ed allora - come si diceva - la pianificazione è fondamentale, si tratta di prevedere una serie coordinata di interventi da realizzare, in fase costruttiva, in funzione delle criticità che dovessero emergere.
«In linea di principio - viene consigliato nel Piano -, sono da privilegiare le tecniche di intervento a livello del contatto suolo-edificio, quali ad esempio depressurizzazione attiva o passiva del vespaio o realizzazione del cosiddetto pozzetto-radon nel caso di fondazioni a platea: peraltro, si tratta di soluzioni comunemente utilizzate e di non particolare complessità tecnica». Quanto alla soluzione della sigillatura, questa «seppure sistematicamente perseguita, da sola è certamente meno efficace e in genere è complementare ad altri interventi principali».
6 | Cemento armato
Riguardo alle tecniche di isolamento, nel caso non siano da temere alte concentrazioni, l'isolamento - viene sottolineato nel piano - può essere garantito dalla stessa struttura interrata se realizzata interamente in cemento armato.
7 | Tecniche contro l'umidità
Un'altra informazione degna di nota data dall'allegato al Piano, riguarda le misure adottate per proteggere gli edifici dall'umidità. Nonostante la maggiore possibilità di diffusione e di permeabilità del radon rispetto al vapore d'acqua, «in generale va considerato che le tecniche impiegate contro l'umidità sono solitamente efficaci anche contro il radon».
8 | Differenza di pressione tra interno ed esterno
Il radon, se presente, si diffonde negli edifici a partire dai locali a contatto con il sottosuolo a causa della differenza di pressione tra il sottosuolo e l'interno dell'edificio e per effetto del gradiente termico. Dunque - viene rimarcato nel Piano -, «le strategie di intervento tendenti a modificare la differenza di pressione tra interno ed esterno della costruzione hanno tutte le potenzialità per rivelarsi abbastanza efficaci nel contrasto all'infiltrazione in forti concentrazioni del radon». Si tratta di interventi efficaci soprattutto nelle nuove costruzioni, mentre per le ristrutturazioni possono determinare costi poco o per niente sostenibili.
In ogni caso, la ventilazione può essere passiva (viene sfruttato il naturale gradiente termico) o attiva (si fa uso di impianti di ventilazione). «Per le nuove costruzioni, soprattutto quando siano ipotizzabili significative problematiche legate al radon, è raccomandabile, già in fase di progettazione iniziale, impostare la pianificazione tecnica degli interventi prevedendo un sistema di predisposizioni che consentano in futuro, a opera conclusa, l'eventuale installazione di un impianto di ventilazione. Ad esempio, durante la realizzazione delle fondazioni, porre in opera un sistema di tubi flessibili microforati, collegati a uno o più pozzetti esterni all'edificio (pozzetti-radon), dove, se ci fosse poi necessità, potrà essere posizionato un adeguato impianto di ventilazione per aspirare l'eventuale radon in eccesso».
9 | Drenaggio e pozzetti radon
Tra le tecniche di ventilazione del terreno sottostante l'edificio, il Piano, oltre all'adeguata ventilazione dei vespai, indica diverse azioni, tra cui: il drenaggio sotto la base dell'edificio e la creazione di pozzetti di raccolta sotto il pavimento dei locali interrati. Nel primo caso si tratta di realizzare un sistema di tubi di drenaggio o canali, aventi la parte inferiore perforata al fine di convogliare e allontanare il radon presente; la presenza continua di aria satura di radon rende tale tecnica plausibile solo se si riesce a creare comunque anche una depressione generalizzata rispetto agli ambienti interrati sovrastanti (ad esempio, posando una guaina impermeabilizzante tra il terreno e i tubi, che ostacoli l'afflusso d'aria satura).
La creazione di uno o più pozzetti di raccolta sotto il pavimento dei locali interrati ("pozzetti radon") completi di tubazioni (eventualmente dotati di ventilatori) può essere utile per l'allontanamento del radon all'esterno; tali pozzetti devono comunque essere previsti in combinazione con un sistema di drenaggio a vespaio.
10 | Monitoraggio in corso d'opera
Al di là delle tecniche scelte, il documento raccomanda di prevedere un adeguato monitoraggio sia in corso d'opera che finale.
«In corso d'opera le misure di protezione contro il radon - viene precisato nel Piano - devono essere oggetto di attenzione da parte della direzione dei lavori e del collaudatore. In particolare, occorre eseguire verifiche intermedie, se non veri e propri collaudi parziali, delle misure poste in opera, nonché misurazioni della effettiva concentrazione di radon. Infine, solo dopo aver verificato la regolare effettuazione delle lavorazioni a regola d'arte, si potrà procedere all'esecuzione degli ulteriori lavori che comportino la ricopertura delle lavorazioni effettuate e ne impediscano ulteriori controlli».
Nel Piano, inoltre, si consiglia che le «fasi di verifica in corso d'opera siano contrattualizzate nel capitolato speciale d'appalto o in apposite procedure e istruzioni operative, preferibilmente all'interno del sistema di gestione della qualità dedicato alla realizzazione delle opere».
«Analogamente, a opere ultimate, la verifica finale dell'efficacia degli interventi deve essere affidata alla specifica attività e responsabilità del collaudatore, anche attraverso misurazioni della effettiva concentrazione di radon, protratte per un tempo adeguato in relazione alle operazioni di collaudo finale delle opere. Inoltre, è auspicabile che le misurazioni successive della concentrazione di radon, a carattere periodico, facciano parte dei controlli pianificati all'interno di un Programma di uso e manutenzione dell'opera».
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