La legge sull'equo compenso si applica ai servizi di architettura e ingegneria. A dirlo è la recente sentenza del Tar Lazio (n. 8580 del 30 aprile) che si è pronunciato sullo spinoso argomento dell'equo compenso difeso dalla legge 49 del 2023 e, più nel dettaglio, sulla sua applicabilità al settore degli appalti pubblici.
La sentenza è perfettamente in linea con la precedente del Tar Veneto (→ articolo dello scorso 4 aprile). Secondo il Tar Lazio l'applicazione agli appalti della legge sull'equo compenso non va contro i principi eurorunitari, né comporta lo scardinamento di un ipotetico principio che vieterebbe l'introduzione dei minimi tariffari. Ha, invece, un duplice obiettivo: protegge il professionista imponendo che venga adeguatamente remunerato per le prestazioni rese e contribuisce ad evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere alla Pa.
La prospettata incompatibilità tra la legge sull'equo compenso e il codice dei contratti pubblici è - secondo il Tar - smentita dalla legge stessa, la 49 del 2023, che prevede esplicitamente la sua applicazione alle prestazioni rese in favore della Pa., senza esclusioni.
Smantellata anche l'ipotesi di incompatibilità della legge sull'equo compenso con il diritto eurounitario e più nel dettaglio con il principio della concorrenza. Il Tar Lazio confuta tale tesi riportando quanto già affermato nella già citata sentenza del Tar Veneto e aggiunge che la legge sull'equo compenso non collide con le disposizioni del codice dei contratti pubblici volte ad assicurare il confronto competitivo tra gli operatori.
E, nemmeno si potrebbe dire che l'applicazione della legge sull'equo compenso ai servizi di architettura e ingegneria andrebbe a scalfire l'ipotetico divieto di introdurre tariffe minime. Il Tar ricorda la sentenza 4 luglio 2019 (causa C-377/17) della Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale - viene sottolineato nella pronuncia - riconosce «in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale».
Non vi è dubbio secondo i giudici amministrativi che la legge sull'equo compenso si applichi agli appalti, perché è scritto nero su bianco al comma 3 dell'articolo 2, che afferma che tale legge si applica alle «prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione».
Secondo la società ricorrente (esclusa da una gara indetta dall'Agenzia del Demanio che nel bando aveva qualificato come non ribassabili i compensi calcolati in base al Dm Parametri), la legge sull'equo compenso si applicherebbe alle sole prestazioni d'opera intellettuale di cui all'articolo 2230 c.c., e quindi alle prestazioni rese da singoli liberi professionisti, che trovino «fondamento in un contratto d'opera caratterizzato dall'elemento personale», «in cui il singolo professionista assicura lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo con l'esclusione, invece, delle prestazioni rese da società e imprese, laddove vi è "una articolata organizzazione di mezzi e risorse e assunzione del relativo rischio imprenditoriale"».
Anche su questo punto il Tar non è d'accordo. «In primo luogo - si legge nella pronuncia -, la scelta di applicare la disciplina sull'equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della Pa. dal singolo professionista, che non necessiti (o comunque non si avvalga) di un'organizzazione di mezzi e risorse, sarebbe difficilmente giustificabile dal punto di vista logico, considerata l'ontologica corrispondenza tra le prestazioni rese dal singolo e quelle rese nell'ambito di una società/impresa (tanto più che per "servizi di natura intellettuale" oggetto di appalto, come i servizi di ingegneria e architettura, si intendono "quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all'organizzazione di mezzi e risorse"».
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