"Perché il Giappone? Perché è il paese della scrittura: fra tutti i paesi conosciuti, è in Giappone che io ho incontrato la pratica del segno più vicina alle mie convinzioni e ai miei fantasmi [...]. Il luogo dei segni non è cercato negli aspetti istituzionali ma nella città, nel negozio, nel teatro, nella cortesia, nei giardini. Ci si occupa di alcuni gesti, di alcuni cibi, di alcune poesie; ma soprattutto di volti, di occhi e di pennelli con cui si può scrivere, ma non dipingere, il tutto".
Così Roland Barthes, linguista e semiologo francese, descriveva il Giappone, un universo parallelo fatto di simboli e gentilezza, quell'isola allungata nell'Oceano Pacifico che in silenzio ha fatto entrare le sue tradizioni nella nostra cultura attraverso i libri di Murakami e Banana Yoshimoto, gli origami, le animazioni di Miyazaki, o che ci proietta nell'atmosfera del Sol Levante non appena vediamo un ciliegio in fiore o varchiamo la soglia di un ristorante per il piacere di sushi e saké.
La parola "Giappone" contiene un universo di concetti pieni di ossimori e tempi lontani, che richiede estrema sensibilità e capacità di lettura: ogni gesto ha un perché, l'imperfezione è ricchezza, il vuoto ha la stessa importanza del pieno, l'inchino non è una moina ma uno stile di vita, in accordo con la religione.
Ne sono esempio le abitudini quotidiane dei suoi abitanti, come nei film Perfect Days di Wim Wenders o Moriyama-San dei registi Bêka&Lemoine: il primo è il ritratto della serena e composta solitudine di un uomo che ha fatto pace con i suoi errori del passato e, con dedizione, assicura l'igiene dei bagni pubblici della città di Tokyo dedicandosi alla cura e alla fotografia delle piante o a qualche scambio con i passanti. Il secondo, invece, narra la vita dell'inquilino di una delle case più famose della città, progettata da Ryūe Nishizawa.
E poi c'è l'architettura, da quella antica - che affonda le radici nella Cina - a quella moderna e contemporanea che prende in prestito concept occidentali, ma li reinterpreta a sua immagine e somiglianza.
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a sinistra la Cina, a destra il Giappone
L'arte del costruire in Giappone, tra passato, presente e futuro
"Creare architettura significa esprimere aspetti caratteristici del mondo reale, come la natura, la storia, la tradizione e la società, in una struttura spaziale, sulla base di una logica chiara e trasparente" - scrive Tadao Ando.
Sia nella scelta dei materiali che nelle forme, in Giappone l'arte del costruire è orientata all'equilibrio con la natura, ma anche all'eleganza e alla raffinatezza. L'architettura, proprio come il carattere dei giapponesi, non urla la propria presenza, ma si fa scoprire poco a poco, mostrando la sua armonia con il contesto.
Abbandonata l'immagine brutalista citata da Cesare Brandi nel suo Viaggi in Oriente, oggi - con le Olimpiadi alle spalle e l'Expo 2025 alle porte - il Giappone è un Paese scintillante, tra le mete predilette dei viaggiatori anche grazie alla generazione di progettisti a cui ha dato i natali, vantando il record di Premi Pritzker, che con Riken Yamamoto nominato quest'anno, salgono a quota otto (o nove se contiamo SANAA per due!)
Da Arata Isozaki a Shigeru Ban, da Toyo Ito a Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa (SANAA), fino a Tadao Ando, Fumihiko Maki e Kenzo Tange, proprio come i personaggi dei cartoni di Miyazaki, questi grandi nomi hanno preso il volo per atterrare in ogni parte del mondo.
Paola, Flore e Iván - con lo spirito di giovani architetti a caccia di stimoli e idee - hanno avuto modo di toccare con mano tutto questo in un tour di pochi giorni che, leggendo i loro post e guardando fotografie e disegni, sembra aver svelato l'essenza di quel paese dalle parole intraducibili che racchiude mille sfumature.
Tre parole intraducibili per capire l'architettura e la filosofia giapponese
Ikigai, la ragione di vita
iki (vivere) e gai (ragione), significa letteralmente "la ragione di vita, ragion d'essere". Si potrebbe tradurre nel quotidiano come "il motivo per alzarsi dal letto" o anche il "concentrarsi sul qui e ora", aspetto centrale nell'estetica e nella filosofia giapponese.
Wabi-Sabi, la bellezza dell'imperfezione
Il wabi-sabi indica lo sguardo sul mondo accettando transitorietà e imperfezione. Questo implica anche l'accettazione di ogni evento, cercando di trarre il buono anche dai momenti di difficoltà.
MA, la forma del vuoto
Può essere tradotta come "intervallo", "spazio", "pausa" o "spazio vuoto tra due elementi strutturali".
La cultura giapponese è fortemente influenzata da questo concetto che si manifesta in diversi aspetti della quotidianità, dell'arte o dell'architettura e che si riallaccia alla filosofia buddhista Mahāyāna. Lo spazio vuoto è considerato importante quanto lo spazio pieno. Il Ma è pertanto inscindibilmente legato alla percezione dello spazio, del tempo e dell'insieme spazio-tempo
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Kyoto e Tokyo, mondi opposti
Kyo-to / To-kyo, sillabe invertite a cui corrispondono altrettanti ribaltamenti, traducibili in mondi completamente opposti. Tra i mille contrasti del Giappone, le diversità sostanziali tra queste due città - che distano solamente 5 ore di macchina l'una dall'altra - sono sicuramente il primo.
Da un lato Kyoto, luogo incantato fatto di storia millenaria e tradizione; dall'altro Tokyo, metropoli frenetica di 14 milioni di abitanti in continua evoluzione, il mondo delle possibilità dove il futuro si fonde con il passato.
Ma torniamo al viaggio dei nostri tre instancabili architetti.
Kyoto vs Tokyo
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Kyoto e il "MA"
La prima tappa è proprio nella città di Kyoto, dove il verde lussureggiante cede il passo a case basse, stradine strette, ciliegi in fiore e templi iconici.
"Per prima cosa abbiamo visitato il Palazzo Imperiale situato nel centro di Kyoto" - raccontano i ragazzi.
Scordiamoci i grattacieli: qui tutte le funzioni, da quelle politiche a quelle religiose, fino alla vita quotidiana sono organizzate in edifici collegati tra loro orizzontalmente attorno a giardini e cortili. Su questo stile, anche il TEMPIO KIYOMIZUDERA immerso nella foresta, caratterizzato da un'imponente struttura in legno e poi, il SANTUARIO DI FUSHIMI INARI, in "una passeggiata al calar del sole tra centinaia di torii rossi in mezzo alla foresta".
Santuario di Fushimi Inari
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Ciò che distingue l'architettura tradizionale giapponese da qualsiasi altra cultura è l'uso del legno. Le condizioni sismiche del Giappone impedivano la realizzazione di edifici in pietra, motivo che spinse le sperimentazioni con questo materiale senza chiodi nè pitture per apprezzare le venature, in segno di gratitudine.
Un chiaro esempio di queste prassi progettuali è la visita del secondo giorno nella città incantata, che segna una delle tappe definite dai ragazzi "tra le più attese": la VILLA IMPERIALE DI KATSURA che, come raccontano, è "un luogo in cui l'arte dei falegnami, dei progettisti di giardini e il gusto artistico dei Principi si sono combinati alla perfezione".
Questo è il regno del "MA", dove la continuità tra spazio pubblico e spazio privato, tra esterno ed interno oltre il funzionalismo ha aperto nuove frontiere di sperimentazioni, definendo la propria identità ma mostrandosi flessibile a recepire stimoli provenienti da altre culture.
"Quando si raggiunge le sale da tè - scrivono - si rimane incantati dalla cura dei materiali e dalla perfezione dei dettagli. Il puro stile architettonico giapponese sukiyaki mostra chiaramente le sue strutture e i suoi strati".
Una giornata perfetta, conclusa nel migliore dei modi: la visita al TEMPIO RŌYAN-JI con il giardino Zen più bello del Giappone dove, "seduti ai margini dell'ampio portico, si respira la vera pace e serenità della cultura giapponese".
Villa Imperiale di Katsura
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Tokyo è un sogno tangibile
Quattro giorni a Tokyo non sono tanti, ma sicuramente sufficienti vedere da vicino i risultati delle più avanzate tecnologie, a dimostrazione del fatto che l'immaginario collettivo di un "Giappone anni luce avanti a noi", sia effettivamente la realtà!
Innegabile l'ispirazione occidentale nei nuovi sviluppi urbani, che ebbe inizio sul finire del XIX secolo con la restaurazione Meiji e il ritorno dell'imperatore al cuore della politica giapponese. Architetti inglesi e tedeschi vennero chiamati in questo lato del mondo per la costruzione di grandi strutture in pietra e laterizio attorno alla stazione di Tokyo, portando alla fusione perfetta delle due culture e segnando, al tempo stesso, la posizione del Paese come leader dell'architettura moderna mondiale.
"Il fascino sereno e storico di Kyoto ha lasciato il posto all'energia vivace e moderna di Tokyo" - scrivono i ragazzi sul diario di bordo. A partire dal quartiere di GINZA, conosciuto per i suoi negozi, ristoranti e variegata offerta di intrattenimento di lusso, le vivaci strade illuminate da luci al neon offrono "una miscela perfetta di architettura contemporanea e classica atmosfera di Tokyo".
Prima tappa la MAISON HERMÈS, disegnata da Renzo Piano Building Workshop, con la sua riconoscibile facciata in mattoni di vetro che consente alla luce naturale di filtrare creando uno straordinario effetto visivo. "Il progetto fonde l'architettura moderna con l'estetica tradizionale giapponese e la sua meticolosa costruzione riflette l'approccio innovativo di Renzo Piano al design e alla funzionalità". - commentano i ragazzi.
Maison Hermès, RPBW
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Perdersi metaforicamente per le vie della città è d'obbligo per chi decide di accettare la sfida di 40 giorni intorno al mondo, ritrovarsi grazie a elementi architettonici familiari è una soddisfazione non da poco: ecco sbucare, nel quartiere BUNKYO, la la maestosa ST. MARY CHURCH di Kenzō Tange, "una forma complessa che ricorda la leggerezza di un uccello, ma allo stesso tempo un concetto semplice, in cui lo spazio sacro è racchiuso tra le pareti inclinate di cemento che fungono anche da copertura. Il rivestimento in metallo riflette la luce enfatizzando le curve del tetto mentre la base in pietra contrasta la leggerezza del piano".
St. Mary Church di Kenzō Tange
E poi, ancora, piccole architetture dei maestri nei quartieri di KIOENJI and YOYOGI, come il 21 21 DESIGN SIGHT, e la KIDOSAKI HOUSE di Tadao Ando, con la pulizia di linee - dritte o curve - che lo contraddistinguono, o la NA HOUSE di Sou Fujimoto, singolare abitazione per una giovane coppia, incisiva per la sua trasparenza in contrasto con l'intorno di muri di cemento.
a sinistra: 21 21 Design Sight di tadao Ando; a destra: Na House di Sou Fujimoto
Ma ci sono anche la raffinata ricostruzione del NEZU MUSEUM di Kengo Kuma, dimora di oltre 7.600 opere d'arte giapponese e dell'Asia orientale, dove la natura e l'architettura si assecondano e si completano a vicenda; o il riconoscibilissimo WATARI MUSEUM di Mario Botta, massiccio e simmetrico come tutti i suoi edifici e la TOWER HOUSE di Takamitsu Azuma, realizzata nel 1966 in un lotto piccolissimo della città.
Nezu Museum di Kengo Kuma
a sinistra: Watari Museum di Mario Botta; a destra Tower House di Takamitsu Azuma
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La Tokyo del futuro
I tour esplorativi delle città sono sicuramente i più avvincenti, ma il tempo è poco, e il Renzo Piano World Tour è il premio dedicato all'arte del costruire: si deve anche studiare sul campo! L'ultimo cantiere del viaggio è proprio in Giappone!
Si tratta della nuova torre per la sede della TOKYO MARINE e della NICHIDO FIRE INSURANCE, un edificio di ben 100 metri di altezza che il RPBW sta realizzando - a partire dalla demolizione di due edifici esistenti - in un ampio lotto affacciato sulla strada che collega la Stazione Centrale di Tokyo con i Giardini Imperiali.
Concepito come "una foresta di colonne di legno che culminano in una corona di alberi posta sul tetto, richiamando la figura di un albero con il suo tronco", l'edificio si distinguerà per la qualità dei materiali e l'innovazione dei sistemi strutturali, a cui si aggiunge la sapiente organizzazione degli spazi pubblici e privati.
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Perso il conto del numero di passi, ora che il viaggio volge al termine, resta ancora qualche aereo da prendere. Una breve tappa in Australia, qualche ora a Istanbul e poi rotta verso l'Italia. Li incontreremo a Genova, come consuetudine, negli spazi della Fondazione Renzo Piano a Punta Nave.
Siamo impazienti di farci raccontare aneddoti e avventure di viaggio, e sarà bello ascoltarli parlare di Giappone con Shunji Ishida, strettissimo collaboratore e poi amico di Renzo Piano, confrontandosi su luoghi del passato e del presente.
CURIOSITÀ
La stessa Fondazione Renzo Piano, nella sua istituzione, ha preso ispirazione dalla tradizione Shinto, dove ogni vent'anni il tempio di Ise viene interamente demolito e ricostruito identico su un terreno di fronte al precedente, con l'obiettivo di trasferire da una generazione all'altra la tecnica costruttiva e la capacità artigianale.
Durante la costruzione si incontrano tre generazioni: i sessantenni che insegnano, i quarantenni che, avendo imparato, eseguono la nuova costruzione a regola d'arte, e i ventenni che osservano e apprendono.
Nell'autunno del 1996, durante una di queste cerimonie, Renzo Piano iniziò a chiedersi come trasmettere ai giovani la sua esperienza professionale.
Da questa scintilla, nel 2004 è stata costituita la Fondazione Renzo Piano, una istituzione no-profit dedicata alla promozione della professione di architetto. Le attività della Fondazione si dividono in tre campi principali:
• la conservazione e valorizzazione dell'archivio
• la formazione delle giovani generazioni
• la divulgazione dell'architettura come tecnica e arte del costruire.
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