Varianti in corso d'opera: regolarizzazione semplificata a doppia via con il "Salva Casa"

di Mariagrazia Barletta

Con la conversione in legge del "Salva-Casa" è stata introdotta un'importante novità: un doppio iter semplificato per regolarizzare le parziali difformità nate nel corso di lavori, anche autorizzati prima dell'entrata in vigore della legge Bucalossi (n. 10 del 1977), ossia prima del 30 gennaio 1977, quando non esisteva l'istituto della variante in corso d'opera.

Per le varianti ante Bucalossi, la legge prevede la presentazione della Scia e il pagamento di un'oblazione; ma per le varianti in corso d'opera può anche materializzarsi una strada più semplice che consente di trattare la parziale difformità come una tolleranza costruttiva. Queste due novità sono contenute nell'articolo 34-ter del Tu dell'Edilizia (Dpr 380 del 2001).

Primo iter (varianti ante '77): presentazione della Scia e pagamento della sanzione

Questo primo iter gode anche di un alleggerimento per la definizione dello stato legittimo: l'epoca della realizzazione delle varianti può essere provata attraverso le informazioni catastali di primo impianto, o mediante altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, o, ancora attraverso il titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Se non è possibile risalire all'epoca di realizzazione della variante utilizzando la documentazione citata, il professionista incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità.

Non è richiesta la verifica della doppia conformità "alleggerita", come accade per l'accertamento di conformità. Ed è una semplificazione non da poco, giacché la doppia verifica impone che l'intervento sia conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.

Per regolarizzare la parziale difformità è necessario presentare una Scia e pagare un'oblazione che è pari a quella determinata dal legislatore per il nuovo accertamento di conformità. L'amministrazione, però, potrà adottare i provvedimenti previsti dalla legge 241 del 1990 e più precisamente: rimozione delle opere e prescrizione di misure per conformare la situazione alla normativa vigente.

Se l'intervento da regolarizzare è eseguito in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, l'ufficio che ha ricevuto la Scia deve richiede il parere vincolante all'autorità preposta alla gestione del vincolo (la tempistica e l'iter sono quelli del nuovo accertamento di conformità). Per gli interventi realizzati senza nulla osta paesaggistico o in difformità da quest'ultimo, si applica anche una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.

La difformità parziale come tolleranza costruttiva

Se l'esecuzione dei lavori ha dato vita a parziali difformità rispetto al titolo abilitativo è possibile considerare queste come tolleranze costruttive, quindi non è necessario pagare alcuna oblazione e nemmeno attivare l'accertamento di conformità.

Ovviamente questa possibilità è attivabile se si verificano precise condizioni identificate dalla nuova legge. Innanzitutto, le difformità devono essere state accertate dopo un sopralluogo dei funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia. Inoltre, in seguito al sopralluogo non deve essere stato emanato un ordine di demolizione o di riduzione in pristino. Infine, deve essere stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità (non annullabile) nelle forme previste dalla legge.

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