Dopo le sentenze contrastanti dei Tar sull'equo compenso, l'Anac torna a ragionare sul delicato nodo dei ribassi sui compensi a base di gara per i servizi di architettura e ingegneria.
L'occasione arriva da una gara di progettazione che consentiva il ribasso sull'onorario professionale in ogni sua componente e che aveva innescato la reazione del Consiglio nazionale degli ingegneri che aveva chiesto alla stazione appaltante di sospendere la procedura e di rettificare il disciplinare.
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Serve un coordinamento tra le due disposizioni
La questione rimbalza sui tavoli dell'Anac che, ancora una volta, torna sullo spinoso argomento in un parere rientrante nella sua funzione consultiva (parere 40 del 2024).
Che serva un coordinamento tra le due disposizioni, quella sull'equo compenso (legge 49 del 2023) e il Codice degli appalti (Dlgs 36 del 2023) non c'è dubbio: l'Anac lo ribadisce, ricordando di aver inviato un invito espresso alla cabina di regia per gli appalti, al Mit e al dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio dei ministri, affinché si facesse chiarezza sulla questione.
«Da una parte, infatti - ricorda l'Authority -, la legge n. 49/2023 sembrerebbe attribuire agli importi calcolati ai sensi del predetto decreto (36 del 2023, nda) un carattere inderogabile, con la conseguenza che non sarebbero ammesse riduzioni dell'importo a base di gara né ribassi in sede di gara inferiori al minimo tariffario; dall'altra, il Codice dei contratti richiama i suddetti parametri ai fini della determinazione dell'importo a base di gara che, di regola, è soggetto a ribasso».
La legge sull'equo compenso non introduce deroghe al Codice degli appalti
Tra l'altro, già in altre occasioni l'Anac era intervenuta protendendo per la non applicabilità della legge 49 agli appalti. Secondo l'Anac, la legge sull'equo compenso non va intesa come una deroga al Codice degli appalti, ma si applicherebbe ai contratti pubblici nell'ambito della relativa disciplina.
D'altra parte, rileva l'Anac, la legge sull'equo compenso «stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei». Tra l'altro - ribadisce l'Autorità -: «Il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023, pur dovendo naturalmente orientarsi nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati, oltre che con modalità adeguate al meccanismo della gara pubblica».
Lo stesso codice dei contratti già prevede «l'applicazione di specifici meccanismi volti a scongiurare la presentazione di offerte eccessivamente basse e, quindi, non sostenibili (la disciplina sull'anomalia dell'offerta, la possibilità di prevedere un'appropriata ponderazione tra punteggio qualitativo ed economico, la possibilità di utilizzare formule per il punteggio economico che disincentivino eccessivi ribassi)».
Inoltre, «l'articolo 3, comma 3, della legge n. 49/2023 fa salve dalla sanzione della nullità le clausole che prevedono l'applicazione di compensi inferiori ai minimi tabellari in quanto riproduttive di disposizioni di legge (tra cui rientrano le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici) o attuative di principi europei (tra cui il principio di concorrenza)».
«Così interpretato - afferma l'Anac -, il quadro normativo di riferimento appare coerente sia a livello nazionale che a livello europeo».
Tariffe fisse contrarie al diritto dell'Ue
Inoltre, - si legge nel parere - «la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza. Come chiarito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 4/7/2019, Causa C-377/2017, infatti, in materia di compensi professionali, l'indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell'Unione europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi».
La legge sull'equo compenso applicabile alle prestazioni d'opera intellettuale
L'Anac ribadisce anche un'altra considerazione che aveva già espresso, secondo cui la legge sull'equo compenso è applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 del Codice civile (contratto d'opera caratterizzato dall'elemento personale nell'ambito di un lavoro autonomo) e più in generale a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente.
I contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura, invece, sono normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex articolo 1655 del Codice civile, con cui una parte assume l'organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio.
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