Tre i capitoli: il primo affronta la disciplina della costruzione in zona sismica accogliendo tutto quanto è già stato fatto in campo nazionale;
il secondo introduce un principio cardine, l’uso del territorio rispettoso delle sue caratteristiche fisiche;
il terzo contiene le norme finanziarie: per il 2009, a compensare i nuovi adempimenti tecnici e burocratici, e la formazione del personale andranno ai Comuni di Trieste, Udine, Gorizia e Pordenone 40 mila euro, 10 mila euro ciascuno.
Il punto di partenza è l’incolumità delle persone, riducendo ogni rischio terremoto in Friuli Venezia Giulia attraverso la salvaguardia della stabilità e della sicurezza delle costruzioni nelle zone dichiarate sismiche.
Per questo, diviene obbligatoria l’autorizzazione scritta all’inizio dei lavori se si volesse costruire (ex novo, ma anche soltanto restaurare o risanare, o se si volesse modificare la destinazione d’uso di edifici e di opere) in una zona sismica – fanno eccezione opere ed edifici non strategici situati in zone a bassa sismicità – e viene definita nei minimi particolari l’intera procedura.
Saranno i Comuni, i migliori interpreti delle esigenze di tutela del territorio e degli interessi della collettività, a rilasciare l’autorizzazione all’inizio dei lavori e a vigilare sul rispetto delle norme da parte di chi edifica in una zona a rischio.
Spetta alla Regione, invece, garantire un livello omogeneo di trattamento del territorio (dalla classificazione delle zone sismiche all’aggiornamento dei gradi di sismicità, per citare due esempi) ed eventualmente sostituirsi ai Comuni stessi nel caso siano inadempienti. E spettano alla Regione anche le deroghe per i centri storici: laddove, infatti, non si possano rispettare le norme tecniche per salvaguardarli, allora l’Amministrazione può fare un’eccezione.
Ma non si può garantire l’incolumità ai cittadini senza mettere in sicurezza anche le infrastrutture e il patrimonio ambientale-culturale.
E nemmeno si può sfruttare il territorio senza rispettare la sua vulnerabilità: il che significa conoscere, studiare, valutare le caratteristiche del suolo.
Tutto questo, nel disegno di legge si traduce nella classificazione della regione in tre ambiti (ogni Comune presenta una relazione tecnica che poi passa il vaglio della Regione), caratterizzati da un diverso grado di pericolosità sotto il profilo geologico, idraulico e delle valanghe.
Ci sono, pertanto, le aree sicure, quelle potenzialmente pericolose e le aree pericolose: in questi ultimi due casi sarà il parere geologico fornito sempre dalla Regione a verificare la compatibilità della pianificazione urbanistica di un Comune con le condizioni di quel territorio.
(Fonte: Regione Friuli Venezia-Giulia)