Testo e fotografie di Roberto Conte
Una città storicamente e politicamente importante come Madrid offre naturalmente un enorme numero di architetture dagli stili più disparati, dal barocco al rinascimentale, dall’Art Déco dell’Edificio Carriòn sulla Gran Via ai grattacieli contemporanei delle Quatro Torres sul Paseo de la Castellana o il CaixaForum di Herzog & de Meuron, solo per citarne alcuni.
Non è tuttavia spontaneo collegare la capitale spagnola all’architettura brutalista, nonostante ve ne siano moltissimi esempi con storie e risultati piuttosto peculiari, come dimostra questo progetto fotografico realizzato nel 2020.
Va specificato innanzitutto che quasi tutti gli edifici brutalisti presenti a Madrid – costruiti tra gli anni ’60 e gli anni ’80, quindi in un periodo di graduale e progressivo affrancamento della Spagna dal franchismo – sono stati realizzati da architetti spagnoli se non madrileni, come Fernando Higueras Díaz e Antonio Miró Valverde.
I due hanno realizzato uno degli edifici più rappresentativi di questo stile nell’intera Spagna, ossia l’Instituto del Patrimonio Cultural de España (1964-1988), struttura imponente a pianta circolare soprannominata “Corona de Espinas” per via del suo peculiare coronamento. Higueras and Miró sono inoltre gli autori delle strutture residenziali dell’Edificio Princesa (1967-1974), caratterizzati da un linguaggio espressivo che scandisce gli edifici con importanti balconate orizzontali alleggerite da giardini pensili e rigogliosa vegetazione verticale.
Instituto del Patrimonio Cultural de España – Istituto del Patrimonio Culturale della Spagna – Fernando Higueras Díaz e Antonio Miró Valverde (1964-1988) | foto © Roberto Conte
Edificio Princesa, strutture residenziali per il Patronato de Casas Militares – Fernando Higueras Díaz, Antonio Miró Valverde e Carlos García Rodríguez (1967-1974) | foto: © Roberto Conte
Un altro edificio iconico, forse il più noto del periodo, è il grattacielo conosciuto come Torres Blancas (al plurale perché ne erano previste inizialmente due). Opera di Francisco Javier Sáenz de Oíza degli anni ‘60, con i suoi 25 piani distribuiti su 71 metri, rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura organica nel paese iberico, con elementi cilindrici che si intersecano l’un l’altro in una progressione ascensionale che ricorda alcune soluzioni metaboliste giapponesi.
Torres Blancas – Francisco Javier Sáenz de Oíza (1961-1969) | foto © Roberto Conte
A poca distanza si resta colpiti di fronte al rigore formale della sede del sindacato UGT (Unión General de Trabajadores), di Antonio Vallejo Acevedo (1977), struttura concepita inizialmente per il Sindicato Vertical, l’unico sindacato esistente nel regime franchista, fu poi assegnato all’UGT, sigla di ispirazione socialista.
Sede del sindacato UGT – Antonio Vallejo Acevedo (1977) | foto: © Roberto Conte
Tra le molte chiese moderniste di Madrid è, invece, interessante osservare invece la Nuestra Señora del Rosario de Filipinas, di Cecilio Sanchez-Robles Tarín. Fortemente ispirata da Le Corbusier, la struttura religiosa si presenta con volumi austeri che si sovrappongono sulla facciata esterna.
L’interno, coperto da forme ondulate, offre un sorprendente effetto di buio interrotto dalla luce che proviene dall’apertura collocata in corrispondenza dell’altare, soluzioni che ricordano da vicino la coeva Sinagoga di Tribeca a New York di William N. Berger.
Chiesa di Nuestra Señora del Rosario de Filipinas – Cecilio Sanchez-Robles Tarín (1967-1970) | foto: © Roberto Conte
Di poco precedente, con una simile intuizione nella gestione della luce naturale, è la Chiesa di Santa Ana y la Esperanza situata nel quartiere periferico di Moratalaz. La parete di fondo, immediatamente alle spalle dell’altare, si divide in tre suggestivi spazi concavi che accolgono altrettanti momenti del rito liturgico.
La chiesa fu realizzata tra il 1965 e il 1966 da Miguel Fisac Serna, importante e prolifico architetto che realizzò a Madrid altri edifici interessanti, tra cui la sede dei Laboratori Jorba meglio nota come “La Pagoda”, struttura straordinaria ma purtroppo demolita nel 1999, nonostante le molte proteste. Fisac stesso la considerò una “vendetta” nei suoi confronti da parte dell’Opus Dei, organizzazione cattolica nata in Spagna e in cui l’architetto entrò a far parte già nel 1935, per poi allontanarsene nel 1955.
Chiesa di Santa Ana y la Esperanza – Miguel Fisac Serna (1965-1966) | foto: © Roberto Conte
Nella metà degli anni ’60 Fisac realizzò inoltre un palazzo di uffici che spicca tuttora grazie a una semplice combinazione di elementi curvi disposti in modo alternato, che rendono la facciata particolarmente dinamica pur garantendo l’illuminazione naturale degli ambienti.
Non molto distante fu costruito negli anni immediatamente successivi l’Edificio Beatriz (Eleuterio Población Knappe, 1968-1976), struttura che ospita negozi e uffici caratterizzata da una altrettanto espressiva soluzione di elementi in sequenza che descrivono l’intera facciata.
Uffici IBM – Miguel Fisac Serna (1966-1968) | foto: © Roberto Conte
Edificio Beatriz – Eleuterio Población Knappe (1968-1976) | foto: © Roberto Conte
Assolutamente degni di nota sono poi la Torre de Valencia di Javier Carvajal Ferrer (1968-1973) – edificio residenziale situato a ridosso del Parque del Retiro e alto ben 94 metri, progettato in modo da massimizzare l’esposizione solare degli appartamenti – e alcuni edifici dell’Università Complutense di Madrid come la Facoltà di Scienze dell’Informazione (José María Laguna Martínez e Juan Castañón Fariña, 1971-1979) e la Facoltà di Scienze Biologiche e Geologiche (Fernando Moreno Barberá, 1964-1969).
Facoltà di Scienze dell’Informazione (Università Complutense di Madrid) – José María Laguna Martínez e Juan Castañón Fariña (1971-1979) | foto: © Roberto Conte
Facoltà di Scienze Biologiche e Geologiche (Università Complutense di Madrid) – Fernando Moreno Barberá (1964-1969) | foto: © Roberto Conte
Torre de Valencia – Javier Carvajal Ferrer (1968-1973) | foto: © Roberto Conte
Nella selezione proposta dal presente progetto fotografico l’unica architettura realizzata da autori non spagnoli è il notevole Edificio Los Cubos (1974-1981, rinnovato tra il 2017 e il 2020) dei francesi Michel Andrault, Pierre Parat, Aydin Guvan (di origini turche) e Alain Capieu. Andrault e Parat in particolare hanno firmato numerosi edifici in Francia e, tra le altre cose, il Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa, in Sicilia.
Il nome originale della struttura era Edificio AGF, dal precedente proprietario Assurances Generales de France che motiva l’intervento di architetti francofoni in terra spagnola. L’edificio, dalle evidenti influenze metaboliste, può rievocare ad alcuni il Ministero delle Costruzioni Autostradali (oggi sede della Bank of Georgia) realizzato proprio negli stessi anni a Tbilisi, nell’allora Repubblica Socialista Sovietica Georgiana, da cui si differenzia però grazie alla presenza di sedici imponenti colonne di cemento, dal diametro di 2,5 metri, su cui poggiano a sbalzo i volumi in cui sono ospitati ambienti per uffici.
Edificio Los Cubos – Michel Andrault, Pierre Parat , Aydin Guvan e Alain Capieu (1974-1981) | foto: © Roberto Conte
Roberto Conte (1980) ha iniziato a scattare foto nel 2006, esplorando luoghi abbandonati in Italia e all’estero.
Nel corso degli anni la sua attenzione si è progressivamente focalizzata sulle architetture del XX secolo, dalle strutture razionaliste al modernismo nel Dopoguerra, fino all’architettura contemporanea. Collabora con studi di architettura e design, istituzioni e artisti.
Insieme a Stefano Perego ha pubblicato nel 2019 il libro “Soviet Asia” (FUEL), dedicato al Modernismo Sovietico in Asia Centrale e molte delle sue fotografie sono state pubblicate su volumi come “Atlas of Brutalist Architecture”, “This Brutal World”, “Ruin and Redemption in Architecture” (Phaidon Press).
Ha tenuto conferenze su fotografia di architettura, patrimonio industriale e architettura sovietica in numerose università e istituzioni in Italia, Danimarca, Russia e Kazakistan.
+info: robertoconte.net | IG ilcontephotography
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