Parigi

L'interfono scricchiolò come stesse friggendo prima che una voce femminile si decidesse a parlare annunciando l'arrivo all'aeroporto di Paris-Orly, "..una lieve perturbazione a quota 3000 metri... siete pregati di rimanere al vostro posto e di allacciare le cinture...." la mia paura di volare esplose in tutto il suo splendore sotto forma di un mal di testa formato famiglia, di quelli che ne danno un altro in omaggio, preludendo a chissà quale destino atroce.

E infatti.

L'aereo, in preda al morbo di Parkinson, fece una virata a sinistra e subito una controvirata a destra, così, giusto per far capire che quando ci vuole ci vuole; le assistenti di volo erano sedute ben allacciate e silenziose mentre il comandante friggeva qualche altro annuncio incomprensibile, qualcuno ostentava sicurezza abbozzando un sorrisetto sfrontato tradito comunque da quella luce di terrore nel fondo dello sguardo, a mio giudizio più che giustificata; io, pronto a rimettere l'anima al creatore, già mi stavo pentendo di tutti i peccati, compreso quel cioccolatino che avevo rubato da piccolo al bar sotto casa, quando improvvisamente le convulsioni se ne andarono così come erano venute, eravamo in fase di atterraggio e tutto era tornato alla normalità come niente fosse;

Parigi...cavolo! Adesso abito quì, pensai rimettendo a posto il sacchetto per il vomito.

 

Quando ero ancora alle medie un mio professore mi disse che la Francia, per quanto riguardava l'Architettura, era cinquant'anni avanti rispetto all'Italia.

La cosa mi diede da pensare.

Il fatto era che, per me, all'epoca totalmente digiuno di Architettura, se non consideriamo le case popolari di Lambertucci al quartiere Vigne Nuove a Roma, cinquant'anni avanti significava avere un mondo in bianco e nero con grattacieli ovunque e aeroplani che se ne svolazzavano in giro, uno di questi guidato dai Queen al completo che cantavano Radio Ga-Ga.

 

Ovviamente nel frattempo ho pensato di aggiornarmi a dovere e, diventato un ometto, mi ci sono trasferito armi e bagagli deciso a saltare cinquant'anni con due ore di volo.

 

Non si può dire che l'aeroporto di Orly sia uno di quelle architetture all'avanguardia ma, visto quello che è successo al Charles de Gaulle la scorsa primavera, forse non è da svilire troppo.

Parigi non è una città accogliente nel senso tradizionale del termine, la si può paragonare ad un guscio con delle piccole aperture poco visibili un po' ovunque, una volta avvicinatisi, una volta inseriti nelle aperture, nel vivere quotidiano, allora si viene accettati come parte del guscio (anche se solo in prova).

 

La prima cosa che noto è la particolare conformazione urbana delle strade, grandi boulevard attraversano in linea retta o in diagonale l'intera città lasciando le stradine a chi non ha niente da fare o a chi cerca un caffè per scrivere tormentate lettere a casa o un nuovo libro.

E' difficile stabilire un percorso definito, una passeggiata in cui vengano a concentrarrsi le nuove architetture, è utile quindi girare tutta la città per vederle, con una mappa, un ombrello e molto tempo a disposizione.

 

Il grande asse degli Champs Elysèes si mostra netto e preciso al mio arrivo alla Défense, tirata a lucido per l'occasione, le Grand Arche, ovviamente, ma anche l'edificio della EDF di J. Nouvel o la torre per uffici di Pei sono lì ad aspettare all'uscita della metro.

Una passeggiata pedonale in legno, simile al ponte di una nave, intervento realizzato dallo studio "Ateliér Achant", si stende oltre le Grand Arche verso la Senna e sembra che sia in fase di realizzazione un progetto che collegherà l'Arco, appunto, alla Senna con un lungo parco verde, ideale prosecuzione degli Champs Elysées oltre la Défense.

 

Per guidarmi alla scoperta della città ho pensato di seguire il fiume, un principio un pò Zen ma che da un tocco di ineluttabilità alla mia passeggiata.

 

Iniziando dalla parte sud-ovest della città, decido di farmi un giro per il Parc André Citroen (metro Javel), di Jean Paul Viguier, tutt'altro che un parco naturalistico ma piacevole al colpo d'occhio con percorsi d'acqua che vi fanno da cornice, unico appunto:le due serre, enormi come propilei e decisamente sovradimensionate.

Uscendo prendo l'occasione per visitare l'edificio di Canal+ di Richard Meier, un classico ma sempre di moda, e gli alloggi residenziali di Architecture-Studio.

Risalendo il fiume verso il centro città arrivo al Museo d'Orsay, ben nota stazione ferroviaria riallestita a ben noto museo da Gae Aulenti che riesce a mantenere in qualche modo una atmosfera da primi del secolo (il XX intendo) pur utilizzando un impianto moderno.

Una piccola deviazione all'altezza dell'ile de la cité per vedere il Centre Pompidou di Renzo Piano e Rogers e poi proseguo verso est fino ad arrivare all'Istituto del mondo arabo di Jean Nouvel (o Architecture-Studio?) dove mi fermo a lungo per dovere professionale verso lo studio dove avrei lavorato.

Proseguendo lungo il fiume si arriva a Bercy dove trovo lo studio di Dominique Perrault nonchè la Biblioteque Francois Mitterand progetto non apprezzato da molti ma che, a mio avviso, riesce perfettamente e con semplicità ad assolvere la funzione preposta di biblioteca, appunto, realizzata sotto il livello stradale con un affaccio su un grande spazio verde centrale che le dona grande respiro ed isolamento. Un notevole landmark che caratterizza tutta l'area del resto già sede di interventi architettonici notevoli firmati J.P. Viguier, Atelier Achant, Architecture-Studio; da evidenziare un nuovo intervento che coprirà, a Bercy, l'intera area della stazione coprendo il tracciato ferroviario con un grande parco attrezzato e centro polifunzionale di cui certo non si sentiva la mancanza, ma che altrettanto certamente riqualifica lo scenario non propriamente idilliaco di un fiume di binari ferroviari scoperti che corrono senza un ordine preciso.

 

Assolutamente da vedere la fermata metro S. Lazare a cour de Rome firmata Arte Charpentier, una "lente" come è definita, di vetro e acciaio che ricorda un po' lo stile Norman Foster ma che è una vera perla per la sua semplicità e bellezza. Altrettanto imperdibile è la Fondazione Cartier al 261 Boulevard Raspail, di J. Nouvel, struttura racchiusa da due pareti trasparenti per questo estremamente aperta verso l'esterno ma che conserva una certa discrezione non imponendosi sull'ambiente circostante ma restandosene defilata come una vera signora.

A nord-est, seguendo il canal S. Martin, si arriva alla Villette, Immenso parco organizzato da B. Tchumi, con le firme di Adrien Fainsilber e C. de Portzamparc la cui Cité de la Musique era e sarà però chiusa per lavori fino al gennaio 2005.

Una vera vergogna, infine, è l'Opera de la Bastille di Carlos Ott, un giocattolone imponente e datato che, da anni, mostra il peggio di se scaricando sui passanti, ignari, pezzi di rivestimento mal funzionante al punto da rendersi necessarie reti di protezione che lo avvolgono come un carico di patate in perenne attesa.

Dopo questo disgustorama ho pensato di rifarmi gli occhi con una gita fuori porta, ho preso la RER "A" in direzione Poissy ed ho passato una mezza giornata a guardarmi la Ville Savoye dentro fuori e in mezzo e che, per la sua aura di icona dell'Architettura, mi ha riportato ai primi anni di università, quando Wright e Le corbusier erano gli unici punti di riferimento; ora i riferimenti sono cambiati ma sono rimasto colpito lo stesso dalla sua semplicità stilistica e dalla sua attualità, fatta eccezione per i particolari tecnologici che evidentemente erano secondari.

 

Camminando per la città senza un percorso preciso è facile vedere architetture di ogni tipo; i progettisti sono tantissimi e molti trovano la possibilità di esprimersi all'interno della città. E' da segnalare quindi l'attività di architetti come Ciriani, Wilmotte, Seura, Valode & Pistre, Buffi e Vasconi, oltre a ben noti esempi come Ledoux e Le corbusier.

 

Parigi è una città controversa, da un lato sembra ferma ad autocelebrarsi per una grandeur che non c'è più, la nouvel vague è solo un ricordo ed anche se i caffè sono pieni di scrittori ed artisti di ogni genere la sua non è propriamente una connotazione di "città proiettata nel futuro", dall'altro lato c'è invece una intensa attività architettonica, complice la politica del demolire interi isolati per ricostruirli più nuovi e funzionali, che la rende sempre in un certo modo "attuale" e pronta a competere con altre città che, del rinnovamento ad ogni costo, hanno fatto la propria bandiera.

Ad ogni modo questo suo sapore un pò retrò si respira dal primo momento in cui vi si mette piede e, non vi nascondo, la voglia di scrivere un nuovo libro è venuta anche a me.

 

Una nota per chi fosse appassionato di cinema, molte scene del film "The Bourne Identity" sono state girate a Parigi; la place du marchè S. Catherine al Marais per esempio oppure la terrazza del grande magazzino "Samaritaine" che si affaccia sul pont Neuf, da dove Jason Bourne spia il cattivone della CIA venuto a Parigi per catturarlo; il consiglio è quindi di salire fin lì magari per questo motivo e poi per godersi l'incredibile vista a 360 gradi sulla città.


Pier Andrea Notari, Architetto

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